mercoledì 9 gennaio 2013


L’uomo. Perchè? (I ) - http://acarrara.blogspot.it

Prima parte del testo della conferenza tenuta dal Prof. Alberto Carrara, LC – Ateneo Pontificio Regina Apostolorum (Roma – Facoltà di Filosofia, Gruppo di Neurobioetica) il 26 ottobre scorso a Perugia, Università per Stranieri.
 
Abbiamo appena considerato il COME di una parte estremamente importante dell’essere umano. Il professor Pettorossi ci ha magistralmente illustrato i meccanismi neurologici, neurofisiologici, neuroanatomici che, possiamo dirlo, in un certo senso, ci fanno essere ciò che siamo: umani!
Ma siamo solo questo?
Parafrasando il brillante testo di Michael Gazzaniga: Humanquel che ci rende unici, possiamo dire che oggigiorno domini nel nostro contesto scientifico e socio-culturale, una sorta di NEUROCENTRISMO.
Mentre quella scienza ostica che è la metafisica si domanda: perchè l’essere e non il nulla? Noi questo pomeriggio riformuliamo la questione: perchè l’uomo e non il solo scimpanzé?
Oggi, lo sviluppo delle capacità tecnologiche rende possibile studiare in vivo e visualizzare le aree del nostro cervello osservandone, anche in tempo reale, la loro maggiore o minore attivazione nelle circostanze più svariate. Questo ha prodotto un vero e proprio fiume di studi scientifici. 
L’elettroencefalografia e lo sviluppo delle tecniche di neuroimaging (tra le quali è da annoverare l’ormai famosa fRMN, detta anche risonanza magnetica funzionale) non poterono per molto rimanere confinate alla pura, anche se importantissima, area clinica indispensabile alla diagnosi di patologie localizzate a livello cerebrale. Dal laboratorio, queste moderne e sofisticate tecnologie hanno letteralmente invaso la nostra quotidianità. Gli studi scientifici si moltiplicarono (e continuano a moltiplicarsi) in base alla fantasia e al genio di ciascun ricercatore.
Dal voler capire le basi neurofisiologiche di attività umane quali la memoria, il linguaggio, la vista, la personalità, etc., si iniziò a studiare i tratti più caratteristici dell’umano: la coscienza e la libertà.
C’è tutta una NEUROCULTURA che, volenti o nolenti ci pervade, forse, senza che ce ne rendiamo conto: ad esempio, pubblicità come questa (pantaloni a forma di cervello umano), oppure oggetti d’abbigliamento, borse, persino torte e cioccolatini a forma di encefalo umano.
Per dirla alla Legrenzi e Umiltà ci troviamo immersi in una vera e propria NEURO-MANIA
Qual’è allora, la visione antropologica che emerge in questo panorama?
Se Shakespeare nell’Amleto aveva così superbamente descritto l’uomo: Che capolavoro è l’uomo! Nobile d’intelletto, dotato di una illimitata varietà di talenti; esatto nelle sue forme e in tutti i suoi atti; compiuta ammirevole creazione: pari a un Dio nella mente e, nell’azione, ad un angelo. Lui la bellezza del mondo. Lui la misura d’ogni animata cosa!
Oggigiorno a prevalere sembrerebbe la concezione di quell’UOMO NEURONALE, descritto da Jean-Pierre Changeux, l’uomo è il cervello! il suo cervelloNoi siamo il nostro cervello è anche il titolo e la tesi dell’immensa opera del neurobiologo olandese Dick Swaab.
Cosa c’è in ballo in questo capovolgimento, in questa “svolta” antropologica?
Sono alcuni tra i più famosi esponenti del cosiddetto fisicalismo a spiegarcelo: Changeux non esita a proclamare l’entrata in scena di un nuovo fenotipo culturale, un modello di uomo capace di dispensarci dallo spirito e da tutte le speculazioni filosofico-teologiche, per lui, la separazione tra attività mentali e neuronali non si giustifica, così, l’unico sacerdote in grado di curare l’anima è il neurobiologo, alle prese con il cervello, al massimo coadiuvato da uno spicologo o da uno psicoanalista, possibilmente di stretta osservanza freudiana, così: “l’uomo non ha più nulla a che fare con lo “spirito”, gli basta essere un Uomo Neuronale... e la coscienza è il sistema di regolazioni neuronali in funzione.
Nel suo “viaggio attraverso il cervello umano” intitolato proprio Il motore della ragione, sede dell’anima, Paul Churchland ci assicura: “la dottrina di un’anima immortale sembra, per dirla francamente, solo un altro mito, falso non solo marginalmente, ma nel suo nocciolo.
Ciò che realmente è in ballo è quel principio vitale immateriale, trascendente la pura materialità del reale che una lunga tradizione filosofica ha denominato “anima”, fondamento della vita. Paradossale che coloro che più la citano vogliano identificarla o ridurla al cervello, come fa Eduardo Punsetnel suo libro bestseller: L’anima è nel cervello. Radiografia della macchina per pensare.  
Recentemente, proprio il mese scorso, settembre 2012 è uscito un nuovo libro del professor Edoardo Boncinelli, figura nota a livello mediatico, gran divulgatore, fisico di professione, oggi esperto in neuroscienze e, persino, filosofo. Questa sua sintesi professionale e personale l’ha voluta intitolare così:Quel che resta dell’anima [1].
Commentato sulla Terza Pagina del Corriere della Sera del 6 settembre 2012[2], in un articolo di Chiara Lalli intitolato non a caso: Neurobiologia. I meccanismi della psiche e il libero arbitrio in un saggio di Edoardo Boncinelli. L’anima? È solo un’illusione. Così la scienza supera il dualismo tra la mente e il corpo, quest’ultimo lavoro di Boncinelli sembra proprio situarsi in questa corrente che getta legna sull’odierno “rogo antropologico” e sostiene con tutta “forza” che: l’uomo è pura materia, che la libertà e lacoscienza (come altre realtà che ci caratterizzano nella nostra essenza di uomini) altro non sarebbero che molecole, neurotrasmettitori, connessioni sinaptiche, networks cerebrali, impulsi elettrochimici...
Per molti di questi autori l’anima, spirito vitale, immortale, capace di garantire autonomia e libertà di scelta, finisce per coincidere con la mente e la coscienza.
Il concetto di “coscienza” risulta così essenziale per definire l’essere umano nella sua essenza. Dalla sua definizione e considerazione dipenderà l’intera visione antropologica. Allora la domanda cardine: chi è l’uomo? può venir declinata anche come: che cos’è la coscienza?

[1] Cf. E. Boncinelli, Quel che resta dell’anima, Rizzoli, Milano (settembre) 2012, pagine 165, 18 euro.
[2] Cf. C. Lalli, «L’anima? È solo un’illusione», in: Il Corriere della Sera, Terza Pagina, giovedì 6 settembre 2012, pag. 41.
 

L’uomo. Perchè? (II )

(continua dalla prima parte )
Per alcuni neuroscienziati la coscienza emergerebbe dalla competizione e cooperazione dei diversi aggregati delle cellule cerebrali, i neuroni appunto;coscienza e anima avrebbero perciò una genesi e una verificabilità materiale, sarebbero soltanto l’effetto dinamico di operazioni neurologiche, frutto dell’evoluzione biologica della specie umana.
 
Come ripeto ai miei studenti, già Ippocrate più di duemila anni fa nel suo trattato sull’epilessia intitolato Il Male Sacro, riprendendo la teoria encefalocentrica di Alcmeone di Crotone sulla centralità del cervello quale organo principe nell’essere umana, affermava:
Bisogna che gli uomini sappiano che da null’altro si formano i piaceri e la serenità e il riso e lo scherzo, se non dal cervello, e così i dolori, le pene, la tristezza e il pianto.
E soprattutto grazie ad esso pensiamo e ragioniamo e vediamo ed udiamo, e giudichiamo sul brutto e sul bello, sul cattivo e sul buono, sul piacevole e sullo spiacevole […]
Ed è a causa del cervello se impazziamo, e deliriamo, e ci insorgono incubi e terrori […] E tutto ciò soffriamo per via del cervello, quand’esso non sia sano […] Per queste vie ritengo che il cervello svolga l’azione più importante nell’uomo: esso infatti è per noi l’interprete degli stimoli […]
Il cervello è invero il veicolo alla coscienza […] è l’interprete della coscienza[1].
A questo punto dobbiamo chiederci: qual’è lo stato dell’arte della ricerca scientifica sulla coscienza? 
Il concetto di “coscienza” abbraccia diversi aspetti. Nell’ambito della ricerca neuroscientifica ne ricadono sostanzialmente due: quello della “coscienza del proprio ambiente circostante” e quello della “coscienza di sé”, intesa come capacità di autoriconoscimento o autocoscienza.
Attraverso la ricerca clinica, la scienza afferma che per avere coscienza è essenziale la presenza di tre strutture cerebrali intatte e ben funzionanti: lacorteccia cerebrale, il talamo e la sostanza bianca dove si estendono le connessioni tra la corteccia e il talamo (connessioni cortico-talamiche).
Le neuroscienze ci stanno aiutando a capire le strutture cerebrali fondamentali, direi essenziali per l’espressione e la manifestazione della coscienza intesa come capacità di percepire se stessi in relazioni all’ambiente interno ed esterno.
La ricerca sui cosiddetti stati di coscienza: coma, stato vegetativo, stato di minima coscienza, sindrome a chiavistello, stanno offrendo numerosi dati empirici sulle strutture e i meccanismi cerebrali essenziali per la coscienza.Importanti non sono soltanto le singole aree cerebrali funzionanti, ma la funzionalità dei collegamenti tra le diverse aree, cioè è importante il “dialogo” tra le aree cerebrali coinvolte.
Secondo la scienza empirica, pertanto, la coscienza può essere considerata come una nuova proprietà emergente che scaturisce dal funzionamento in comune di una serie di aree cerebrali specifiche dell’enorme rete di cellule nervose presente nella nostra testa.

[1] Ippocrate, Male sacro, XVII-XX, testo italiano in: Ippocrate, Opere di Ippocrate, a cura di M. Vegetti, UTET, Torino 19762.

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