giovedì 20 gennaio 2011

GRAN BRETAGNA: ALBERGATORI CRISTIANI PERDONO CAUSA CONTRO COPPIA GAY - Per il giudice Rutherford, non c'è differenza fra matrimonio e unione civile di Paul De Maeyer

ROMA, giovedì, 20 gennaio 2011 (ZENIT.org).- In Gran Bretagna, una coppia di albergatori cristiani, Peter e Hazelmary Bull, rispettivamente di 70 e 66 anni, è stata condannata martedì 18 gennaio dal giudice Andrew Rutherford, della Bristol County Court, a versare un risarcimento di 3.600 sterline alla coppia gay Martyn Hall, 46 anni, e Steven Preddy, 38 anni, di Bristol.
La coppia Bull, che gestisce da 25 anni il Chymorvah Private Hotel, a Marazion, nei pressi di Penzance, nella Cornovaglia, aveva rifiutato nel settembre del 2008 di dare una stanza con letto matrimoniale alla coppia gay, legata da una cosiddetta “unione civile”, offrendole però la possibilità di un'altra sistemazione.
Come si può leggere in una “nota speciale” inserita sulla pagina delle prenotazioni del sito internet dell'albergo, “al Chymorvah abbiamo poche regole, ma per favore, prendete nota che come cristiani abbiamo un profondo rispetto per il matrimonio, che è l'unione di un uomo e una donna per la vita con esclusione di tutti gli altri”. Per questo motivo, continua la nota, “la sistemazione nelle nostre stanze con letto doppio non è disponibile alle coppie non sposate. Grazie”.
La spiegazione non è stata accettata dalla coppia gay, che si è rivolta alla polizia e con il sostegno attivo della Equality and Human Rights Commission (un organismo finanziato con fondi pubblici e creato con la Equality Act del 2006 promossa dal governo dell'allora primo ministro laburista Tony Blair) ha portato gli albergatori in tribunale per discriminazione.
Il giudice Rutherford ha accolto dunque l'argomentazione dell'accusa e ha concesso ai due partner omosessuali un risarcimento di 1.800 sterline a testa. Secondo il magistrato, la coppia di albergatori ha infranto le norme delle Equality Act (Sexual Orientation) Regulations, introdotte nell'anno 2007 per eliminare le discriminazioni sulla base dell'orientamento sessuale.
Il giudice di Bristol è andato però oltre e ha insistito che dal punto di vista della legge britannica non c'è differenza fra unione civile e matrimonio. “Non c'è differenza materiale tra matrimonio e partenariato civile”, così ha spiegato Rutherford. “Se questo è vero, su quale base allora gli imputati hanno operato una distinzione, se non sull'orientamento sessuale? L'unica conclusione cui si può giungere è che il rifiuto di permettere (ai due ricorrenti ) di occupare una stanza doppia era il loro orientamento sessuale e che questo è una discriminazione diretta”, ha concluso il magistrato, il quale ha aggiunto che la vicenda riflette i mutati atteggiamenti sociali (Daily Mail, 19 gennaio)
Secondo la coppia di albergatori, che ha ricevuto l'appoggio del Christian Institute - un pensatoio o “think tank” cristiano -, non si può parlare di discriminazione. “La nostra politica sui letti doppi si basa sulle nostre sincere convinzioni sul matrimonio, non c'è ostilità contro nessuno”, così ha detto la signora Bull in tribunale, secondo quanto riferito sempre dal Daily Mail. “È stata applicata equamente e coerentemente alle coppie eterosessuali non sposate e alle coppie omosessuali, come ha accettato il giudice”.
Il verdetto del giudice Rutherford è stato accolto con grande soddisfazione da parte dei gruppi e movimenti per i diritti degli omosessuali. Secondo l'attivista Peter Tatchell – noto soprattutto per aver realizzato per l'emittente televisiva Channel 4 un documentario “ostile” su Benedetto XVI, mandato in onda prima della sua visita nel Regno Unito -, è “una vittoria per l'eguaglianza e una sconfitta per la discriminazione”. “Alla gente credente non dovrebbe essere permesso di usare la religione come scusa per discriminare altra gente”, così ha ribadito Tatchell (BBC, 18 gennaio).
“Non si può cacciare via la gente da un albergo perché è nera o ebrea e nel 2011 non dovrebbe essere possibile nemmeno umiliarla cacciandola via perché è omosessuale”, ha detto secondo la BBC Ben Summerskill, capo esecutivo del gruppo per i diritti omosessuali Stonewall. Alcuni sospettano d'altronde che nella vicenda ci sarebbe lo zampino del movimento. Un mese prima della prenotazione da parte della coppia Hall-Preddy, la famiglia Bull ha ricevuto infatti una lettera del gruppo, che criticava la sua politica sui letti matrimoniali (Daily Mail, 19 gennaio).
Invece per il portavoce del Christian Institute, Mike Judge, la sentenza è l'ennesima dimostrazione che i cristiani sono marginalizzati in Gran Bretagna e che “le leggi sull'uguaglianza vengono usate come spada anziché come scudo” (idem). In un commento pubblicato il 18 gennaio sul Telegraph, Judge ha criticato anche la Equality and Human Rights Commission per il suo ruolo nel processo. “La Commissione - ha scritto - è responsabile della difesa dei diritti umani di tutti, inclusi i diritti dei cristiani che vivono e lavorano in linea con la loro fede”. Lo stesso giudice Rutherford – ha osservato l'autore - ha ammesso che la sua decisione incide sui diritti umani dei Bull e li costringe ad agire contro le proprie convinzioni, concedendo per questo motivo la possibilità di ricorrere in appello.
Una cosa sembra chiara: non sono tempi facili per i cristiani che in una Gran Bretagna sempre più secolarizzata e sempre più “diversa” cercano di vivere in sintonia con i principi della loro fede o non vogliono nasconderla. Basta pensare alla vicenda della dipendente copta della compagnia di bandiera British Airways, Nadia Eweida, sospesa dal suo servizio perché rifiutava di togliere la crocetta che portava al collo.
Un altro esempio di quello che si potrebbe chiamare lo “strisciante” anticristianesimo (espressione usata il 22 marzo 2010 dal Cardinale Segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone durante la sua visita all'abbazia di Montecassino) è la storia di Gary MacFarlane. Lo psicoterapeuta e consulente matrimoniale ha perso l'anno scorso anche in secondo grado (senza possibilità di ricorso) la sua battaglia legale contro il suo datore di lavoro - l'agenzia di consulenza Relate Avon - che lo aveva licenziato nell'ottobre 2007, perché non se la sentiva di assistere coppie dello stesso sesso.
Ritornando alla sentenza dell'altro ieri, come ha scritto in un commento il Daily Mail (19 gennaio), se non c'è più posto per una coppia di buoni sentimenti che si avvicina alla vecchiaia e che desidera vivere secondo le convinzioni della religione alla quale la Gran Bretagna deve la sua identità, “alla fin fine la colpa è del Parlamento precedente, che si è dilettato a calpestare i valori tradizionali”.
Eloquente è stata anche la reazione della signora Bull, il cui marito è ricoverato per un intervento al cuore (triplo bypass). “Molto è stato detto su «uguaglianza e diversità», ma sembra – così ha detto dopo il verdetto - che alcuni siano più uguali degli altri” (Daily Mail, 19 gennaio).

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