giovedì 27 gennaio 2011

Lo choc degli aborti clandestini – Thailandia - Nel 2010 ben 120mila le interruzioni illegali, uno scandalo emerso con la scoperta di feti abbandonati in un tempio buddista. Un trauma nazionale di Stefano Vecchia – Avvenire, 27 gennaio 2011

Il 27 novembre 2010 fiori bianchi di carta, «angeli», a centinaia, gettati sui falò accesi nel cortile principale del Wat Phai Ngern Chotanaram, il grande tempio che domina l’area di Bang Kho Laem, media borghesia thai, un accavallarsi di tante attività all’ombra delle cupole dorate. Una folla enorme, quel giorno tra i padiglioni e gli spiazzi interni. Solo poche settimane prima la Thailandia aveva «scoperto» una delle sue piaghe nascoste tra ignoranza, business e laissez-faire .

Proprio qui, tra queste mura, oltre 2.000 feti umani erano stati ritrovati in sacchi di plastica nascosti nelle celle frigorifere dei locali per la cremazione. Una tragedia nazionale spazzata via ben presto da altre emergenze e da una mentalità fatalista in un Paese di 65 milioni di abitanti, con un forte senso della vergogna, ma pronto a occultare i propri mali.

Come sottolineato da Soomboon Kunathikom, presidente del Royal Thai College di ostetricia e ginecologia in una dichiarazione all’agenzia Asia News , il numero di gravidanze accertato lo scorso anno in Thailandia è stato di circa di un milione e 40mila unità, di cui 800mila arrivate a conclusione. La differenza, ovvero circa 240mila gravidanze, sarebbero stati aborti, di cui 96-120mila per cause naturali. Sarebbero quindi 120mila-144mila le interruzioni di gravidanza volontarie, al 90% illegali.

Una cifra che secondo altri sale a 300mila.

Dietro l’accumularsi dei feti nelle celle frigorifere ci sono leggi incongrue e una mentalità insieme permissiva e repressiva. Una legge del 1957 permette alla madre vittima di violenza, o in pericolo di vita, di ricorrere all’aborto, ma senza una denuncia ufficiale l’aborto è considerato illegale e la donna perseguita. Di fatto, in Thailandia, nessuna o quasi responsabilità deriva all’uomo per un figlio nato da una relazione; nessun tipo di educazione sessuale viene attuato a scuola o in famiglia; la diffusione di alcoolici anche tra i minorenni è crescente, come pure la promiscuità.

Recenti studi mostrano come oggi il 15,5% delle minorenni abbiano almeno una gravidanza indesiderata, contro il 10,4 % di dieci anni fa. Così sono migliaia le cliniche che affiancano alle attività legali quelle degli aborti. Proprio una ventina di queste ha usato gli spazi del tempio come «deposito» dei feti.
La commovente cerimonia di «purificazione» del Wat Phai Ngern Chotanaram e di «compassione» per i bambini non nati ha chiuso, opportunamente, una parentesi che nessuno avrebbe voluto si aprisse. Subito dopo è iniziata la demolizione delle strutture per costruire al loro posto un centro di meditazione Vipassana, uno dei tanti frequentati da persone in cerca di riequilibrio interiore, ma anche di quanti incorrono nella vita in una situazione di «peccato» da espiare. Il buddhismo è fede del 95% dei thailandesi, ma l’accento posto sul suo ruolo politico-istituzionale, oltre che di custode di una religione intesa più come «delle buone opere» che «delle buone azioni» spiega il perpetuarsi del fardello che pesa sulle donne nel «Paese del sorriso». Su di loro infatti ricade il mantenimento della famiglia e pesano, in termini morali e pratici, le conseguenze di questa scelta. 

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