venerdì 14 gennaio 2011

Rischi della provetta - January 13th, 2011 di Carlo Bellieni da http://carlobellieni.com/

Quando diciamo che questa non è una società a misura di bambino, non diciamo un paradosso. E’ appena uscito un ennesimo studio che mostra come nascere da fecondazione in vitro sia un rischio: aumenta la possibilità di nascere prematuri e sottopeso. Si tratta di uno studio svedese fatto su migliaia di casi, pubblicato sull’ultimo numero di Human Reproduction. Secondo gli autori svedesi, i bambini nati da FIV presentano il 67% di rischio più degli altri di nascere prima di completare le 28 settimane di gestazione, e il 15% in più di nascere prima di 37 settimane. Ricordiamo che la gravidanza normalmente dura 40 settimane, e che anche per i bimbi “prematuri ma non troppo” (i cosidetti “prematuri tardivi”) sussiste un rischio per la salute: mettere nelle condizioni di nascere sottopeso e prematuri non è un regalo che si fa al bambino, perché significa esporlo a rischi respiratori, cerebrali e visivi. Insomma: gli adulti compiono un loro “sogno”, ma rischiando e il problema è che a rischiare non sono loro, ma il bambino. E’ giusto? E’ giusto che queste tecniche non siano state messe sul mercato prima di fornire le stesse garanzie delle altre gravidanze? Sappiamo da altri studi, mai smentiti, che i nati da fecondazione in vitro hanno anche un rischio di un terzo maggiore degli altri di nascere con malformazioni (Lancet, giugno 2008) e un rischio ancor maggiore di avere delle rare malattie genetiche dette malattie dell’imprinting genomico.

Se sul mercato si fosse messo un farmaco che avesse provocato altrettanti problemi e rischi della FIV, quanto avrebbero impiegato a toglierlo dal mercato? Molto poco. Invece qui l’iter è del tutto differente, perché evidentemente c’è qualcosa che impedisce di trattarlo con le stesse cautele di altre procedure mediche: sui giornali ci vanno i bambini belli e paffuti cui va tutto bene e dato che sono la maggioranza di quelli nati da fecondazione artificiale, tutto sembra meraviglioso. Ma nessuno dice per esempio dell’epidemia di nascite premature che riempie le rianimazioni neonatali e cui la fecondazione in vitro dà un sostanziale contributo, come spiega il Journal of Maternal, Fetal and Neonatal Medicine dell’ottobre 2010. I media hanno una grande responsabilità in questo processo: troppo spesso banalizzano i rischi quando vedono che parlarne forse farebbe vendere meno perché la gente vuole essere rassicurata e non ama sentir mettere in dubbio le proprie decisioni, soprattutto se queste sono “difficili” e se ne sente il peso morale.

Non è un paese per bambini questo, dicevamo, perché in troppi campi conta solo la soddisfazione dell’adulto, come se questi avesse più diritti del piccolo; e spesso è così. Addirittura sull’ultimo numero del Lancet, il filosofo Peter Singer spiega che negli studi scientifici si dovrebbero ridurre le garanzie per i bambini, che ora limitano gli studi a quelli che fanno loro correre solo un rischio minimo: lui chiede che in casi limitati certo, il livello di rischio che i genitori dovrebbero permettere per inserire il figlio in uno studio scientifico dovrebbe essere maggiore che solo un rischio minimo. Al contempo nello stesso articolo Singer chiede che invece vengano aumentate le garanzie per gli studi scientifici con animali: Perché, si domanda, dovremmo dare garanzie solo agli animali umani? Forse non tutti sanno che la lotta contro il dolore del neonato è ancora lontana dall’essere vinta: in troppi ospedali nel mondo il dolore del piccolo paziente è ancora ignorato: e c’è chi vorrebbe alzare la soglia delle cautele? Non è un paese per bambini, dicevamo: e ne abbiamo seri motivi.

Cvb

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