giovedì 13 gennaio 2011

«La legge 40 vieta ancora la diagnosi sugli embrioni» - Magistrati che interpretano a modo loro, laboratori che perseguono i propri interessi, politici che manipolano la realtà: ma nel 2009 la Corte costituzionale non ha affatto rimosso il no all’esame di laboratorio per scartare le «vite difettose» Ecco alcuni punti fermi di Pier Luigi Fornari, Avvenire, 13 gennaio 2011

L’offensiva che punta a scardinare per via giudiziaria il dettato della legge 40 del 2004 sulla procreazione medicalmente assistita subisce un nuovo stop, anche se parziale. La procura di Roma infatti ha chiesto pochi giorni fa di archiviare la posizione del sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella nei confronti dell’accusa mossagli dalla Warm (World association of reproductive medicine), presieduta dal ginecologo Severino Antinori, di aver turbato l’ordine pubblico affermando che la sentenza 151 del 2009 della Consulta non ha eliminato il divieto di diagnosi preimpianto.

La Roccella prende atto della richiesta di archiviazione e auspica che la magistratura rispetti quanto deciso dal 'giudice delle leggi' con quella sentenza.

Onorevole, non è la prima volta che si tenta di mettere gioco i contenuti della legge 40...

Eppure ciò che ha detto la Corte costituzionale nella sentenza del 2009 è molto chiaro. Ha eliminato il divieto di creare più di tre embrioni, considerando la determinazione di tale numero di pertinenza del medico. Ha aggiunto, inoltre, che deve essere realizzato senza pregiudizio della salute della donna, il trasferimento degli embrioni nel suo utero, qualora non sia stato possibile immediatamente per causa di forza maggiore.

Una modifica radicale quest’ul­tima?

No, una considerazione di buona prassi medica. Chi non è d’accordo sul fatto che la salute della donna deve essere rispettata?

Dunque?

La diagnosi preimpianto è fuori discussione. La Corte nel suo intervento si è limitata solo a questi due punti.

Cosa rende ancora saldo il di­vieto di diagnosi preimpianto?

Prima di tutto non è stata toccato quanto affermato nell’articolo 1 e che cioè la legge è fatta solo per le coppie infertili. È un elemento sul quale non ci può essere alcun dubbio: la procreazione medicalmente assistita è consentita solo in questo caso. La ratio del provvedimento è mettere queste coppie nelle stesse condizioni di quelle fertili. Ma a tali coppie non è consentita la diagnosi preimpianto e la conseguente selezione degli embrioni. Dunque questi limiti devono valere anche per la procreazione assistita. Di certo, quindi, la legge 40 non è un’apertura indiscriminata alle pratiche eugenetiche.

Questi sono i limiti?

Certo, limiti molto precisi che valgono anche per chi genera figli in modo naturale.

Ma alcune sentenze della magi­stratura hanno considerato in­fertili i portatori di gravi malat­tie genetiche...

Sono evidenti forzature. Non spetta ai tribunali modificare dei concetti medici come quello di infertilità definito in modo molto chiaro dalla comunità scientifica.

Peraltro mi preme sottolineare che la Consulta non ha intaccato nessuno dei divieti posti dalla legge 40. Resta in piedi la norma in base alla quale si deve produrre il numero 'strettamente necessario' di embrioni.

Necessari a cosa?

È chiaro che si intende strettamente necessari alla procreazione. Dunque anche da questa formulazione risulta che non si può fare la diagnosi preimpianto che ne presuppone un numero elevato, decisamente superiore a quello necessario, e ciò per poter effettuare la selezione. Peraltro resta anche in piedi il divieto di scartarli a scopo eugenetico. E proibita anche qualsiasi sperimentazione che non abbia finalità terapeutiche del medesimo concepito. E a questo proposito va rilevato che ad oggi non ci sono terapie geniche in grado di curare un embrione malato.

La diagnosi preimpianto invece che finalità ha?

Scartare gli embrioni e distruggerli, se malati. È tutto da dimostrare che la diagnosi preimpianto non è una pratica eugenetica, una prassi che è in contrasto con tutto l’impianto della legge, che la sentenza della Consulta, ribadisco, non ha intaccato, a cominciare dal divieto di crioconservazione.

Che senso hanno allora le modifiche apportate dalla sentenza del 2009?

Consentire, in alcuni casi – come quello di donne in età avanzata – di produrre più di tre embrioni, impiantadoli tutti.

Ma perché allora tutti questi tentativi di forzare il dettato del­la legge?

Una parte dei centri di procreazione medicalmente assistita e un settore politico favorevoli alla diagnosi preimpianto hanno interesse a dare un’interpretazione fuorviante della sentenza della Consulta, ad affermare quello che il dispositivo di quel pronunciamento non ha detto.

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