martedì 25 gennaio 2011

Storia della malattia e della cura 9 - Per un nuovo concetto di salute - Autore: Riva, Michele; Laguri, Innocenza  Curatore: Leonardi, Enrico - Fonte: CulturaCattolica.it - lunedì 24 gennaio 2011

Ma ci sono segnali che vanno controcorrente
A questo proposito è importante ricordare una apertura contenuta nella definizione di salute data nel 1948 dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Salute): la salute non è solo assenza di malattia ma anche un benessere dal punto di vista fisico, mentale e sociale. Questo significa che la salute è un concetto ampio che comprende il corpo e l’anima e dunque che non si può considerare solo come benessere fisico. Più profondamente ancora: il valore del “vissuto” di un soggetto è elemento fondamentale della condizione di sano-malato, ed è, di per sè, non sottoponibile a calcolo o misurazione, si deve prendere invece in considerazione il rapporto sanità-malattia e farne oggetto di un lavoro di comprensione e di interpretazione sempre aperto, mai esaustivo. Tra le tante implicazioni di questa concezione non riduzionistica della malattia e della salute si può indicare questa: la salute non è affare solo di competenza dei medici e, sul piano della relazione medico paziente, non è il medico a dare la felicità, in quanto egli non può dare tutto quello che è compreso in questo concetto di salute. Se il medico ne è consapevole sa che non può neanche isolare l’aspetto del corpo macchina dall’intera persona del paziente e deve rapportarsi al paziente consapevole che la salute del paziente è fatta di tanti elementi.
Sul piano politico, sociale , economico, le implicazioni di un diverso concetto di salute aprono un discorso enorme , lo slogan inglese che traduce questa idea è porre come scopo, al posto di “to cure” (guarire), “to care” (prendersi cura).
In questa formula sono contenute una concezione ampia di salute, di malattia, si intervento de medico che no è più l’unico chiamato in campo.
Come si può capire, moltissime sono le implicazioni del “prendersi cura” anziché del semplice guarire.
Un esempio di un’altra implicazione: tener conto che la malattia può essere correlata a numerosi fattori dannosi alla salute e connessi allo stile di vita e all’ambiente, capire che è meglio prevenire che curare. E prevenire significa intervenire, oltre che sui tanti aspetti sociali e ambientali, anche sulle abitudini dei singoli (per esempio sullo stile di alimentazione, sull’uso del fumo e dell’alcool). A catena, questa ipotesi mette in discussione una certa idea di libertà, infatti si ritiene che certe scelte private siano intoccabili (si pensi alla libera scelta di fumare).
Eppure le cifre parlano chiaro, ad esempio l’incidenza del fumo nelle malattie è documentata e la cura delle malattie provocate dal fumo aggrava il bilancio della sanità.
Per continuare la catena dei problemi bisogna osservare che il collegamento tra il modo con cui si vive, le malattie che ne conseguono e l’enorme quantità di spesa sanitaria per tentare di guarire tali malattie è poco nota. Si pensi anche, oltre che al fumo, alla droga , all’alimentazione proposta dai media e dalle multinazionali del food che, come avviene in America, sta portando ad un incremento dell’obesità e delle malattie ad esse collegate. Nella mentalità comune, condizionata dai media, per un verso si mitizza la salute fisica, le promesse di nuove cure che possono far guarire, per un altro si ignorano i nessi tra mente e corpo, tra stile di vita e scelte private “libere” (tipo il fumo, ma anche, più profondamente tra spirito e corpo) e le malattie.
Questo appare evidente anche a chi studia seriamente le nuove gravi malattie che ci si trova davanti :al posto della peste o della tubercolosi, oggi si muore di infarto o di cancro o di nuove malattie infettive dilaganti, come l’AIDS. Esse non possono essere affrontate solo come problema medico: si collegano a questioni culturali, ambientali, sociali.
Si può accennare infine ad un altro aspetto nuovo della società di oggi , che è connesso con la questione della salute: è l’uso di Internet. La superspecializzazione rende i medici ricchi di conoscenze, spesso non comprensibili dai pazienti. Una reazione a questo è l’uso di Internet che sembra rendere possibile il fai da te, ma in realtà ciò può provocare danni. Infatti la figura del medico che deve filtrare è insostituibile.
In conclusione: se si guarda al significato di salute come originaria apertura del vivente al suo bene, allora è possibile una complementarietà delle varie accezioni del concetto di salute, però viene introdotto il criterio di un ordine gerarchico di tali significati.

Una nota sulla cura dei disabili e degli anziani
Una conseguenza importante, legata ad un concetto ampio di salute e alla finalità del “to care”, riguarda i casi dei disabili e degli anziani: ispirarsi ad un diverso concetto di salute vuol dire guardare in modo differente la disabilità e la condizione anziana, in quanto il valore della persona non è legata ad un concetto di salute inteso come perfetta salute fisica. Inoltre, sul piano del soggetti che devono erogare la cura, vuol dire diversificare le forme di intervento in merito, il che a sua volta, comporta mettere in discussione lo Stato di Welfare, fare in modo che le forme di intervento non siano solo decise dall'alto.
Per quanto riguarda i disabili, è nel '900, a partire dalla questione dei reduci mutilati della prima guerra mondiale, che si comincia a distinguere il disabile dal povero, dal malato, dall'emarginato.
Il cammino fatto nei confronti della cura del disabile è notevole, sta ad indicare come attorno al grande tema salute-malattia è presente nella nostra società una concezione non riduzionistica, ma insieme la questione della disabilità ci fa vedere anche quanto sia incidente il mito della salute come pura integrità fisica: ci riferiamo alla normativa italiana sull'aborto, in particolare al caso chiamato “aborto terapeutico”, ci riferiamo a tutta la questione della fecondazione artificiale e alle derive eugenetiche che contiene,ci riferiamo alla grande questione dell'eutanasia.
Per quanto riguarda la cura degli anziani: il progresso della medicina e dell'igiene cui si accennava è la causa maggiore, insieme all'aumento del benessere materiale, di quel grande fenomeno, mai registrato prima nella Storia, che è l'enorme allungamento della vita, si è parlato per questo di “rivoluzione della longevità”, una rivoluzione che nei paesi opulenti proseguirà e che però inizierà ad esprimersi in modo significativo anche nei paesi poveri, interessando globalmente tutto il mondo. Secondo le previsioni espresse in un rapporto dell'ONU, nella prima metà del XXI secolo, le persone al di sopra dei 60 anni saranno, per la prima volta nella storia dell'umanità, più numerose dei bambini e dei ragazzi fino ai 14 anni: un pianeta sempre più anziano. In particolare sarà l'Europa ad essere sempre più vecchia e con sempre meno bambini giovani.
La cura di questa nuova tipologia di anziani presenta pertanto enormi novità rispetto al passato. Nel passato, a parte i vecchi che rientravano nella categoria dei poveri, coloro che appartenevano ad una famiglia con un minimo di mezzi, vivevano la loro vecchiaia (più breve di quella attuale) all'interno della famiglia, assistiti dai parenti più vicini e in rapporto con il contesto comunitario.
Oggi questo è meno possibile, soprattutto in quanto, a fronte dell'aumento delle aspettative di vita, c'è anche un enorme incremento delle situazioni caratterizzate da patologie complesse con conseguente disabilità: secondo un'indagine CENSIS il tasso di disabilità tra gli ottantenni arriva al 476,7 per mille.
Questa è l’altra faccia del problema dell'aumento della longevità, per la quale il diritto all'assistenza, garantito oggi dallo Stato di Welfare, ha portato ad una istituzionalizzazione massiccia degli anziani non autosufficienti, il che ha significato una delega alla società di buona parte delle funzioni assistenziali della famiglia: e su questo mi ricollego al problema dei modi più umani e più efficaci con cui lo Stato di Welfare possa intervenire.

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