martedì 11 gennaio 2011

Nota dell'episcopato francese sul progetto di legge relativo alla bioetica - Una questione di umanità (©L'Osservatore Romano - 12 gennaio 2011)

 Parigi, 11. L'informazione riguardante le anomalie genetiche gravi, la donazione "incrociata" di organi, la diagnosi prenatale, l'assistenza medica alla procreazione con donatori terzi e le due questioni, a essa legate, della rimozione dell'anonimato e della conservazione dei gameti e degli embrioni, la ricerca sull'embrione umano:  sono i punti del progetto di legge sulla bioetica sui quali, in vista del dibattito parlamentare, i vescovi francesi hanno espresso il loro punto di vista consegnando, ai deputati dell'Assemblea nazionale, una nota contenente alcune proposte al fine di meglio proteggere la dignità di tutti, in particolare dei più vulnerabili. Citando il rapporto finale degli Stati generali della bioetica - che si sono svolti nel primo semestre del 2009 - la Conferenza episcopale ribadisce che "la Francia è un Paese sovrano che non deve sottomettersi alla pressione internazionale in materia etica, né aderire al moins disant éthique". Mettere a punto la legislazione in materia di bioetica è, dunque, una "questione di umanità".
Il provvedimento, depositato all'Assemblea nazionale il 20 ottobre 2010, è stato rinviato per l'esame a una commissione speciale presieduta da Alain Claeys e il cui relatore è Jean Leonetti, il "padre" del progetto di legge. I lavori della commissione, cominciati il 1° dicembre, prevedono una serie di audizioni di professionisti nel campo sanitario e di tavole rotonde sugli argomenti in discussione.
Per la persona alla quale viene diagnosticata un'anomalia genetica, il provvedimento prende in considerazione i modi per facilitare l'informazione dei membri legati alla sua famiglia, stabilendo in anticipo, con il medico, le modalità di questa informazione in un documento scritto. I vescovi si chiedono se non sia il caso che l'interessato venga accompagnato da uno psicologo o da una persona di fiducia quando deve affrontare l'annuncio della diagnosi, e se, per rispettare la sua libertà, non occorra prevedere la possibilità di revocare quel documento. Bisognerebbe inoltre contemplare il caso che la persona venga informata se delle scoperte, fatte dopo la diagnosi, consentano la prevenzione e la cura della malattia, in modo che possa informarne i familiari.
Il progetto di legge esamina inoltre il ricorso alla cosiddetta donazione "incrociata" di organi, nel rispetto del principio dell'anonimato, quando il donatore è incompatibile con il recettore, ma non affronta il tema della donazione post mortem, realizzata oggi secondo il regime del consenso presunto. "Perché non preferire il regime della scelta assunta prima della morte, più rispettosa della libertà?", si chiede la Chiesa, auspicando in tal senso una maggiore campagna di informazione nelle famiglie.
Per quanto riguarda la diagnosi prenatale, viene ritenuto "giusto" fornire notizie prima e dopo ogni esame e ricevere il "consenso libero e informato" della donna incinta. Ma in caso di rischio accertato, la donna "dovrebbe ricevere sistematicamente, salvo opposizione da parte sua, un'informazione sulla presa di coscienza dell'anomalia diagnosticata, senza che questa informazione sia discriminatoria nei confronti delle persone disabili".
Ampio lo spazio dedicato dai vescovi francesi all'assistenza medica alla procreazione. Gli articoli 14-18 del progetto di legge affrontano un tema delicato, quello della rimozione dell'anonimato dei donatori terzi. Permettendo al bambino frutto di un dono di gameti di accedere a dei dati non identificativi sul donatore (resta comunque obbligatorio il consenso di quest'ultimo), il testo "vuole riparare a un'ingiustizia oggettiva commessa verso un bambino al quale viene deliberatamente imposta una dissociazione dagli elementi della sua filiazione". Ma ciò suscita molteplici problemi che possono influire sulla crescita e la formazione del bambino e la Conferenza episcopale, per l'interesse del minore, invita a dare alle coppie interessate, prima della donazione dei gameti, notizie oggettive ed esaustive sulle difficoltà alle quali vanno incontro e sulla possibilità dell'adozione.
Ma è soprattutto sulla conservazione dei gameti e degli embrioni umani e sulla ricerca che i vescovi fanno sentire con forza la loro voce. La conservazione "non può diventare una tecnica di assistenza medica alla procreazione", affermano, e "pone degli interrogativi sulla legalizzazione di questa "trasgressione" che è il congelamento degli esseri umani". Il metodo di congelamento degli ovociti per vetrificazione richiede "una verifica seria e un inquadramento stretto"; potrebbe essere preso in considerazione solo se consentisse di mettere fine al congelamento degli embrioni. Il progetto di legge prevede inoltre che le coppie che hanno sottoscritto un "patto civile di solidarietà" siano dispensate dai due anni di vita in comune prima di accedere all'assistenza medica alla procreazione:  "Ciò non è giustificato ed è pregiudizievole per l'interesse del bambino che ha bisogno di stabilità", scrivono i presuli, i quali ricordano che il Consiglio costituzionale ha sottolineato che il "pacs" non è equivalente al matrimonio, non offrendo appunto le stesse garanzie di stabilità.
I vescovi auspicano, coerentemente al corpus giuridico francese, che venga mantenuto il principio che vieta la ricerca sugli embrioni umani:  "È dovere della legge proteggerli da ogni reificazione e da ogni strumentalizzazione". Tuttavia, aggiungono, le nuove possibilità di deroga, svuotando il principio del suo valore, ne cambiano gravemente lo spirito. "Un'informazione oggettiva sui risultati scientifici e sulle terapie ottenute permetterebbe un dibattito parlamentare di qualità", scrivono i vescovi, secondo i quali dovrebbero essere presi in considerazione i progressi scientifici sulle cellule staminali adulte e i risultati delle ricerche sugli embrioni di animali. "Una riflessione coerente sui valori fondamentali messi in gioco da scelte particolari - conclude la Conferenza episcopale - darebbe un senso al valore etico che il divieto della ricerca sull'embrione umano promuove per il futuro della società:  la protezione dei più vulnerabili è un bene per la società, e suo dovere". 

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