martedì 25 gennaio 2011

Wild e mister - January 24th, 2011 di carlo bellieni, da http://carlobellieni.com/

Speravamo che con lo show dei record si fosse detta la parola fine alla comparsa di malati e malattie in TV al di fuori di programmi di medicina; in realtà non ci facevamo proprio conto. Infatti così è stato. Due trasmissioni ci mischiano sotto il naso valanghe e malattie, terremoti, tigri e malati: cioè tutto quello che “dobbiamo temere”. Parliamo di “Mistero”, condotta da Raz Degan e di “Wild” condotta da Fiammetta Cicogna, trasmesse entrambe su Italia 1.  E non dico a caso “dobbiamo temere”, perché dopo aver visto le trasmissioni, viene solo un senso di ansia. Già: vedere la malattia come si vede un orso impagliato non genera com-passione o solidarietà, ma stuzzica solo la curiosità. E la persona malata non deve essere oggetto di curiosità. Punto e basta. Mettere dei malati insieme ai fenomeni naturali è ovviamente definirli anch’essi dei “fenomeni”, cioè cose da vedere. E non ci stiamo. Anche perché sulla malattia molto ci sarebbe da fare per fare buona TV. Invece qui vediamo quello che più suscita spavento e attrazione nel pubblico: dai gemelli siamesi al malato senza braccia o gambe, alla sindrome non identificata ma sicuramente inquietante: buono per tenere incollata la gente curiosa allo schermo, ma non per parlare di medicina. Buono anche per esorcizzare le nostre paure ancestrali, vedendo le angosce altrui; ma poco più. Il problema è che i malati in TV ci devono andare, ma non per essere mostrati, ma per esserci proprio come le altre persone. Ameremmo vedere un giorno una televisione in cui i programmi per bambini non siano fatti solo da quelli “perfetti” o “da pubblicità”, ma da bambini comuni, grassi, quello con gli occhi storti, quello brutto, proprio perché siamo fatti così, altrimenti passa l’idea perversa che  solo chi è bello ha il diritto di stare al mondo. E ci piacerebbe vedere come hanno fatto in Inghilterra, un’annunciatrice che come tante donne o uomini non ha un braccio, perché anche questo fa parte della vita: non che vada in TV perché non ha un braccio, ma che ci vada anche se non ha un braccio. Perché la malattia è la norma: vogliamo riconoscerlo o no? Tutti siamo portatori di handicap, solo che in qualcuno questo è particolarmente visibile. Censurando quelli in cui l’handicap è visibile vorremmo che nessuno venisse a questionare il nostro di handicap, che teniamo ben nascosto. Perché l’handicap più diffuso è l’handicap affettivo, quello per il quale non sappiamo accettare gli altri e neanche noi stessi;  a meno di non essere così stupidi (e tutto congiura a insegnarci a diventarlo) da pensare di essere perfetti. Ma la visione del disabile ci richiama alla verità della nostra disabilità: per questo la nostra società li vuole far sparire; perlomeno dagli schermi, ma in realtà dalla vita stessa. Si chiama “handifobia”, ed è l’avversione fobica per l’handicap e l’handicappato. Che al massimo tolleriamo come curiosità da ostentare sugli schermi, come si tollera una mosca bianca o una tigre che miagola. Vorremmo dalla TV qualcosa di più: che racconti la vita, che sia dura ma realista con le malattie, che mostri la forza e il coraggio; che svegli i nostri cervelli senza addormentare i nostri cuori.

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