mercoledì 10 novembre 2010

Avvenire.it, 10 novembre 2010 - Aiuti alle famiglie, le false contrapposizioni - Ma il fulcro resta un fisco tarato sui figli di Francesco Riccardi

Come si temeva, l’avvio della Conferenza nazionale sulla famiglia è caduto vittima di polemiche e deragliamenti ideologici, che hanno fatto perdere di vista il fulcro della questione: l’individuazione di una nuova politica organica per la famiglia. A partire dalla riforma fiscale.

Nella discussione, infatti, ci si è scontrati ancora sui modelli di famiglia, anziché aprire finalmente il dibattito sugli strumenti e la quantificazione degli impegni. Così pure nelle analisi sui mass media si sono riproposte ipotetiche contrapposizioni tra figli di genitori sposati e conviventi oppure tra famiglie numerose e nuclei di tre-quattro componenti. Sostenendo che ai secondi verrebbero negati diritti, agevolazioni fiscali o che dovrebbero pagare e finanziare con una maggiore tassazione gli sgravi per chi «decide di avere tanti figli». Niente di più falso e sbagliato.

Il punto da cui partire è che il sistema fiscale oggi non è in equilibrio, non è equo, ma penalizza fortemente i nuclei con figli – tutti – e in particolare quelli monoreddito. Modificarlo dunque non altera una situazione ideale a danno di qualcuno, semmai sarebbe un passo per riequilibrare e sanare una profonda ingiustizia. Oggi, infatti, a parità di reddito, una famiglia con figli (1, 2, 3, 4 e via dicendo) paga più imposte in proporzione alla propria capacità contributiva effettiva, di un single o di un nucleo senza figli o con meno figli. Riformare il fisco perché tenga conto in maniera effettiva del numero dei componenti una famiglia significa, dunque, solo ripristinare quella che si chiama "equità orizzontale" della tassazione (l’equità verticale è già data dalla progressività delle aliquote: più si guadagna più si contribuisce). Non ci sono due gruppi: uno che deve pagare di più e uno di meno, ma applicando un sistema fiscale basato sul quoziente o strumenti simili, semplicemente ci si assicura una più corretta imposizione fiscale.

Falsata è anche la discussione sul campo di applicazione della soluzione che (confidiamo) sarà individuata per un nuovo fisco. La scelta – che cada sul quoziente, sul fattore famiglia o sulle deduzioni – andrà applicata ovviamente nei confronti di tutti i minori a carico, siano essi figli di coppie sposate, conviventi, separati o madri sole. Così come avviene già oggi con le detrazioni. Ma proprio il sistema fiscale attuale già prevede una differenziazione nel trattamento dei genitori, a seconda dello status dei loro rapporti.

La detrazione per coniuge a carico, infatti, scatta solo nel caso che un uomo e una donna siano sposati. È incostituzionale tutto questo? No, semmai è pro-costituzionale, segue il dettato degli articoli 29, 30 e 31. È ingiusto? Niente affatto, ingiusto sarebbe considerare alla stessa maniera le coppie che sposandosi assumono un impegno pubblico nei confronti della comunità, e coloro che invece convivendo scelgono di non impegnarsi "a tempo indeterminato". Non c’è, infatti, maggior ingiustizia di trattare allo stesso modo situazioni differenti. E semmai le coppie sposate sono ora fiscalmente penalizzate rispetto ai separati-divorziati, che possono conseguire notevoli riduzioni d’imposta grazie alla deducibilità degli assegni di mantenimento, così come nei confronti dei conviventi, che in molti casi possono massimizzare i benefici della separazione dei rispettivi redditi.

Un’ultima considerazione. Le proposte di bonus, potenziamento dei servizi e aiuto alle situazioni di povertà sono certamente utili e fortemente attese. Ma fondamentale resta la riforma fiscale. Perché occorre riconoscere alle famiglie – attraverso una no tax area crescente e la tassazione negativa – che alcune spese "minime", necessarie al mantenimento dei figli (e degli altri familiari a carico) non possono essere sottoposte a tassazione. Solo così si attribuisce una vera soggettività alla famiglia e le si può assicurare una maggiore capacità di autodeterminazione. Cioè la possibilità di compiere scelte più libere in materia di procreazione, di cura e di educazione. Uno Stato realmente sussidiario, infatti, sostiene i più deboli, ma lascia che siano le famiglie ad auto-mantenersi, forti anzitutto delle proprie risorse.

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