venerdì 19 novembre 2010

Il Papa contro l'eutanasia e la distruzione di embrioni - I medici esortati a testimoniare «la tutela della vita dal suo concepimento alla fine naturale» di Fausto Gasparroni - © Copyright Gazzetta del sud, 19 novembre 2010

CITTA' DEL VATICANO

La legalizzazione dell'eutanasia o le «tecniche artificiali di procreazione» che implicano la «distruzione di embrioni» sono «ferite» inferte alla «giustizia sanitaria».
È il monito di Benedetto XVI nel messaggio per la 25/a Conferenza internazionale del Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari, nel quale, oltre a fare appello a governi ed enti internazionali a favorire l'accesso alle cure sanitarie a tutti, specie ai più bisognosi, ha esortato ancora a testimoniare, «anche controcorrente», la «tutela della vita dal suo concepimento al termine naturale».
«La giustizia sanitaria deve essere fra le priorità nell'agenda dei governi e delle istituzioni internazionali», ha affermato il Papa nel testo letto nell'Aula del Sinodo dal card. Tarcisio Bertone. «Purtroppo – ha detto -, accanto a risultati positivi e incoraggianti, vi sono opinioni e linee di pensiero che la feriscono: mi riferisco a questioni come quelle connesse con la cosiddetta "salute riproduttiva", con il ricorso a tecniche artificiali di procreazione comportanti distruzione di embrioni, o con l'eutanasia legalizzata».
Per il Papa «l'amore alla giustizia, la tutela della vita dal suo concepimento al termine naturale, il rispetto della dignità di ogni essere umano, vanno sostenuti e testimoniati, anche controcorrente: i valori etici fondamentali sono patrimonio comune della moralità universale e base della convivenza democratica».
Dinanzi a oltre 600 delegati da 60 Paesi, a relatori come il ministro Ferruccio Fazio e il presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi, a cardinali, vescovi e esponenti del mondo medico e della ricerca, che per due giorni si confrontano sul tema «Per una cura della salute equa e umana» alla luce dell'enciclica 'Caritas in veritatè, il Papa ha ribadito che «è necessario operare con maggiore impegno a tutti i livelli affinchè il diritto alla salute sia reso effettivo, favorendo l'accesso alle cure sanitarie primarie». La salute «è un bene prezioso per la persona e la collettività da promuovere, conservare e tutelare, dedicando mezzi, risorse ed energie necessarie affinchè più persone possano usufruirne», ha affermato, mentre «purtroppo ancora oggi permane il problema di molte popolazioni del mondo che non hanno accesso alle risorse necessarie per soddisfare i bisogni fondamentali, in modo particolare per quanto riguarda la salute».
Ratzinger, in particolare, ha puntato il dito contro il fatto che «nella nostra epoca si assiste da una parte ad un'attenzione alla salute che rischia di trasformarsi in consumismo farmacologico, medico e chirurgico, diventando quasi un culto per il corpo, e dall'altra parte, alla difficoltà di milioni di persone ad accedere a condizioni di sussistenza minimali e a farmaci indispensabili per curarsi». Anche nel campo della salute, ha aggiunto, «è importante instaurare una vera giustizia distributiva che garantisca a tutti, sulla base dei bisogni oggettivi, cure adeguate». Di conseguenza, «il mondo della salute non può sottrarsi alle regole morali che devono governarlo affinchè non diventi disumano».
Le parole del Pontefice contro l'eutanasia e la manipolazione genetica hanno trovato l'immediato plauso del ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, secondo cui esse «non sono destinate soltanto agli uomini di fede ma in primo luogo a tutti i decisori istituzionali, credenti e non, che devono avvertire il dovere di tenere viva la nostra società attraverso la sua capacità di riprodursi naturalmente e la promozione in essa di quella vitalità che si produce solo nel riconoscimento della ricchezza della persona». Per il sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella, esse «dicono due cose fondamentali, cioè che la democrazia e la convivenza non possono che fondarsi in valori comuni al centro dei quali c'è la tutela della vita e dell'umano». Parole tanto più importanti, secondo Roccella, in un momento»in cui nella Tv di Stato in prima serata si fa campagna pro eutanasia senza nemmeno avere la limpidezza di chiamare le cose col loro nome, di far capire ai telespettatori di cosa si sta parlando, visto che per tutto il tempo del racconto del caso Welby la parola eutanasia non è stata mai pronunciata, quando è sempre stata l'obiettivo sia suo sia dei Radicali».

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