mercoledì 31 agosto 2011


Crescono e si muovono, il «miracolo» delle gemelline siamesi - Corriere della Sera - 31 agosto di Andrea Pasqualetto

Aprono gli occhi, si muovono, crescono. Le sorelline siamesi con un solo cuore e un solo fegato hanno compiuto due mesi, sempre unite nella loro lotta per la vita. Ora pesano quasi tre chili e mezzo, uno in più rispetto alla nascita. Per i dottori si tratta di un traguardo straordinario se si considera la loro fragilissima condizione esistenziale, fuse come sono per una parte del tronco. «Bevono anche il latte della mamma, si rafforzano a vicenda e hanno iniziato a sviluppare le percezioni sensoriali tipiche del neonato», dice il primario di chirurgia pediatrica dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna, Mario Lima, che coordina la nutrita equipe medica impegnata a seguire le gemelle. Lima calibra ogni parola perché il caso è delicatissimo e perché ogni giorno potrebbe essere il giorno decisivo. «Più crescono e più aumentano le possibilità di sopravvivenza», aggiunge precisando però con un filo di voce che la sopravvivenza riguarderà comunque una sola delle due, la più forte ed energica. La scienza dà infatti quasi per scontato il loro destino: ci sarà una crisi, interverrà la chirurgia e la più fragile «soccomberà». La gemella debole darà spazio, per mano medica, alla sorellina forte.
E qui sospirano in molti. «La separazione deve essere animata dalla ferma volontà di salvarle tutte e due — era insorta Famiglia Cristiana —. Non è lecito decidere a quale delle due bambine dare la possibilità di sopravvivere». È questione religiosa, etica, morale, medica. Che anche il mondo della Chiesa sia combattuto lo ha dimostrato il possibilismo dell’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Nuova evangelizzazione: «Davanti alla reale possibilità della morte per le due neonate ogni sforzo per salvarne almeno una è da noi considerato come un atto di amore a favore della vita e, come tale, è lecito».
Dal punto di vista burocratico tutto è pronto, tutto è autorizzato. Hanno detto sì il Comitato di bioetica dell’università, il Comitato indipendente del Sant’Orsola, la Procura e il tribunale per i minorenni. Una sola è la condizione che pongono per l’intervento: che il pericolo di morte sia grave e immediato. Così, la medicina. Poi c’è la speranza dei genitori, due giovani romagnoli che hanno deciso di far nascere le loro figlie nonostante fossero a conoscenza del grande problema a cui andavano incontro. Loro si affidano alla fede cristiana e al mistero della vita. Sperano nell’imponderabile, in un piccolo grande miracolo. Nel frattempo le neonate crescono, contro ogni statistica e previsione. Il bollettino del Sant’Orsola ricorda tecnicamente la loro precarietà: «Mantengono necessariamente il drenaggio addominale, la ventilazione meccanica, il supporto farmacologico della funzione cardiocircolatoria e nutrizionale artificiale attraverso accessi venosi centrali».
In due mesi di vita hanno superato varie crisi, soprattutto respiratorie. Lima le racconta così: «Ogni volta diciamo mamma mia ma loro poi resistono, l’allarme rientra e la battaglia prosegue».


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