Dai radicali la ricetta per evitare la ricetta di Tommaso Scandroglio, 22-08-2011, da http://www.labussolaquotidiana.it
Gli inglesi lo chiamano “slippery slope”, cioè tradotto in italiano: “se gli dai il dito ti prendono il braccio” o “effetto valanga”. In bioetica questo fenomeno è all’ordine del giorno: avuta la fecondazione artificiale omologa ci si batte per quella eterologa; imposto un limite alla “produzione” di embrioni per ogni ciclo di Fivet si è riusciti nell’intento di abbattere questo limite; non ancora tagliato del tutto il traguardo di una legge sulle DAT già si vocifera la possibilità di un referendum abrogativo per arrivare alla meta dell’eutanasia libera per tutti, e ottenuto l’aborto chirurgico-ospedaliero il fronte pro-choice ha portato a casa la vittoria di quello chimico-domiciliare. Tale ultimo obiettivo si è lucrato grazie alla commercializzazione con benedizione statale della RU486, domani della EllaOne (la pillola dei cinque giorni dopo), e della pillola del giorno dopo, preparato che, lo ricordiamo, può avere effetti sia contraccettivi che abortivi.
Il nome di questa letale pillolina evoca il titolo di un film di qualche lustro or sono “The day after”, in cui si descriveva la sopravvivenza degli uomini sulla Terra dopo un conflitto nucleare che ha annientato decine di milioni di persone. In questo senso non si poteva trovare nome più azzeccato per questa pillola che il giorno dopo al possibile concepimento elimina il nascituro. In Italia nel solo ultimo anno la pillola in questione ha forse provocato circa 70mila aborti (il calcolo per forza di cose è spannometrico). Si sono vendute 380mila confezioni: il 55% acquistate da under 18. Ecco che i sostenitori di questo killer chimico non ci stanno a star fermi sulle loro posizioni acquisiste ed obbedendo al già citato principio dello “slippery slope” chiedono che la pillola del giorno dopo sia ancor più liberalizzata. Via quindi il paletto della ricetta medica, chiedono al ministro Fazio i senatori radicali eletti nelle liste del Pd, Emma Bonino, Marco Perduca e Donatella Poretti.
Perché niente ricetta? Presto detto: occorre evitare alle donne “umilianti via crucis nei pronto soccorso, per mendicare una ricetta che viene spesso loro illegittimamente negata da sedicenti medici 'obiettori' ”. Paradossale: non posso acquistare alcuni antistaminici senza ricetta medica ma se è questione di aborto che i medici non ci mettano becco. Ma dove la mettiamo la famigerata “salute della donna”, motivo principe tra l’altro per ricorrere proprio all’aborto? L’approvazione di un medico per la somministrazione di questo preparato è indispensabile perché che sia il Levonell che il Norlevo possono avere i seguenti effetti collaterali: dolori addominali, nausea, cefalea, vertigini.
E poi perché “umilianti via crucis”? La gestione della propria sessualità, il libero accesso alle pratiche contraccettive, la possibilità di abortire non erano per gli alfieri del radical pensiero diritti di cui andare fieri? Appaganti conquiste della donna emancipata? Rilucenti punte di diamante delle libertà civili? Che si certifichi quindi con tanto di carta intestata di un medico questo diritto ogni volta che si sceglie di dire “No” ad un bambino che sta per venire al mondo. Sarebbe un modo per farlo sapere a tutti, alla luce del sole, rifuggendo dalla tanta odiata clandestinità ante legem 194.
Curioso poi – ed è un autogoal – che i senatori radicali ci dicano che vi sono molti medici obiettori i quali si rifiutano di fornire la ricetta. E’ un autogoal perché gli onorevoli di cui sopra e molti altri loro compagni di ideologia insistono da anni, con la stessa pervicacia di un fabbro che picchia sull’incudine, sul fatto che la pillola del giorno dopo non possiede nessun effetto abortivo (il che è falso, basta andare a leggersi il non partigiano bugiardino della stessa pillola del giorno dopo). Ma se vi sono parecchi medici che obiettano significa che tale pillola ha anche effetti non-impiantatori. Se sono medici due nozioni ad hoc le avranno pure. Ciò è confermato anche da un dato fornito dal “Soccorso civile Pillola del giorno dopo”, un numero di telefono a cui le fanciulle possono chiamare per essere indirizzate su tutto il territorio nazionale verso medici compiacenti che non si fanno troppi problemi a rilasciare la ricetta. Una specie di 89-24-24 anti-gravidanza. Tale “servizio” ci informa che le donne nell’85% dei casi hanno incontrato medici obiettori che non hanno rilasciato loro l’agognato pezzo di carta (quasi ovvio: altrimenti perché avrebbero chiamato il “Soccorso civile”?).
Torniamo a ciò che hanno detto i radicali: perché sostenere poi che la ricetta viene negata illegittimamente? La 194 permette al medico che solleva obiezione di coscienza di astenersi non solo dagli atti che provocano direttamente l’aborto, ma altresì da tutte quelle condotte che sono d’ausilio a tal fine. Appare evidente che scrivere la ricetta per la pillola del giorno dopo configura una collaborazione ad un potenziale atto abortivo e quindi rientra perfettamente e dunque legittimamente nell’ombrello di protezione giuridica previsto dall’istituto dell’obiezione di coscienza.
Nella loro richiesta al ministro i radicali applicano anche la solita strategia esterofila, facendo notare che l’Italia su questa materia pare il Regno della Banane. Ecco allora riferirsi ai liberali States: “L'amministrazione americana, attraverso l'Health and Human Services Department, ha esteso la copertura assicurativa obbligatoria per tutto ciò che concerne il controllo delle nascite”, e quindi la copertura riguarda anche la pillola del giorno dopo. E infine chiosano ricordando che negli USA tale preparato si vende senza ricetta. Che l’Italia si adegui, prego.
Cosa leggere dunque dietro questa richiesta dei radicali? Esaltazione del libero arbitrio, del principio di autodeterminazione? Rigurgiti di vetero-femminismo? Pensiamo di no. In radice si tratta, per usare un’espressione di Giovanni Paolo II, di cultura di morte sic et simpliciter che gode anche sul suolo italico di sana e robusta costituzione. Punto.
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