AIDS, QUASI MILLE BIMBI COLPITI di Ferrario Paolo, Avvenire di giovedì 21 luglio 2011
Nella lotta all'Aids non si deve abbassare la guardia. Nemmeno in Italia, dove vivono 800-900 bambini e adolescenti sieropositivi, curati nei centri sanitari specializzati, dove seguono le terapie a base di farmaci antiretrovirali. I "numeri" della diffusione della malattia nel nostro Paese sono stati resi noti ieri, durante la giornata conclusiva della sesta conferenza mondiale sull'Aids (Ias 2011), che per quattro giorni ha visto riuniti a Roma oltre 5mila scienziati e ricercatori da tutto il mondo per discutere dei nuovi sistemi di prevenzione e cura della patologia. Questi numeri sono destinati a salire, ha spiegato Carlo Giaquinto, del dipartimento di pediatria dell'Università di Padova e coordinatore della rete pediatrica europea per la cura dell'Aids, per l'arrivo in Italia di bambini che si sono infettati nel loro Paese di origine e i cui genitori, spesso, non sanno neppure della malattia dei loro piccoli. E a rischio non ci sono soltanto i bambini ma anche le loro madri. «Il numero di donne ad alto rischio di trasmissione verticale resta rilevante e inaccettabile qui da noi - ha spiegato Giaquinto -: ci sono circa 500600 gravidanze l'anno di donne sieropositive, quindi a rischio di trasmettere la malattia al nascituro». Tra i comportamenti a rischio di infezione c'è, ai primi posti, il consumo di droghe. E non soltanto quelle iniettabili, come ha specificato Nora Volkan, direttrice del National Institute on drug abuse (Nida) americano. «Nonostante l'uso di droghe per via endovenosa sia il veicolo principale per la trasmissione dell'Hiv - ha sottolineato l'esperta - anche l'assunzione di altri tipi di sostanze stupefacenti può aumentare la possibilità contagio, a causa di un'alterazione delle capacità di giudizio che può condurre a comportamenti a rischio». Intervenendo alla conferenza, il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, ha ricordato le due questioni fondamentali, relative all Aids, ancora da risolvere: la mancanza di un vaccino preventivo e l'accesso al trattamento. «Nonostante i miliardi di euro investiti e la convinzione che un vaccino sarebbe arrivato nel giro di dieci anni, un vaccino ancora non c'è», ha ricordato Fazio. Aggiungendo: «L'emisfero Sud del Mondo, dove si registra la maggior parte dei casi di Hiv, è ancora molto indietro rispetto a quello del Nord. Molto è stato fatto e molto è ancora da fare». Intervistato dall'Osservatore Romano, è intervenuto anche il nuovo segretario del Pontificio Consiglio per gli Operatori sanitari, monsignor Jean-Marie Mupendawatu, ricordando che per combattere efficacemente l'Aids è necessario promuovere un concetto ampio di prevenzione, coinvolgendo la sfera dei comportamenti privati, tra cui una sessualità equilibrata e ordinata e la castità preconiugale.
Nessun commento:
Posta un commento