D'Agostino: «Situazione estrema, impossibile che vivano entrambe», di Valentina Arcovio Il Messaggero, 20-07-2011
ROMA - «Quella di prendere tempo non è di certo una decisione coraggiosa. E’ evidente che i medici non hanno le idee chiare. E’ comprensibile, ma speriamo che quando arriverà il momento ci sia tutto il tempo per procedere con l’intervento». E’ così che il giurista Francesco D’Agostino, presidente onorario del Comitato Nazionale di Bioetica, ha commentato la decisione dei medici del Sant’Orsola Malpighi di Bologna sul caso delle due gemelline siamesi che condividono un solo cuore e un solo fegato.
E’ giusto aspettare?
«Se i medici ritengono che le bambini possano sopravvivere unite ancora per un po’, questo tempo in più potrebbe servire a predisporre un piano di azione più preciso».
L’intervento chirurgico sarà comunque necessario?
«Qualche bioeticista dirà che la cosa migliore è aspettare che la natura faccia il suo corso. Ma io non sono d’accordo. Se i medici hanno la certezza che non c’è speranza che sopravvivano alla loro condizione, credo che la soluzione eticamente più giusta sia quella di garantire la salvezza di almeno una delle neonate».
Come si fa a decidere a quale gemella spettino il cuore e il fegato?
«E’ sicuramente una situazione estrema. Dalle informazioni che abbiamo la condizione delle gemelline è anatomicamente incompatibile con la crescita, cioè non possono sopravvivare insieme per lungo tempo. L’intervento chirurgico sembra la sola soluzione e i medici dovranno valutare chi delle due ha biologicamente più possibilità di sopravvivere e quindi dare il cuore e il fegato solo a una».
Ma non è eticamente sbagliato intervenire su una gemella a scapito dell’altra?
«Credo che in questo caso si possa applicare il principio etico del «duplice effetto».
In cosa consiste?
«Un’azione rivolta al bene morale può essere eticamente corretta anche se ne comporta un’altra rivolta al male morale purché sia subordinata alla prima. In questo caso abbiamo due gemelline che insieme non possono sopravvivere a lungo. Per cui i medici possono decidere di intervenire in favore di una, compiendo un’azione rivolta al bene morale, anche se c’è il rischio di morte per l’altra che comunque nella sua attuale condizione non riuscirebbe a sopravvivere».
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