Sulle gemelline siamesi non decida solo la scienza ma si ascolti anche l'etica di Eugenia Roccella, articolo di giovedì 21 luglio 2011, © IL GIORNALE ON LINE S.R.L.
La loro nascita è una conquista. Ora crescono insieme il più possibile. In quella che è, innanzitutto, una scelta in favore della vita, i medici siano alleati dei genitori
Giordano Bruno Guerri, nel suo articolo sul doloroso caso delle sorelline siamesi, si augura che a scegliere siano i genitori. Ma i genitori delle gemelle nate con un cuore in comune hanno già scelto: lo hanno fatto quando hanno saputo della loro drammatica condizione, ed hanno deciso continuare la gravidanza e farle venire al mondo così come erano, pur nell’angoscia e nella sofferenza che accompagna sempre la nascita di bambini gravemente disabili.
È stata innanzitutto questa libera decisione dei genitori ad indicare ai medici la via da seguire: la vita per le loro figlie, il meglio per le loro figlie. Già, i medici, perché pur con la massima condivisione delle decisioni che saranno prese, saranno le considerazioni degli esperti a stabilire cosa ne sarà delle due bambine. Spetta a loro dire se ci sono possibilità per le gemelle di continuare a vivere insieme, o invece se è ragionevole intervenire perché almeno una delle due si salvi, o ancora se invece ogni tentativo sarebbe vano per entrambe e si può solamente accompagnarle al loro destino, nel modo più indolore possibile.
A quanto sappiamo, sembra che l’unico cuore, a sua volta malformato, non riesca a far vivere tutte e due le bambine, unite. Anche altri organi sono in comune. In queste ore, secondo quanto diffuso dai media, i medici stanno valutando le possibilità di intervento, consultando anche alcuni comitati etici: se divise, pare che una delle due avrebbe una possibilità apprezzabile di sopravvivenza (intorno al venti per cento). Ma separare le due bambine significa lasciare il cuore solamente ad una di loro, e causare direttamente, anche se non volutamente, la morte dell’altra.
Una decisione e un atto da vertigine. Non si tratta, però, della versione tecnoscientifica della Scelta di Sophie, il film che racconta la tragica violenza a cui è sottoposta una madre, costretta a scegliere tra le sue creature. Sarebbe ingiusto nei confronti di quei genitori coraggiosi, e di quei medici che li stanno aiutando, affrontare questa storia come una decisione sulla vita e la morte, una decisione di cui ci si deve assumere la responsabilità, decretando: «tu sì, tu no».
Genitori e medici sono alleati, in questa vicenda assolutamente drammatica, nel cercare di far vivere chi ce la può fare, se una delle due ce la può fare. Mai come questa volta, il criterio di scelta è proprio la vita: lo sforzo di tutti è nel cercare di far crescere le bimbe il più possibile, proprio perché l’intervento avvenga nelle condizioni migliori, perché la possibilità che almeno una delle due sopravviva aumenti. E le due gemelline, finora, ce l’hanno fatta: nate premature, sono cresciute di peso, ed hanno già subìto un primo intervento palliativo, che le ha aiutate.
L’illusione che invece mi inquieta è quella che ci possa essere una valutazione solo tecnica, e che i medici siano tenuti a fornire un parere che non abbia alcuna valenza etica. L’etica è una questione nobilissima, scrive Guerri, e però in questo caso «non c’entra e non deve entrarci»: il rischio, sempre secondo Guerri, è che si apra un dibattito astratto sulla vita e la morte, anzi che si arrivi a «disquisizioni» che con la vita e il dolore reale poco hanno a che fare. Ma la tecnica, e così la scienza, non sono e non possono mai essere separate dall’etica, né possono essere per così dire eticamente neutrali. Non esiste un atto umano che è possibile sottrarre al giudizio etico, perché l’agire morale appartiene alla nostra quotidianità e alla vita reale delle persone.
Se, come sembra di capire, le due bambine insieme non riuscirebbero a sopravvivere, allora l’eventuale intervento di separazione servirà ad aiutare almeno una a vivere, nel tentativo di evitare una doppia morte. Non sarà, quindi, la scelta di far morire una e di far vivere l’altra, ma il tentativo di salvare almeno una persona da morte certa.
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