L’ultima della scienza: animali come uomini di Gaia Cesare, articolo di sabato 23 luglio 2011, © IL GIORNALE ON LINE S.R.L.
Ricercatori pronti a creare bestie che pensino e parlino come noi. «Il traguardo non è lontano»
Immaginate il vostro cane che parla, che cambia canale, che legge un libro prima di andare a dormire. Il vostro gatto che perde il pelo e comincia ad assomigliarvi sempre di più. La scimmia che vedete nei documentari in tv che porta in grembo un cucciolo di uomo. Non è zoolandia. Non è fantascienza. È l’ultima frontiera della scienza. L’obiettivo prossimo dei ricercatori, secondo L’Accademia britannica di scienze mediche, che - riferiva ieri il Financial Times - ha trascorso 18 mesi a studiare le possibili conseguenze dei rapidissimi progressi della ricerca in campo biologico.
«Umanizzazione degli animali», potremmo chiamarla. Dicono gli studiosi inglesi che potrebbe avere tre applicazioni diverse, possibili quanto inquietanti: modificare il cervello animale perché le sue funzioni somiglino sempre di più a quelle umane, fecondare ovuli umani in un animale e infine dotare gli animali di caratteristiche unicamente umane, dalla forma del viso alla grana della pelle fino addirittura al linguaggio.
Per ora, in realtà, non c’è nessuno studio del genere in corso nel mondo, ha precisato al Ft il responsabile delle ricerca, il genetista medico dell’università di Cambridge Martin Bobrow. Ma gli scenari appena descritti potrebbero non essere affatto lontani. L’impiego di topi con un fegato umano nell’ambito delle ricerca tossicologica è già una realtà. «Se si sostituisse interamente il cervello di un topo con quello di un uomo, probabilmente resterebbe un topo - aggiunge Bobrow -. Ma se facessimo lo stesso con un primate (una scimmia per esempio, ndr) è difficile indovinare cosa ne verrebbe fuori».
Gli scienziati inglesi, insomma, mettono in guardia l’opinione pubblica e la politica: tenetevi pronti, nulla del genere è in corso di sperimentazione al momento, ma potrebbe esserlo presto.
Molto più dubbioso sull’argomento è lo scienziato italiano Silvio Garattini, fondatore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri. «Cambiare il genoma di un animale non è così facile, non credo sia possibile allo stato attuale. Certo nessuno può escludere nulla per il futuro», spiega al Giornale. Ma poi precisa quanto possa essere difficile: «Il semplice tentativo di utilizzare reni di maiali per fare trapianti nell’uomo fino ad ora non è riuscito. E si tratta di un traguardo molto più abbordabile di quello descritto dagli scienziati inglesi. Una fecondazione attraverso le specie non è normalmente possibile. Ma ripeto, nessuno può prevedere il futuro».
E si ragionasse per ipotesi anche estreme, quali sarebbero gli scenari? Quali i rischi e i vantaggi? La ricerca sulle cellule staminali, per esempio, è una frontiera su cui si concentrano le speranze di molti. «Nessuna di queste ricerche è riuscita finora a fare qualcosa di utile dal punto di vista pratico. Le cellule staminali di qualsiasi tipo non hanno applicazione di carattere clinico consolidata», aggiunge Garattini. Però resta la speranza per molti malati che la scienza possa aiutarli. «Quello che oggi è possibile, in animali come il topo e il ratto, è di cambiare il genoma attraverso il cambiamento di uno, due o tre geni perché riproducano alcuni aspetti delle malattie umane e questo può servire per avere dei modelli per studiare farmaci e trattamenti per l’uomo». Quanto ai problemi etici: «Penso che per il momento siano difficili da superare». Ma Garattini insiste: «L’umanizzazione degli animali? Mi sembra davvero parecchio lontana».
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