domenica 17 luglio 2011

Avvenire.it, 15 luglio 2011 - BIOETICA E POLITICA - «Dat, bene la legge - Ora a noi serve aiuto» di Viviana Daloiso

Sono il primo, fondamentale anello della tutela della vita. Sono quelli che tutte le mattine si svegliano pron­ti a correre nell’altra stanza, o in un istituto, dove passeranno grossa parte della giornata a prendersi cure dei propri cari, in stato vegetativo o di minima coscienza. Sono quelli che la differenza, tra questi termini, non la vedono neppure: credo­no nella dignità assoluta della persona che hanno davanti, e per essa lottano, faticano, fanno sacrifici.

All’indomani dell’ap­provazione della legge sulle Dat alla Camera, le famiglie dei disabili gravissimi, costretti a let­to e ad attenzioni costanti, si sono svegliate con un sorriso per la consapevolezza che i princìpi di cui sono stati gli instanca­bili portatori – dal caso di Eluana in avanti – sono stati riconosciuti.

Ma anche con la solita lista, infinita e reale, di cose da fare. «È evidente che le parti del testo che sanciscono la necessità di tutelare la vita e il divieto a o­gni forma di eutanasia danno una forma giuridica, finalmen­te, alle richieste che centinaia di famiglie hanno avanzato negli ultimi mesi»: sono d’accordo Fulvio De Nigris, della Casa dei risvegli, e Claudio Taliento, vi­cepresidente di Risveglio, una rete che riunisce almeno duecento famiglie sulla carta, ma oltre duemila nella realtà di tut­ti i giorni. «Ed è evidente che il capitolo idratazione e alimen­tazione si è chiuso con il trionfo delle ragioni che abbiamo sem­pre portato avanti: e cioè che non si tratta affatto di una tera­pia, o di un trattamento medi­co, ma di un fatto naturale».
Una duplice vittoria, cui va ag­giungersi il contenuto dell’articolo 5 (Assistenza ai soggetti in stato vegetativo) del testo ap­provato in Aula, secondo cui il ministero della Salute deve im­pegnarsi ad adottare linee gui­da per l’assistenza ospedaliera, residenziale e domiciliare per i soggetti in stato vegetativo. Eppure – i rappresentanti delle associazioni familiari parlano con un’unica voce – a questa legge, per la parte che riguarda proprio la Dat (cioè la Dichia­razione anticipata di tratta­mento), le famiglie che vivono ogni giorno l’esperienza del prendersi cura di un disabile gravissimo non sono affatto in­teressate.

Non lo erano prima e non lo sono oggi: «Nessuno di chi incontriamo ogni giorno nelle strutture, o a domicilio, ha mai nemmeno pensato alla necessità che fossero messi paletti su che tipo di trattamento do­vesse essere somministrato ai propri cari», spiega bene Giuliano Dolce, neurologo di fama internazionale, responsabile della ricerca scientifica all’Istituto Sant’Anna di Crotone e pre­sidente della rete di associazioni Vive. «Nessuna famiglia, mai, s’è posta il problema dell’inter­ruzione o meno di trattamenti e cure». Così come molti dei me­dici e degli addetti ai lavori, quelli che ogni giorno hanno a che fare coi pazienti e che della legge sulle Dat hanno solo letto qualcosa sui giornali, la sera.

Le famiglie, questo sì però, avevano bisogno di veder riconosciuta la dignità dei propri cari e quella del loro impegno: «Il che è accaduto sul piano con­cettuale – spiega Paolo Fogar, presidente della Federazione nazionale associazioni trauma cranico, che di associazioni di familiari ne riunisce 26 e di fa­miglie almeno tremila –: questa legge colma quel vuoto legisla­tivo emerso con forza dalla vicenda Englaro». Qualcosa rimane, però, ancora senza ri­sposte, «e sono le vere necessità di queste famiglie: chi si occupa di loro? Chi pensa davvero a quello che devono affrontare ogni giorno? Perché non avevano e non hanno bisogno di Dat, ma di aiuti concreti, di Regioni pronte a stanziare fondi per so­stenerle e per sostenere quelle vite che questa legge tutela».

Ce l’ha con la Toscana, Fogar, che a differenza di Lombardia e Friuli «ancora non si muove su questo fronte» e che proprio la sua Federazione sta “martellan­do” con comunicati e campagne di sensibilizzazione conti­nue da anni. Il suo punto di vi­sta viene sintetizzato bene da De Nigris: «Queste famiglie han­no bisogno di una legge sulla vita, non solo sul fine vita. Una legge sulla vita di tutti i giorni. Questo ci interessa e questo speriamo di veder presto discusso in Parlamento».

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