Avvenire.it, 30 giugno 2011 - Dopo la Consulta, decuplicati gli embrioni in freezer - Se si torna a congelare la persona umana di Michele Aramini
Il ricorso al congelamento degli embrioni, pur essendo vietato dalla legge 40, sta diventando nuovamente pratica comune tra gli operatori della fecondazione artificiale. Questi tecnici si fanno scudo della sentenza della Corte Costituzionale che il 1° aprile 2009 ha dichiarato decaduta la disposizione tassativa sul numero massimo di embrioni per ogni tentativo di impianto. La Corte aveva infatti cancellato il numero massimo di tre embrioni producibili per ogni ciclo (da impiantare tutti insieme) perché riteneva che, in casi eccezionali e particolarmente complessi, il vincolo fosse limitativo delle possibilità di successo delle tecniche di fecondazione artificiale.
Il pronunciamento della Corte – che introduceva un varco nei divieti della legge, ma solo per situazioni assolutamente circoscritte – è stato però interpretato dai detrattori della legge 40, sonoramente sconfitti dal referendum abrogativo di sei anni fa, come un via libera al congelamento degli embrioni, che – va ricordato – a norma di legge continua a rimanere vietato. I dati sono impressionanti: il numero degli embrioni congelati si e decuplicato in pochi mesi. La conseguenza è chiara: i frigoriferi delle cliniche si stanno riempiendo di vite umane come prima della legge 40, senza che il fatto susciti un minimo di indignazione.
La ripresa della prassi del congelamento non porta alla crescita del numero di nascite che pure c’è stata, ma che ha le sue ragioni nella crescita del numero delle coppie che accedono alla fecondazione artificiale e nel miglioramento delle tecniche di laboratorio, per cui la percentuale di successo per ciclo si è innalzata di qualche punto.
È peraltro paradossale che in Parlamento muova i primi passi proprio in questi giorni una proposta di legge per trovare una soluzione al problema degli embrioni congelati giacenti nei laboratori. Il non senso sta nel fatto che l’unico modo umano di risolvere il problema è non congelare embrioni. Ma se questa tecnica per il "parcheggio" della vita umana non serve ad aumentare in modo significativo la percentuale di successo, perché tanta insistenza? La ragione sta nel ricorso alla selezione preimpianto: il numero di embrioni prodotti permette di avere un’ampia gamma di soggetti da selezionare e raggiungere così più facilmente i propri obiettivi. Quelli avanzati – i meno promettenti, o quelli forse difettosi – vengono messi da parte, nei bidoni refrigerati.
La prima domanda da porre è perché non si interviene di fronte a una violazione tanto palese della legge 40, che è legge dello Stato come tutte le altre. Non si sentono voci importanti che denuncino questa deriva illegittima. Ancora più urgente è però la domanda se abbiamo ancora a cuore la sorte degli embrioni umani. Sembra che ci venga chiesta una resa per dare strada a comportamenti utilitaristici ed eugenetici, oltre che ai corposi interessi economici in gioco.
Senza nessuna riflessione filosofica ed etica sulla persona umana si rischia di scivolare nell’accettazione di un concetto di persona umana come semplice oggetto biologico, concetto costruito a uso di una libertà allergica ai limiti e che proprio per questo rivela la sua carica di violenza. Quando mai è possibile congelare un essere umano? Quando mai possiamo distruggere un essere umano nel caso che rivelasse un difetto? Sono pratiche che vengono autorizzate se si costruisce ad arte un concetto infondato di persona umana, se si abbandona la strada di una libertà che cerca la verità sulla natura dell’uomo e si assume al suo posto quella di una libertà che vuole imporre se stessa. Accettare questo principio di autodeterminazione assoluta – qui come sull’opposta frontiera della vita umana – equivale a consegnare l’uomo nelle mani della mera tecnica, resa padrona del nostro destino. È davvero questo che vogliamo?
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