«Dalle staminali adulte potenzialità inattese» - A novembre in Vaticano tre giornate di studio sulle nuove frontiere della ricerca Parla lo scienziato dell’azienda Usa che ha stretto un accordo con la Santa Seddi Alessandra Turchetti, Avvenire, 16 giugno 2011
Sarà presentato oggi presso la Sala stampa della Santa Sede il convegno «Cellule staminali adulte: la scienza e il futuro dell’uomo e della cultura» organizzato dal Dipartimento di scienza e fede del Pontificio Consiglio della cultura, in programma dal 9 all’11 novembre in Vaticano. Presente la dottoressa Robin L. Smith, presidente e amministratore delegato di NeoStem, l’azienda di biotecnologie americana con la quale lo scorso anno il Pontificio Consiglio ha stretto un accordo finalizzato ad ampliare la ricerca e promuovere la conoscenza sulle cellule staminali adulte. L’obiettivo è collaborare attraverso iniziative da organizzare in tutto il mondo, come corsi accademici, conferenze internazionali e pubblicazioni, al fine di educare sulle conoscenze legate alle possibilità terapeutiche delle staminali adulte e, contemporaneamente, incentivarne la ricerca nel campo della medicina rigenerativa attraverso adeguati investimenti. Centrale sarà indagare l’impatto futuro di questa ricerca sui temi etici e culturali.
Firmatarie dell’accordo due fondazioni no profit, la «Stem for Life Foundation» della NeoStem, e la Fondazione «Stoq International» del Pontificio Consiglio.
Chiediamo a Robin L. Smith quali prospettive si aprono oggi per questo orizzonte scientifico da tempo in fermento.
Dottoressa Smith, in che cosa consiste esattamente questo accordo?
È una forma di collaborazione per incentivare la ricerca sulle cellule staminali adulte partendo dalla diffusione della conoscenza e consapevolezza di questo importante strumento terapeutico. Lavoreremo insieme per far capire i benefici e le potenzialità delle staminali adulte nella medicina rigenerativa. Gli obiettivi sono tanti e ritengo fondamentale che ci sia un supporto critico e morale che guidi gli sforzi nell’avanzamento delle conoscenze. Da un lato, dunque, il progresso scientifico, dall’altro l’aspetto culturale ed educativo di sensibilizzazione. Sono veramente lieta di prendere parte a questo accordo.
Quale futuro attende, secondo lei, la ricerca sulle cellule staminali adulte, su quelle embrionali e sulle pluripotenti indotte, frutto della tecnologia della riprogrammazione?
In ogni linea di ricerca su queste cellule dobbiamo cercare prima di tutto la sicurezza e l’applicabilità. La chiave per il futuro delle staminali è capire come possiamo usarle. La gente si è molto sensibilizzata rispetto agli obiettivi terapeutici, c’è molta eccitazione nell’opinione pubblica ma qui si deve fare un distinguo fra le tre linee. Sul fronte delle staminali pluripotenti indotte dobbiamo ancora impegnarci tantissimo: molti sono gli ambiti da sviscerare proprio sull’applicabilità in termini di sicurezza ed efficacia. Diverso, invece, il panorama della medicina rigenerativa basata sull’uso delle cellule staminali adulte: negli ultimi anni ha rappresentato un autorevole punto di svolta e spiega come le staminali estratte dallo stesso paziente offrano incredibili possibilità curative. Queste cellule possono infatti essere usate per fronteggiare molteplici malattie come cardiopatie, tumori del sangue e non, disordini neurodegenerativi e genetici.
Questa strategia, che sembra «troppo buona per essere vera», sta attualmente cambiando la vita delle persone. Per più di 40 anni i medici hanno usato le staminali adulte solo per i tumori del sangue ma ora un numero significativo di altre patologie comincia a essere trattato. Ci sono vantaggi enormi dal punto di vista clinico ed economico nell’autotrapianto: non c’è rigetto, il procedimento è più veloce e sicuro.
Questo può permetterci di raggiungere i vantaggi associati alle staminali embrionali senza dilemmi etici o morali, nonché di evitare gli altri effetti negativi che il loro uso comporta dal punto di vista scientifico.
Qual è la sua opinione dal punto di vista etico sull’utilizzo delle staminali embrionali?
Credo che il punto centrale sia che non abbiamo bisogno delle staminali embrionali. Sarebbe importante che passasse questo concetto nella dimensione culturale e in tutta la società perché gli obiettivi che la ricerca su questo fronte si pone sono raggiungibili senza la distruzione di un embrione.
Come ha accolto la decisione del presidente Obama di sbloccare i fondi federali per la ricerca sulle embrionali?
La questione, che vale non solo per l’America ma per il mondo intero, è che la gente non comprende realmente le differenze fra i due tipi di cellule, non capisce che cosa può fare una cellula staminale adulta e una embrionale. È un problema, cioè, di educazione e informazione e credo che gli sforzi politici e il dibattito che ne scaturisce dovrebbero andare in questa direzione.
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