Avvenire.it, 20 novembre 2010 - LA DIFESA DELLA VITA - Il governo ai Comuni: «Biotestamenti nulli» di Davide Re
Registri per la raccolta delle dichiarazioni anticipate di trattamento nei Comuni italiani? Il governo dice «no», perché non esiste nessuna legge a riguardo e gli enti locali non possono “forzare la situazione”. A riguardo ieri sono intervenuti, con una circolare congiunta, i ministri: Maurizio Sacconi (Welfare e coordinamento politico della bioetica), Roberto Maroni (Interno) e Ferruccio Fazio (Salute).
«In linea generale – si legge nel documento –, occorre considerare che la materia del “fine vita” rientra nell’esclusiva competenza del legislatore nazionale e non risulta da questi regolata. L’intervento del Comune in questi ambiti appare pertanto esorbitante rispetto alle competenze proprie dell’ente locale e si traduce in provvedimenti privi di effetti giuridici». Chiariscono dai dicasteri: «Sono pervenute a questi Ministeri alcune richieste di parere, formulate dai Comuni, relativamente alla possibilità che gli stessi possano istituire appositi registri destinati alla raccolta delle dichiarazioni anticipate di volontà, per i trattamenti medici che ciascun cittadino intenda ricevere o rifiutare nelle situazioni in cui perda la capacità di esprimere una propria volontà».
In linea generale, si legge ancora, «occorre considerare che la materia del “fine vita” rientra nell’esclusiva competenza del legislatore nazionale e non risulta da questi regolata. L’intervento del Comune in questi ambiti appare pertanto esorbitante rispetto alle competenze proprie dell’ente locale e si traduce in provvedimenti privi di effetti giuridici».
I registri istituiti presso pubbliche amministrazioni rispondono alla preminente finalità di attribuire certezza giuridica a specifiche situazioni (provenienza e data di deposito di un determinato documento, dati identificativi di una persona e altro ancora).
«Il compito – dice ancora la circolare diffusa dal ministro coordinatore Sacconi, anche per conto dei colleghi dell’Interno e della Salute – di disciplinare la materia delle certezze giuridiche, implicando rilevanti effetti che possono anche condizionare l’esercizio di diritti fondamentali, è sempre stato riservato allo Stato, al quale spetta di stabilire quali siano gli effetti probatori degli atti conservati da pubblici ufficiali». Tale attribuzione infatti è stata confermata dall’articolo 117 della Costituzione, il quale assegna alla competenza legislativa esclusiva dello Stato «in via generale l’ordinamento civile e specificatamente le materie, tra l’altro, di stato civile e anagrafi. In questo settore il Comune, secondo quanto previsto gestisce, per conto dello Stato e tramite il sindaco, nella sua qualità di ufficiale di governo, solo i servizi elettorali, di stato civile e di anagrafe». Viene poi precisato dall’ultimo comma del articolo 117 che «ulteriori funzioni amministrative per servizi di competenza statale possono essere affidate ai comuni dalla legge che regola anche i relativi rapporti finanziari, assicurando le risorse necessarie». Insomma, nessuna norma di legge abilita il Comune a gestire il servizio relativo alle dichiarazioni anticipate di trattamento.
«In tali materie – si legge ancora nel documento – una legge dello Stato è poi particolarmente necessaria perché vengono implicate anche altre materie come la tutela della salute, della famiglia e della privacy, nell’ambito delle quali il Comune non può certamente agire in assenza di una disciplina statale che ponga principi e definisca la competenze di vari soggetti pubblici coinvolti. Inoltre, si legge ancora, «lo stesso articolo 117 della Costituzione, al comma secondo, lett. p, riconosce la legislazione esclusiva dello Stato in materia di legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane. In questa prospettiva risulta evidente che le funzioni amministrative attinenti alle dichiarazioni anticipate di volontà, che investono la sfera personale dell’individuo, sono materie riservate alla competenza del legislatore nazionale».
Pertanto, alla luce delle predette considerazioni, «non si rinvengono – chiude la circolare – elementi idonei a ritenere legittime le iniziative volte alla introduzione dei registri per le dichiarazioni anticipate di trattamento. In tale quadro si potrebbe, anzi, ipotizzare, nel caso in cui si intenda dar comunque corso ad iniziative del genere, un uso distorto di risorse umane e finanziarie, con eventuali possibili responsabilità di chi se ne sia fatto promotore».
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