L’esperienza «La sento, come potrei ucciderla?» - Gabriella e il marito assistono a casa la figlia in stato vegetativo dal 2000 Senza sussidi dallo Stato e con l’aiuto solo dell’associazionismo DI GRAZIELLA MELINA – Avvenire, 26 novembre 2010
«Mia figlia adesso sta in difficoltà e lo sarà per tutta la vita. Ma io fino a che il Padre Eterno non la porta via, le starò sempre, sempre, per tutta la vita, sempre vicino». Lo scandisce più volte quel «sempre» Gabriella Forniti, ex infermiera romana ora 66enne. E di tutto quel gran parlare che fanno in tv sull’eutanasia proprio non se ne capacita. Forse perché lei è stata 'forte' e ha scelto di tenersela quella figlia che ora ha 36 anni e da dieci è in coma senza mai svegliarsi? Risponde senza mezzi termini: «Quelli che scelgono diversamente credo siano confusi da un certo egoismo, perché questa creatura, mia figlia, è viva, chi è in coma è vivo. Anche nel suo limbo lei vive, sente tutto, ascolta tutto, si fa capire se sta bene o sta male. Ha le mestruazioni normali. È una donna».
Roberta, prima di quell’incidente che l’ha ridotta in stato vegetativo, faceva l’indossatrice. Da allora «ha subito 7 operazioni – racconta mamma Gabriella – e ringraziamo Dio che sta lì. Noi siamo i genitori, può immaginare l’amore che le diamo». Gabriella e papà Francesco quella «ragazza in coma» da 6 anni la accudiscono a casa. Da soli. Tranne una piccola assistenza che ricevono dal Comune, i coniugi Abbate non hanno mai ricevuto sussidi. «La alziamo, la mettiamo in carrozzina – racconta la mamma –. Purtroppo ora sono anziana.
Ultimamente ho subìto un’operazione e sto chiedendo aiuto a tutti. Ma mi rispondono che non ci sono i soldi». Quando «l’abbiamo portata a casa – continua Gabriella, che avendo smesso di lavorare dopo la nascita di Roberta, ora non percepisce neanche la pensione – abbiamo speso 6mila euro solo per comperare tutta l’attrezzatura che le serviva. Questa creatura ha bisogno di tutto. Persino per farle fare una risonanza magnetica, devo chiamare l’autoambulanza a mie spese. Ho lottato pure per farmi dare una barella doccia. Mi sono interessata di quello che le serviva per il decubito, tutto a spese nostre». L’assistenza a Roberta è continua. «Ho fatto la scelta di portarla a casa, però è tanto faticoso – ammette Gabriella –. Ho altre due figlie che mi vengono a dare una mano. Ma sono sposate e abitano lontano».
E così per Gabriella diventa un lusso persino farsi una passeggiata. «Non posso uscire – racconta – a fare la spesa ci pensa mio marito. Solo l’associazione Risveglio mi sta vicino, il presidente mi ha dato 3mila euro, mi chiama spesso per tranquillizzarmi».
È un po’ stanca Gabriella e pure delusa dalle istituzioni, ma se le si dice che, a sentire certi media, la scelta di accudire Roberta potrebbe essere tacciata come 'innaturale', tira fuori tutta la grinta che non ti aspetti: «Io non capisco queste cose! Ma se il Padre Eterno me l’ha fatta rimanere così e non l’ha fatta morire quando è successo l’incidente, perché io con le mie mani, io che l’ho partorita la dovrei uccidere? No, è un assassinio!».
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