lunedì 6 giugno 2011

Apre il primo allevamento di "animali da organi". Frankestein a Cremona - di Leonora Pigliucci, 05/06/2011, www.liberazione.it

Una decisione del Ministero della Salute ha in questi giorni autorizzato l’apertura del primo allevamento italiano di maiali transgenici destinati, in un futuro imprecisato e incerto, a fornire organi di ricambio per la specie umana. La struttura, guidata dal veterinario Cesare Galli, il primo connazionale ad aver effettuato esperimenti del genere in ambito zootecnico, sorgerà presso il centro di riproduzione animale Avantea di Cremona. Di particolare, i suini brevettati dalla ditta lombarda hanno la mancanza di un antigene, rimosso dalle cellule degli animali da cui sono stati clonati, che è attualmente ritenuto il principale responsabile della sindrome da rigetto iperacuto che insorge nel momento in cui organi di suino vengono impiantati nell’organismo di soggetti di altre specie. Così modificati, gli organi saranno ora trapiantati nel corpo di primati non umani, per studiarne l’eventuale compatibilità.

Il laboratorio di Cremona è il primo in Europa a intraprendere la strada di questa specifica sperimentazione, che è simile nell’impostazione a molte altre che hanno fallito nei risultati negli ultimi due decenni in Europa e Usa, sempre nel tentativo di neutralizzare la naturale e violenta reazione che l’organismo dei riceventi oppone quando vi si impianta un organo di specie estranea. A rendere possibile questa via, è il vuoto normativo presente nella legislazione italiana dal 2001, quando è scaduto il termine per il divieto alla clonazione di tutte le specie animali.

Dietro la propaganda miracolostica di chi sostiene la ricerca, la prospettiva di fabbriche viventi di organi di ricambio, che in chi abbia un minimo di pietà per gli altri animali evoca scenari da film dell’orrore, comporta però anche una lunga serie di problematiche sia sul piano etico che scientifico.

E’ per questo che il comitato nazionale di bioetica si era espresso alcuni anni fa in favore di una moratoria, in nome di un principio di cautela e prudenza, e c’è chi, come il comitato scientifico Equivita, ha posto l’accento sulle inquietanti conseguenze degli xenotrapianti anche in caso di successo terapeutico.

Per ovviare al rigetto gli organi di maiale dovranno infatti essere in qualche modo “umanizzati” e, d’altro canto, gli eventuali trapiantati si trasformeranno, nella definizione del chirurgo Thomas Starzl, pioniere statunitense di questa pratica, in “chimere post operatorie”: non saranno cioè più degli esseri umani al 100% ma saranno “contaminati” dalle cellule di suino, dato che è dimostrato che queste si diffondono a partire dall’organo immesso, in tutto il corpo. Come si definiranno allora, si chiede Equivita, questi pazienti?

Nonostante queste problematiche, ci sono comunque autorevoli fonti in ambito morale che hanno già fornito il loro prezioso avvallo: il Vaticano, infatti, dopo una prima incertezza, ha rotto gli indugi nel 2001, quando è stata divulgata una pubblicazione dell’Accademia Pontificia pro vita, nella quale si stabilisce che i trapianti sull’uomo di organi di specie diverse, a prescindere dalle loro conseguenze sul piano biologico, non siano in contrasto con l’ordine della creazione, finalizzato allo “sviluppo integrale” del genere umano anche a scapito della sofferenza di altre specie. E non è forse un caso che sia un’università cattolica, quella della città belga di Lovanio, uno dei principali partner scientifici del laboratorio commerciale di Cremona.

«Ma se anche fosse possibile andare oltre le difficoltà in ambito etico e immunologico – spiega Fabrizia Pratesi di Equivita – e dopo che saranno stati investiti ancora capitali enormi, un’inquietante incertezza penderà fino all’ultimo sulla sicurezza degli xenotrapianti. Molti studiosi hanno infatti sollevato il dubbio che negli organi animali possano annidarsi virus e retrovirus silenti, impossibili da rilevare a priori perché innocui all’organismo donatore, e scatenare in seguito epidemie di patologie sconosciute negli esseri umani».

E tra tanti interrogativi, una certezza incontestabile c’è: è la concretezza della sofferenza degli animali sottoposti a una delle sperimentazioni che più drammaticamente ha i tratti della tortura. A testimoniarlo ci sono i “Diari della disperazione”: oltre mille pagine di documenti riservati su esperimenti di xenotrapianti che sono stati divulgati nel 2003 da parte dell’associazione inglese Uncaged Compaigns e che, dopo una lunga battaglia legale con l’azienda responsabile, la biotecnologica Imutran, la magistratura inglese ha giudicato pubblicabili perché di interesse pubblico. Tra il 1995 e il 2000 Imutran aveva lavorato con maiali ogm (modificati anche in quel caso per ovviare alle spinose difficoltà del rigetto) e inserito i loro organi nell’organismo di primati non umani: i diari raccontano delle agonie vissute dalle scimmie a causa dei cocktail di farmaci immunosopressori somministrati per permettere il trapianto; di malfunzionamento degli organi impiantati; di infezioni; di avvelenamento e anche di penosi atti di disperazione e autolesionismo dovuti allo stato di cattività in condizioni di assoluta innaturalità.

Sembra ridicolo, eppure la Imutran 16 anni fa dichiarava di aver bisogno di soli 24 mesi prima di passare alla sperimentazione umana, che fortunatamente mai avvenne per il palese fallimento scientifico, in linea con quanto sostenuto da uno studio della farmaceutica Sandoz che pronosticava l’avvio della sperimentazione sugli uomini entro il 1996.

Oggi da Cremona si ricomincia: si offrono radiose promesse ai malati, pur con il buon senso di non fare pronostici sui tempi, che anzi si afferma saranno lunghi. E nel frattempo per gli animali, agli scienziati e alla Chiesa piacendo, si moltiplica lo strazio.

Nessun commento:

Posta un commento