MEDICINA/ Silenzio in sala (operatoria) – Redazione - giovedì 9 giugno 2011, il sussidiario.net
Il problema delle infezioni “post-chirurgiche” (Surgical Site Infections, SSI) è da tempo nell’agenda sanitaria un po’ in tutto il mondo e sono molti gli studi per individuare la strategia migliore di riduzione del rischio di infezione nei reparti chirurgici. Non sono trascurabili le dimensioni quantitative del fenomeno: i dati di un’analisi sulle dimissioni ospedaliere riportati nel sito del Ministero della Salute parlano di 161 casi di SSI su 100.000 dimessi; ma è chiaro che, quando si parla di salute gli elementi quantitativi non sono i soli né i primi a dover essere considerati.
Nel determinare il fenomeno concorrono diversi fattori: anzitutto le condizioni ambientali, che determinano il grado intrinseco di contaminazione microbica della ferita chirurgica; ma intervengono altri aspetti quali la durata dell’intervento e poi le condizioni soggettive legate al grado di sensibilità del paziente. Si tratta allora di mettere in atto tutte le profilassi previste dai protocolli di reparto, che devono rispondere alle linee guida delle Società Scientifiche di riferimento, e di rendere efficaci i sistemi di sorveglianza per poter valutare il rischio di infezioni del sito chirurgico, verificarne l’effettiva incidenza e individuare le strategie per la loro riduzione.
Nel frattempo la ricerca avanza e offre nuove piste da esplorare per delimitare meglio il problema. Come quella indicata da una nuova ricerca condotta in Svizzera secondo la quale la rumorosità della sala operatoria avrebbe effetti negativi proprio sui pazienti nella fase post-operatoria. Lo studio, presentato sul British Journal of Surgery nell’articolo “Adverse effect of noise in the operating theatre on surgical-site infection”, mostra che le infezioni della ferita chirurgica si verificano nei pazienti che subiscono operazioni in sale con un livello di rumore significativamente più alto.
L’indagine è stata condotta nelle cliniche universitarie di Neuchâtel e Berna dove i ricercatori hanno esaminato 35 pazienti che si sono sottoposti a importanti operazioni programmate all'addome. Hanno preso in considerazione la durata dell'intervento, i parametri demografici e i livelli di sonorità delle sale operatorie. Secondo i dati riportati dai team, il 17% ha sviluppato la SSI e l'unica variabile era il livello di rumore nella sala operatoria, che era significativamente più alto nel caso di pazienti che hanno sviluppato un'infezione: 43,5 decibel (dB), rispetto ai 25 dB per pazienti che non hanno sviluppato SSI. I ricercatori hanno trovato picchi di almeno 4 dB al di sopra della media nel 23% delle operazioni dei pazienti affetti da SSI, contro l'11% riscontrato in altri interventi. «Avendo trovato una significativa correlazione – hanno dichiarato - tra la SSI entro trenta giorni dall'intervento e più alti livelli di rumore nella sala operatoria, non possiamo fare a meno di concludere che il rumore sia collegato a un ambiente stressante o a una mancanza di concentrazione che si riflettono sui risultati dell'operazione».
Secondo gli autori della ricerca, i livelli di rumore sembrano aumentare in entrambi i gruppi un'ora dopo la prima incisione. Tale aumento potrebbe, secondo loro, essere dovuto alla complessità dell'intervento, ma le conversazioni su argomenti che non riguardavano il paziente sono risultate legate a un livello di rumore molto più alto, il che è probabilmente dovuto a una mancanza di concentrazione dell’èquipe di chirurghi. I ricercatori sottolineano peraltro che tale interpretazione è congetturale, perché la durata delle conversazioni non riguardanti il paziente non è stata registrata.
«I risultati del nostro studio – ha dichiarato uno degli autori, Guido Beldi, del Dipartimento di chirurgia viscerale e medicina dell'Ospedale universitario di Berna - suggeriscono che i livelli di rumore più alti nelle sale operatorie potrebbero indicare situazioni di difficoltà dell'intervento, un ambiente stressante, scarsa disciplina o concentrazione. Ognuno di questi fattori potrebbe far aumentare il rischio di SSI e di altre complicazioni».
Notevoli risultano le conseguenza della SSI: i pazienti sono costretti a restare in ospedale per una media di 7-13 giorni in più; con l’ulteriore implicazione di un aumento del costo di degenza che può arrivare a triplicarsi.
Adesso che l’allarme è stato lanciato bisognerà evitare che si traduca in un allarmismo. Sono senz’altro necessari ulteriori studi sulla fonte del rumore nelle sale operatorie e delle specifiche conseguenze che può avere sul comportamento e sul rendimento dei chirurghi. Bisognerà vedere se non ci sono altri parametri clinicamente importanti oltre a quelli considerati dai medici svizzeri e potranno essere interessanti le indagini estese ad altri centri e ad altre situazioni con le quali operare opportuni confronti. Si può comunque affermare che quello trovato dai ricercatori di Neuchâtel e Berna è più di un indizio.
(Michele Orioli)
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