Il Caso - Le bambine? Scartatele prima di nascere - Dilaga la piaga degli aborti selettivi in base al sesso del futuro figlio: i maschi preferiti alle femmine. Dalla Cina all’America l’uccisione prenatale crea forti squilibri demografici. L’impegno dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa per un fenomeno che si affaccia in Occidente - di Giovanni Maria Del Re, Avvenire, 14 luglio 2011
La piaga degli aborti «selettivi» per scegliere il sesso preferito, per lo più maschile, dilaga. E ormai non solo in Asia. A rilanciare l’allarme è l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (da non confondere con l’Ue), che si accinge, in autunno, ad approvare una risoluzione contro quello che viene chiamato ormai gendercide. L’iniziativa dell’Assemblea parlamentare è nata nel maggio 2010, quando Luca Volonté, capogruppo Udc alla Camera e membro dell’Assemblea parlamentare a Strasburgo, ha presentato una mozione sottoscritta da altri 21 parlamentari di quasi tutti i gruppi politici. Il gendercide, si legge, «ha portato a un enorme squilibrio tra nascite femminili e maschili. Tra i Paesi più duramente colpiti da questo nuovo trend ci sono la Cina (dove, secondo l’Accademia cinese delle scienze sociali, nascono 124 maschi ogni 100 femmine), l’India (dove, soprattutto in alcune regioni, la cifra è di 115-120 maschi), la Corea del Sud, Taiwan, ma anche Paesi europei». Nella bozza di rapporto preparato dalla parlamentare svizzera Doris Stump (socialista), nominata relatrice in vista della risoluzione da approvare in ottobre, si spiega che «a partire dagli anni Novanta, un gruppo di Paesi europei, tra cui l’Albania, l’Armenia, l’Azerbaigian e la Georgia, hanno cominciato a presentare uno squilibrio del rapporto tra i sessi alla nascita, raggiungendo 115-120 (maschi ogni 100 femmine n.d.r.) nel 2000». C’è poi il caso Svezia, la cui Authority per la salute e il welfare nel 2009, in risposta a richieste di chiarimenti da parte del primario di una clinica, ha dichiarato legale l’aborto basato solo sul sesso del nascituro. Secondo il rapporto che sta preparando la Stump, inoltre, la tendenza al gendercide a favore dei maschi ha ormai raggiunto anche le comunità immigrate, soprattutto cinesi e sudasiatiche, negli Usa, in Canada e in vari Paesi europei.
Per non parlare del business della scelta del sesso da parte di cliniche a caccia di soldi, con offerte via Internet e viaggi nei paesi in cui questa metodologia è già possibile: Stati Uniti, Messico, Egitto, Costa d’Avorio, Costa Rica, Colombia e Isole Cook. Secondo i firmatari della mozione, «lo squilibrio tra sessi costituisce una seria minaccia per la sicurezza globale. L’uccisione prenatale di bambine porterà nel prossimo futuro a un ulteriore, drastico calo dei tassi di nascita, che potranno minare pericolosamente la sostenibilità di intere economie nazionali». Inoltre, «è prevedibile che grandi numeri di giovani maschi senza prospettive di poter trovare una moglie e fondare una famiglia creino un pericoloso potenziale di disordini sociali, violenza e radicalizzazione politica».
La mozione chiede dunque forti limitazioni alla diagnostica prenatale, limitandola all’«identificazione delle condizioni mediche che possono esser trattate durante la gravidanza, impedendo che siano utilizzate per aborti selettivi del sesso». «Le risoluzioni del Consiglio d’Europa – spiega ad Avvenire Volontè – non hanno valore vincolante per gli Stati membri, ma quello che vogliamo fare è attirare con forza l’attenzione sul problema e fare pressione sugli Stati con la cosiddetta soft law. Il problema, del resto, è sottolineato anche all’Onu. Lo scorso giugno cinque agenzie delle Nazioni unite (Oms, Ohchr, Unfpa, Unicef, e Un Women) hanno diffuso una dichiarazione, accompagnata da un ampio rapporto, che chiede «sforzi rinnovati e concertati per affrontare una discriminazione di genere, profondamente radicata, contro donne e ragazze, che è al cuore della selezione del sesso». Da notare che né per l’Onu, né per l’Assemblea parlamentare, è da mettere in discussione l’aborto stesso. La stessa Assemblea, nel 2008, ha approvato una risoluzione in cui l’interruzione di gravidanza viene definita «un diritto incondizionato».
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