giovedì 14 luglio 2011

il libro - L’idea di «persona» messa alla prova dalle neuroscienze, di Luca Grion, Avvenire, 14 luglio 2011

C’è ancora spazio per la persona al tempo delle neuroscienze? O forse quella di persona è una nozione ormai superata, così come inattuale è la tradizione di pensiero che quel concetto ha faticosamente elaborato? A queste domande prova a rispondere un bel libro curato da Luigi Renna: «Neuroscienze e persona: interrogativi e percorsi etici» (Edizioni Dehoniane Bologna), volume in cui trova espressione un ampio progetto di ricerca promosso dalla Facoltà Teologica Pugliese di Bari. La sfida raccolta è duplice. Da un lato il volume si propone di «far dialogare le conoscenze delle neuroscienze con l’etica teologica» (p. 7). Dall’altro si impegna a rispondere alla provocazione rappresentata dal paradigma naturalistico, in base al quale le recenti scoperte in ambito neuroscientifico sono spesso interpretate come la prova provata della natura meramente materiale dell’essere umano.
Noti studiosi quali Dennett o Wegner ritengono, ad esempio, che le scienze del cervello mostrino l’illusorietà di una tradizione che radica la speciale dignità ascritta all’essere umano nella sua natura spirituale. Di qui il volto duplice delle scienze del cervello che, secondo gli autori, «possono contribuire a distruggere o a edificare l’uomo e il mondo, e tutto dipende dall’orientamento che ricevono» (p. 14).
La cosa non sembri esagerata: la riduzione della vita della mente alla mera attività (materiale) del cervello – indagabile con le recenti tecniche di neuroimaging – porta in dote la messa in discussione di concetti quali "coscienza", "libertà", "responsabilità". La posta in gioco è quindi molto alta. Ad essere messe in questione sono le basi stesse dell’etica e del diritto. Con equilibrio e pazienza i diversi contributi che compongono il volume curato da Luigi Renna (tra gli autori, Sanguineti, Lavazza, Gini e Spiri) cercano allora di «separare il grano dal loglio, la buona scienza (accurata, consapevole dei limiti e della continua rivedibilità delle singole scoperte) da quella frettolosa, a caccia di titoli, che spesso estende in modo indebito un risultato circoscritto, traendone conseguente generali indebite e infondate» (p. 73). Qui si gioca la partita decisiva: nel confronto tra un approccio pragmatico – quello che contraddistingue il metodo scientifico fin dal tempo in cui Galileo affermava di accontentarsi di indagare i fenomeni misurabili e quantificabili – e un approccio ideologico – il quale afferma che, in assoluto, non esiste null’altro che non sia misurabile e quantificabile. Da un lato il riduzionismo metodologico, dall’altro il riduzionismo ontologico. Servono allora ulteriori chiavi ermeneutiche da affiancare all’indagine empirica. Strumenti intellettuali capaci di cogliere ciò che è invisibile ai sensi, ma scrutabile con gli occhi dell’intelligenza. La persona è certamente una di queste chiavi, e chiede di essere riscoperta e valorizzata. 

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