mercoledì 1 giugno 2011

NUOVI STUDI SUGLI STATI VEGETATIVI: UN AIUTO PER CAPIRE I DISTURBI DI COSCIENZA - il 31 maggio 2011, da http://www.blogscienzaevita.org/

L’assistenza ai pazienti con disturbi prolungati di coscienza è gravata ancora da un alto tasso di errore diagnostico, riguardante circa il 30-40 % dei casi anche in recenti indagini. L’errore diagnostico riduce l’efficacia dell’approccio riabilitativo e favorisce lo sperpero di risorse impegnate per prestazioni non più utili e sottratte, invece, a pazienti che potrebbero giovarsene. Particolarmente importante è la corretta distinzione tra stato vegetativo e di minima coscienza, per avvicinarsi alla quale si è fatto ricorso all’uso di scale standardizzate come la CRS-R e alle indagini neurofisiologiche e alle neuroimmagini. Purtroppo, fino ad oggi, continuava a permanere un’area grigia nella quale alcuni pazienti in stato di minima coscienza non mostravano le risposte attese, mentre alcune delle persone in stato vegetativo sorprendentemente le presentavano. Nei giorni scorsi sono stati pubblicati su Science [2011 May 13;332(6031):858-62] i risultati di un importante studio condotto in collaborazione da studiosi dell’Università di Liegi, dell’University College di Londra e dell’Università di Milano. Questi ricercatori sono riusciti evocare, in risposta ad uno stimolo acustico, la presenza di un’onda di risposta dalle aree acustiche primarie della corteccia temporale che si spostava viaggiando verso le aree associative del lobo frontale, per poi ritornare verso il lobo temporale.  A somiglianza di quanto si verifica nei soggetti normali di controllo, il gruppo ha potuto documentare la prima parte di questo dialogo tra diverse aree cerebrali anche nei soggetti in stato vegetativo, mentre la risposta di ritorno dalla corteccia associativa frontale al lobo temporale era assente nei pazienti in stato vegetativo. I risultati di questa indagine rafforzano l’ipotesi che fa dipendere la coscienza dal dialogo continuo e bidirezionale tra le aree associative e quelle sensoriali primarie e potrebbero aiutare a comprendere meglio i disturbi di coscienza nelle gravi cerebrolesioni acquisite. Occorre tuttavia evitare che questo importante contributo di conoscenza, peraltro da verificare per quanto riguarda sensibilità e specificità dei risultati, si trasformi in una sorta di sentenza con la quale trovare la giustificazione per privare i pazienti in stato vegetativo da ogni intervento riabilitativo. Piuttosto esso dovrebbe incoraggiare a orientare lo sforzo riabilitativo e a sorvegliare la comparsa di segni precoci di recupero, conseguente alla riorganizzazione delle connessioni deficitarie.

Gian Luigi Gigli, Direttore della Cinica Neurologica e della Scuola di Specializzazione in Neurologia, Università di Udine

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