«Ecologisti, nemici dell'uomo» di Riccardo Cascioli, 02-06-2011, http://www.labussolaquotidiana.it
“L’idea che la natura sia buona e l’uomo cattivo è davvero stupida. Se davvero pensassimo che la natura sarebbe meglio senza l’uomo allora tanto varrebbe suicidarsi”. Può sembrare incredibile ma a parlare così è Patrick Moore, uno dei fondatori – nel 1971 – di Greenpeace, l’organizzazione ambientalista radicale forse più famosa al mondo. Solo che le strade di Greenpeace e di Moore nel 1986 si sono separate e quest’ultimo, come dice lui stesso, è diventato un “ambientalista ragionevole”, come dice il titolo italiano della sua autobiografia, appena uscita per i tipi di Dalai editore (“Confessioni di un fuoriuscito da Greenpeace”, aggiunge il sottotitolo). Lo abbiamo incontrato a Milano, tappa di un breve tour italiano, nella sede del Politecnico dove ha incontrato un piccolo gruppo di esperti di economia e politiche energetiche, per spiegare cosa sia e quanto sia conveniente un ambientalismo ragionevole e quanto sia invece pericoloso quell’ambientalismo incarnato da Greenpeace.
Patrick Moore, canadese di Vancouver, è stato per nove anni presidente di Greenpeace Canada e poi per altri sette anni direttore di Greenpeace International, quando all’inizio degli anni ’80 da associazione nazionale che lottava contro i test nucleari e la corsa al riarmo, è esplosa come organizzazione internazionale ecologista. Poi la rottura, e Patrick Moore fonda un’altra associazione, Greenspirit, che fa soprattutto informazione e consulenza sui temi ambientali.
Cosa ha spinto Moore a lasciare Greenpeace? “Si è trasformata in una associazione antiscientifica, antitecnologica, antiglobalizzazione e anticapitalista. In una parola Greenpeace è diventata antiumana”. Era così diversa all’inizio? “C’è sempre stata anche una componente anarchica e radicale – dice Moore – ma era minoritaria, e comunque non ci voleva certo un dottorato per rendersi conto dei pericoli dell’uso delle armi nucleari e della corsa al riarmo. La questione ecologica è venuta successivamente, quando ci mettemmo in testa di salvare le balene dalla caccia spietata che facevano soprattutto sovietici e giapponesi: anche qui non ci voleva certo una laurea per rendersi conto che evitare l’estinzione delle balene era una cosa buona. Una parte dei pacifisti e antinuclearisti più convinti rimase sconcertata per la scelta, eppure fu proprio grazie a un incidente con le baleniere sovietiche che Greenpeace divenne famosa in tutto il mondo e vide moltiplicarsi in pochissimo tempo associazioni nazionali e fondi a disposizione. Nel giugno 1975 intercettammo delle baleniere sovietiche a non più di 30 chilometri dalle coste della California e riuscimmo a filmare il momento in cui un arpione veniva lanciato sfiorando le nostre teste per andare a colpire sul dorso una femmina di capodoglio. Quelle immagini fecero rapidamente il giro del mondo e diedero una enorme notorietà a Greenpeace; inoltre per la maggior parte degli americani fu uno choc scoprire che i sovietici cacciavano regolarmente balene a pochi chilometri dalle loro coste. Ad ogni modo la crescita tumultuosa di Greenpeace International negli anni successivi ha spinto sempre più l’associazione su posizioni radicali e irrazionali, antiumane”.
Moore, cresciuto nella foresta intorno Vancouver , grande amante degli alberi che considera “la più grande fonte rinnovabile di energia e la risposta a tantissime esigenze dell’umanità, dall’energia alla costruzione”, non sopporta un ecologismo diventato superstizione, senza alcuna base scientifica se non l’odio verso l’umanità, parla del rischio che i verdi ci facciano piombare in “secoli bui dal punto di vista intellettuale”. E addirittura parla di “crimine contro l’umanità” il tentativo di impedire l’uso degli organismi geneticamente modificati in agricoltura: “Ogni anno 500mila bambini nel mondo perdono la vista per carenza di vitamina A e il 70% muore: una strage che potrebbe essere evitata con le coltivazioni Ogm, che invece vengono ostacolate”.
Su energia e sviluppo (“l’elettricità è un punto chiave per lo sviluppo”) Moore avverte del pericolo che ogni cosa venga fatta dipendere dalle politiche del clima. E’ qui che l’approccio anti-umano del movimento ecologista trova il suo culmine: “Gli esseri umani sono parte della natura, sono una parte bella e positiva della natura. Non c’è nulla di più lontano dalla realtà che credere che l’aumento della popolazione faccia morire la natura. Così come è totalmente sbagliata l’idea che l’aumento del consumo pro-capite di energia si risolva in un danno per l’ambiente. E’ invece la povertà ad avere un impatto ambientale enorme. Per questo è importante favorire lo sviluppo dei paesi poveri attraverso un grande cambiamento tecnologico”.
A cominciare dall’agricoltura, dove la meccanizzazione è la chiave per lo sviluppo: “Nelle società arretrate, l’80% delle persone è impegnata in agricoltura, impegnata a procurarsi il necessario per sopravvivere giorno dopo giorno. Senza che mai nessuno possa dedicarsi ad altro e senza mai riuscire a superare il livello di sussistenza. Solo la meccanizzazione permette di aumentare la produttività liberando al contempo moltissime energie per altri lavori. Così i popoli migliorano le loro condizioni. Ma gli ecologisti pretendono di imporre soltanto l’agricoltura biologica, impedendo lo sviluppo”.
E non ha paura Patrick Moore del riscaldamento globale? Sorride: “E’ vero, c’è un aumento della temperatura negli ultimi 130 anni, ma soprattutto perché si usciva da una fase di secoli molto freddi. In ogni caso siamo in un’era interglaciale, quindi la Terra andrà ineluttabilmente verso una nuova glaciazione: tra mille anni, duemila, non lo sappiamo. Comunque, da un punto di vista scientifico non c’è alcuna prova che l’uomo sia responsabile di questo riscaldamento. Poi francamente non capisco questa paura di un aumento delle temperature: l’uomo è una specie tropicale, non polare. Non siamo pinguini, i nostri progenitori venivano dall’equatore, siamo fatti per il caldo. E’ dimostrato che se non fossimo vestiti, a una temperatura di 20°C, all’ombra, non potremmo sopravvivere. Dunque, perché avere paura del riscaldamento?”.
Senza considerare che il ruolo dell’anidride carbonica, CO2, nell’aumento delle temperature è tutto da dimostrare: “E’ chiaro che se aumentasse la concentrazione di CO2 restando ferme tutte le altre variabili che contribuiscono a formare il clima, questo comporterebbe un aumento delle temperature. Ma possiamo affermare che tutti gli altri elementi sono fissi? No”. Eppure ormai nell’immaginario collettivo la CO2 è diventata il mostro, il nemico numero uno, considerato un inquinante quando è invece l’elemento fondamentale della vita: “Su questo punto si gioca sulle parole: anche se la gente pensa diversamente, inquinamento non è un termine scientifico, è un giudizio. Infatti dicono che la CO2 è inquinante, non dicono che è tossica. Un elemento o un oggetto inquinante è semplicemente qualcosa che, per diversi motivi, non dovrebbe esserci, è qualcosa che crea un problema. E siccome la CO2 è considerata un problema per il clima, viene definita inquinante, ma la percezione dell’opinione pubblica è ovviamente diversa. E’ una terminologia fuorviante, ma non è casuale”.
Mentre invece non si agisce su ciò che inquina veramente: “I verdi sono il più grosso ostacolo alla riduzione dei combustibili fossili, perché si oppongono a qualsiasi alternativa: dal nucleare alle pompe geotermiche fino alle vere fonti rinnovabili, legno e acqua che insieme costituiscono il 90% delle rinnovabili. Le fonti rinnovabili migliori sono infatti quelle che è possibile immagazzinare, che possono essere disponibili a richiesta. L’idroelettrico per esempio è fondamentale, ma i verdi non vogliono far costruire le dighe. E’ un’assurdità, dicono che rovina l’ecosistema ma è vero il contrario: si creano dei laghi artificiali che diventano un paradiso di biodiversità oltre a rispondere ai bisogni dell’uomo. Prendiamo il caso della Diga delle Tre Gole in Cina, la più grossa centrale idroelettrica costruita: gli ecologisti hanno creato ostacoli di ogni tipo per impedirne la costruzione. Oggi c’è un bel lago e produce tanta energia pari a quella per cui sarebbero necessarie 40 centrali a carbone. Inoltre prima, per le alluvioni morivano ogni anno migliaia di persone, ora non più. Si fa bene all’uomo e si fa bene all’ambiente, questa è la realtà”.
Sole e vento? “Non è possibile immagazzinarli, e sono terribilmente costosi rispetto alle altre fonti. Per questo, chi sostiene che l’alternativa siano eolico e fotovoltaico in realtà sta spingendo per l’uso dei combustibili fossili”.
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