venerdì 17 giugno 2011

Germania - «Dallo Stato voglio i farmaci per uccidermi», Avvenire, 16 giugno 2011

Farà discutere la decisione della Corte europea dei diritti umani con la quale si è giudicato ammissibile il ricorso che va sotto il nome di «Koch vs Germany». Ulrich Koch è un cittadino tedesco, oggi vedovo, che ha presentato un esposto contro il governo, reo a suo dire di non aver garantito alla moglie la dose di pentobarbital necessaria per suicidarsi. Alla donna, che a causa di un incidente soffriva della paralisi dei quattro arti, i medici avevano diagnosticato un’aspettativa di vita di almeno quindici anni. In particolare, la richiesta della sostanza letale era stata avanzata al Bundesinstitut für Arzneimittel und Medizinprodukte (Bfarm), l’agenzia del farmaco tedesca.
Ma, il 16 dicembre 2004, la stessa agenzia oppose alla richiesta della donna un netto rifiuto basato sulla legge tedesca in tema di narcotici e sulla considerazione che il desiderio di suicidarsi è diametralmente opposto allo scopo della stessa legge, che parla di cure opportune per l’individuo. Nel gennaio successivo, la donna presenta un ricorso contro la decisione dell’agenzia. Il mese successivo i coniugi Koch scelgono di recarsi in Svizzera dove il 12 febbraio la donna, allora cinquantacinquenne, si suicida.
Il mese dopo il Bfarm conferma il primo parere: non è lecito fornire a un paziente una dose di sostanze medicinali se lo scopo preciso è quello di somministrarle per causare la morte. Ad aprile 2005 il marito della donna presenta un nuovo ricorso, giudicato inammissibile nel febbraio 2006. Nei due anni successivi nuovi pronunciamenti vanno ancora nella medesima direzione: non esiste per un coniuge il diritto a chiedere l’assistenza al suicidio per il consorte e l’agenzia del farmaco non è tenuta a soddisfare la richiesta di morte di un paziente.
Si arriva così alla Corte europea dei diritti dell’uomo. A fronteggiarsi, oltre al diretto interessato e al governo tedesco, terze parti coinvolte nelle audizioni: Dignitas e un’associazione prolife tedesca, la Aktion Lebensrecht für Alle (Alfa, Azione per il
diritto alla vita di tutti). Secondo Dignitas, la scelta di come terminare la propria vita fa parte dell’inviolabile autodeterminazione dell’individuo, mentre per Alfa il «diritto a morire» non è mai stato riconosciuto a livello internazionale e, laddove si è reso legale il suicidio assistito, non mancano casi di frequenti abusi. Sulla base delle testimonianze e delle ragioni delle parti coinvolte, la Corte europea dei diritti dell’uomo , con una decisione a maggioranza, ha dunque dichiarato ammissibile l’istanza di Ulrich Koch. Le basi della decisione sono da ricercarsi, secondo la Corte, nella necessità di valutare se è stato violato l’articolo 8 della «Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali», che parla del «diritto al rispetto della vita privata e familiare» e si oppone all’ingerenza delle istituzioni pubbliche su di essa. Il caso dovrà ora essere esaminato e la Corte sarà chiamata a decidere se esiste un diritto a morire e se esso sia da considerarsi una semplice questione privata e familiare.
(L.Sch.)

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