venerdì 17 giugno 2011

Quando l’eutanasia «dona» gli organi per i trapianti - In Belgio impiantati i polmoni di quattro pazienti con malattie neurologiche che hanno scelto il suicidio assistito - Il direttore del Centro italiano trapianti, Nanni Costa: la decisione non può essere presa solo sulla base della qualità. E il consenso non è detto sia libero - di Lorenzo Schoepflin, Avvenire, 16 giugno 2011

In Belgio i medici usano per i trapianti organi prelevati da persone morte grazie all’eutanasia.
È quanto emerge da un recente studio che affronta le problematiche del trapianto di polmone da «donatori dopo eutanasia», pubblicato sulla rivista scientifica Applied Cardiopulmonary Pathophysiology. I dati dell’articolo si riferiscono al triennio 2007-2009. In particolare, sono quattro i casi esaminati in cui l’organo è stato espiantato da un paziente sottoposto ad eutanasia, due risalenti al 2007 e due al 2009. Tre di essi soffrivano di un «disturbo fisico insopportabile» (sclerosi multipla o malattia neurologica), mentre uno era affetto da disturbi mentali, e tutti avevano manifestato il desiderio di donare gli organi una volta ottenuto il via libera all’eutanasia. Prima di procedere al trapianto, un comitato etico degli ospedali coinvolti aveva concesso il proprio nulla osta.
Nonostante nelle conclusioni dello studio si dichiari che il numero di casi analizzati è troppo basso per costituire un fondamento per risultati generali, le condizioni dei tre pazienti ad oggi sopravvissuti al trapianto spingono gli autori ad affermare che «ci si può aspettare una differenza» rispetto agli altri donatori, dal momento che la qualità del trapianto potrebbe essere superiore ad ogni altro caso di morte cerebrale o arresto cardiaco del donatore. Questo perché «a differenza degli altri donatori, quelli soggetti ad eutanasia non hanno sperimentato una fase di agonia», anche se «non è ancora noto il possibile effetto tossico di una dose letale di barbiturici sui tessuti del polmone». Nell’articolo si fa cenno anche a sei precedenti casi di trapianti post-eutanasia in Belgio e si specifica che le numerose offerte di donazione di organi da parte di chi sceglie l’eutanasia non possono essere soddisfatte poiché nella maggioranza dei casi si tratta di pazienti allo stato terminale di un tumore.
A sostegno di tale prassi, nell’articolo si citano le raccomandazioni del Comitato etico di Eurotransplant, organizzazione che si occupa di trapianti e che coinvolge Austria, Belgio, Croazia, Germania, Lussemburgo, Olanda e Slovenia, nelle quali si illustrano precisi protocolli per organi espiantati dopo che si è proceduto ad una eutanasia.
«Certamente quanto emerge dall’articolo è inquietante – ci dice Alessandro Nanni Costa, direttore del Centro nazionale trapianti – ed è impossibile non fare considerazioni dove etica e legge si intrecciano».
Innanzitutto, nel contesto italiano, dove l’eutanasia non è legale, il problema specifico non è all’ordine del giorno. «Ma – fa notare Nanni Costa – la legge italiana 91/99 vieta "l’importazione di tessuti e di organi a scopo di trapianto da Stati la cui legislazione prevede la possibilità di prelievo e relativa vendita di organi provenienti da cadaveri di cittadini condannati a morte"».
Questo significa che la legge indica la necessità di stabilire categorie etiche per le quali la donazione degli organi non è ammessa. «La decisione sull’ammissibilità della donazione da parte di pazienti morti per eutanasia non può essere presa sulla base della qualità dell’organo e del successo del trapianto. La donazione deve essere un atto libero e gratuito, è questo il presupposto», prosegue il direttore del Cnt. «Quando parliamo di eutanasia, invece, siamo di fronte ad una persona che sa di morire, come nel caso appunto di un condannato a morte. Si può davvero credere che il consenso al prelievo sia autenticamente libero?».

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