giovedì 4 novembre 2010

«Locked in», dallo scafandro un silenzio che parla - Sono 600 i casi in Italia di pazienti lucidi ma costretti a una totale immobilità e impossibilitati a comunicare. Una forma di disabilità grave che ha margini di recupero grazie all’uso delle nuove tecnologie Le famiglie che li assistono: troppo spesso lasciati soli Congresso nazionale in Piemonte  di Chiara Genisio – Avvenire, 4 novembre 2010

Per un giorno sono stati loro i protagonisti. Per poche ore il silenzio che li avvolge è diventato parola, confronto, speranza, impegno. Ogni giorno migliaia di persone vivono prigioniere in un’immobilità totale, senza voce. Uomini e donne invisibili che lottano per sopravvivere, troppo spesso dimenticati dalla società: tra loro anche centinaia di pazienti affetti dalla sindrome «locked-in» (Lis) che relega una persona lucida e vigile dentro un corpo che pare esanime e impedisce quasi ogni forma di comunicazione. «Lo scafandro e la farfalla« («Le scaphandre et le papillon») è il libro che parla di loro, i ricordi del giornalista francese Jean-Dominique Bauby colpito dalla «Lis», che ha fatto parlare in tutto il mondo di questa patologia, e da cui il regista americano Julian Schnabel ha realizzato l’omonimo e toccante film premiato a Cannes.
Le storie di questi malati, le possibilità di futuro, ciò che viene messo in campo in Italia e all’estero sono stati al centro del convegno «La vita dietro al coma» che si è svolto a Bra (Cuneo) nei giorni scorsi, organizzato dalle associazioni «Gli amici di Daniela» onlus, Lisa onlus, Encefalon per le neuroscienze e dall’Asl Cn2. Nove ore di relazioni scientifiche, di testimonianze e d’interventi dei familiari che hanno dimostrato come in Italia si continui a sapere poco del coma, dello stato vegetativo e della Lis.

E’ emerso che gli stessi medici non conoscono bene queste realtà troppo spesso strumentalizzate. E anche gli addetti ai lavori a volte brancolano nel buio. Eppure i vari relatori internazionali – primo fra tutti Steven Laureys, del dipartimento di Neurologia dell’Università di Liegi – hanno dimostrato quanta strada e quanti progressi si potrebbero compiere nella conoscenza degli stati vegetativi. Passi avanti importanti si stanno percorrendo in Francia, Germania, Austria, mentre in Italia persiste una scarsa informazione in materia. Le conseguenze sono immediate sia sul piano delle diagnosi che sulla possibilità di un’assistenza sanitaria adeguata. Dalla platea è emersa la solitudine delle famiglie ma anche la certezza che «il coma non può essere Iconsiderato l’ultima frontiera del vivere». Perché coloro che vivono nella 'zona grigia' fra la vita e la morte sono testimoni viventi di valori e di significati legati all’esistenza e alla gratuità che insegnano ciò che conta davvero nella vita di ciascuno. lavori del convegno si sono soffermati, in particolare, sulla sindrome di Locked in. Un’invalidità che lascia la corteccia cerebrale intatta, quindi la facoltà di capire e di pensare, di ragionare, di avere coscienza del proprio stato. Una forma di disabilità grave che ha margini notevoli di recupero (se diagnosticata in tempi rapidi) almeno nella comunicazione, grazie all’uso del computer e delle nuove tecnologie. La premessa fondamentale, però, è che ci sia personale sanitario formato per affrontarla e che le persone affette da Lis non vengano considerare «vuoti a perdere», «vivi da gettare via». In Italia sono più di seicento le persone colpite da questa sindrome. «Vivono chiuse dentro una corazza: vedono, ascoltano, si emozionano, si disperano, lottano per sopravvivere, ma non possono comunicare in nessun modo, in una immobilità totale», spiega Mariapia Bonanate, giornalista e scrittrice, che ne parla per esperienza diretta. ono passati infatti cinque anni da quanto un ictus ha piegato la vita di suo marito, con la diagnosi di sindrome Locked-in. Con i suoi figli ha scelto di intraprendere con lui una nuova vita tra le pareti della loro casa, «un’avventura al buio». «Esiste – racconta la giornalista –, noi lo amiamo nel mistero di una condizione che non ci è dato di capire. E se ami fai quanto è possibile perché chi sta male non soffra, accetti che segua percorsi che tu non conosci, e che la stessa medicina non riesce ad esplorare». Giorno dopo giorno «s’impara un linguaggio nuovo, quello che non ha bisogno di suoni, arriva direttamente dai sensi. Il suo silenzio ha iniziato a parlarci. A farci capire ciò che vale, ci ha folgorati sulla precarietà e sulla vanità di tutto quanto prima pareva importante. Ci parla dell’essenza dell’uomo». Ma nella quotidianità che necessita di un’assistenza continua le famiglie vengono ancora lasciate sole. Da Bra è nato il desiderio di unire le voci per chiedere assistenza adeguata, e di non essere dimenticati. 

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