domenica 23 gennaio 2011

22 Gennaio 2011 - Una ripresa non solo Biopolitica - Brutto segnale se a decidere sulle questioni eticamente sensibili –quelle su vita e morte – sono i tribunali - lo stesso se a occuparsene sono i legislatori - Pubblichiamo un recente editoriale di Clementina Isimbaldi di Medicina e Persona – da http://www.comitatoveritaevita.it

La ripresa dell’inizio del nuovo anno, è all’insegna della biopolitica. Lo scontro politico è ora tutto su contenuti “bioetici” riguardanti l’inizio vita – la decisione del TAR di bocciare le Linee Guida lombarde sulla 194 – (Atto di indirizzo della Regione Lombardia; “Non ci servono giudici in corsia” di B. Frigerio, Tempi 12/01/2011) e del fine vita. “Brutto segnale se a decidere sulle questioni eticamente sensibili –quelle su vita e morte – sono i tribunali”. Così Avvenire il 4/01 (194 due pesi due misure). E noi aggiungiamo: lo stesso se a occuparsene sono i legislatori, cioè il Parlamento. Non vogliamo con questo ribadire con altri quella che ormai è una evidenza, cioè che i temi etici – con contenuti limati e patteggiati ad hoc - sono divenuti pretesto e “collante” per alleanze politiche, per mettere insieme una maggioranza altrimenti non recuperabile su progetti politici reali, di pertinenza prettamente politica (le riforme). La politica è l’arte della mediazione.
Regolamentare la vita e la morte “patteggiandole” significa averne già accettata la relativizzazione rispetto a quell’epoca storica in cui se ne discute. Certo fa specie che sia un Parlamento a dover dissertare di temi che esulano totalmente dalla sua competenza, come quando si discute di quale assistenza sia dovuta a un uomo malato, alla fine della sua vita. Chi cura e assiste i malati sa bene che solo la condizione clinica di ciascun paziente può determinare la scelta del medico che lo assiste. Dopo l’approvazione della norma di legge l’agire del medico sarà inevitabilmente condizionato da essa, da un foglio di carta o dal parere di “fiduciari”, presi a sicuri interpreti della volontà del malato. Il testo di legge attuale - pur nel tentativo di difendere la dignità della vita (“idratazione e alimentazione sono sostegno vitale e non si possono sospendere”) -, è inevitabilmente a rischio di legittimazione dell’abbandono terapeutico (cioè di eutanasia passiva) nei punti in cui prevede la loro sospensione in caso di assistenza a un “malato terminale” (oggi non c’è in letteratura una definizione univoca su chi è malato terminale, Eluana non lo era eppure è stata diagnosticata tale) e nei casi in cui il medico dissente dalle volontà anticipate del paziente, venendo così sostituito da una commissione di “esperti”. Accadrebbe per legge quello che si è verificato nei giorni scorsi a Firenze (Biotestamento, sì del Tribunale - Il Corriere della Sera 13/01/2011).
In America la spesa sanitaria per pazienti che hanno scelto la gestione del proprio fine vita con le direttive anticipate è di molto inferiore a quella di chi non ha dato disposizioni: “Patients without advance directives have significantly higher terminal hospitalization charges than those with advance directives. Our investigation suggests that the preferences of patients with advance directives are to limit care and these preferences influence the cost of terminal hospitalization”.
(Arch Intern Med. 1994;154:2077-2083). La differenza di spesa è un dato indiretto circa il tipo di non trattamento che i primi possono aver ricevuto, pur in un paese ricco come l’America, che tuttavia da sempre non considera l’assistenza sanitaria tra i diritti fondamentali.
E’ questo il difetto delle leggi di oggi. Si vogliono regolamentare materie che non sono proprie del livello legislativo, ma della responsabilità di ognuno nella vita quotidiana, ad esempio della medicina e della professionalità di ogni medico. Questa responsabilità non la supplisce una legge, occorre altro. Si cura un paziente non perché lo dice una legge, ma perché questo è lo scopo della medicina. Oggi serve una nuova medicina, che affronti i bisogni emergenti; necessita la formazione di medici ancora motivati allo scopo della loro professione, è necessario lo sviluppo delle cure palliative. I malati cronici e fragili diverranno sempre più numerosi e una nuova modalità di accoglienza con nuove strutture, a più basso livello tecnologico e maggior carico assistenziale saranno l’unica soluzione di rispetto della vita e quindi anche del fine vita. Come dice Papa Benedetto XVI: “La volontà politica in definitiva non può divenire efficace sin tanto che non nascerà nell’intera umanità una nuova e più profonda coscienza morale, una concreta disponibilità alla rinuncia che per il singolo diventi criterio morale che decida del proprio stile di vita. […] Sin tanto che questo non accadrà, la politica sarà impotente” (da Luce del mondo)
Buona ripresa a tutti.
Editoriale a cura di C. Isimbaldi

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