giovedì 27 gennaio 2011

Una provetta piena di utilitarismo - La fecondazione eterologa con 'donatori' in famiglia? È il tipico caso di libertà senza verità né responsabilità: qui non c’è più etica ma puro e semplice arbitrio  - contromano di Michele Aramini, Avvenire, 27 gennaio 2011

La Società Europea di riproduzione umana ed em­briologia (Eshre), che ha tra i suoi fondatori Robert Edwards, recentemente insignito del premio No­bel per la medicina, ci ha dato la bella notizia che la procreazione medicalmente assistita tra familiari (Imar) può essere moralmente accet­tabile. In un articolo pubblicato sulla rivista Hu­man reproduction gli esperti dell’Eshre ci ricor­dano quattro princìpi etici: autonomia, giusti­zia, benefici e 'non svantaggi'. Poi viene la per­la: «Ogni individuo deve poter scegliere la per­sona con cui riprodursi ed è comprensibile che voglia preservare una sorta di identità genetica con il bambino, scegliendo un donatore nella famiglia».
Dopo aver posto tali 'fondamenti' etici si pre­cisano alcuni rischi da evitare. Ne citiamo solo un paio: ci possono essere pressioni dal donatore o dalla madre surrogata che pos­sono portare a problemi psicologici. L’Eshre poi ritiene che il bambino abbia il diritto di essere informato sulle sue origini, ma se c’è il rischio di confusione allora bisogna accettare il segreto da parte dei genitori. Risparmio al lettore altre assurdità.

Nell’articolo non c’è nulla di etico. Occorre però considerarlo perché questo modo di ragionare si va diffondendo sempre di più tra quanti han­no abbracciato un comodo e cattivo utilitari­smo. I quattro punti etici di cui si parla sono i vecchi e stracriticati princìpi di una corrente bioe­tica nordamericana; essi si riducono al solo prin­cipio di autonomia, che detto così sembra roba nobile, mentre se lo si chiama per quello che è nella sostanza 'faccio quello che voglio' rivela il tremendo aspetto di arbitrarietà e di violenza che sta alla base di certa etica.

Gli altri tre princìpi valgono solo se coincidono con il primo. Si pensi un momento alla ba­nalità del 'principio' che le azioni debbo­no portare benefici e non svantaggi: siamo già nel campo dell’aborto eugenetico. Perciò non bi­sogna mai stancarsi di dire che la libertà deve stare insieme alla verità, quindi alla responsa­bilità e ai diritti degli altri. Altrimenti non c’è e­tica, ma arbitrio.
Detto questo, si capisce come gli altri cosiddet­ti principi etici proposti dall’Eshre siano solo dei meschini accorgimenti per limitare eventuali danni e inconvenienti. n’ultima annotazione, ma assolutamente importante, va riservata a tutti coloro che hanno responsabilità politica. Chi lodevol­mente si impegna nelle istituzioni italiane ed eu­ropee a difesa della vita, sa che sono associa­zioni come l’Eshre a diffondere tra i medici e nel­l’opinione pubblica la concezione che la perso­na umana nei suoi inizi sia solo un oggetto bio­logico. Sono le commissioni di lavoro che pre­parano progetti di legge che contano e che spes­so sono occupate da funzionari privi di una ve­ra etica. Perciò i politici hanno la responsabilità di trovare strumenti concreti politici, culturali, educativi, che possano adeguatamente contra­stare il deprezzamento della persona e dell’eti­ca. Soprattutto bisogna avere cura di nominare persone di qualità e amiche della vita nelle com­missioni e nei convegni, perché non sono solo i grandi livelli a determinare i comportamenti, ma sono rilevantissimi questi livelli intermedi, perché in essi si decide cosa fare nella pratica. 

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