venerdì 28 gennaio 2011

Fine vita, la legge va in Aula - Di Virgilio: «Meglio tornare a dichiarazioni non vincolanti» - «Ma nel resto – puntualizza – la proposta che sarà discussa alla Camera dal 21 febbraio è migliore», di Pierluigi Fornari, Avvenire, 28 gennaio 2011

La proposta di legge sul fine vita approderà nell’aula della Camera il 21 febbraio. Lo ha annunciato ieri Giuseppe Palumbo (Pdl), presidente della com­missione Affari sociali di Montecitorio, che ha esaminato e approvato il testo. «La prossima settimana o al massimo all’inizio di quella successiva – ha preci­sato – arriveranno i pareri delle commissioni Giustizia e Affari costituzionali. Ma l’importante è aver ottenuto il via libera della commissione Bilancio». Que­st’ultimo pronunciamento è arrivato una settimana fa. Se resteranno i piedi le modifiche apportate in commissione rispetto alla versione del Senato, il testo dovrà tornate a Palazzo Madama per una loro ratifica. Gli adempimenti che re­stano da espletare in commissione sono l’esame degli ultimi pareri ed il man­dato al relatore. Il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella, ha ribadito in­tanto che il governo auspica che si arrivi nel più breve tempo possibile alla leg­ge, non escludendo però cambiamenti rispetto al testo uscito dalla Affari so­ciali. «Il testo è di iniziativa parlamentare e già sono state fatte alcune correzioni in commissione – ha ricordato il sottosegretario con delega alle materie bioe­tiche –. Non è escluso che possano essercene delle altre in aula». Peraltro, «al Se­nato almeno in un paio di casi il governo è stato smentito dalla sua stessa mag­gioranza, e proprio nel senso di maggiori garanzie in difesa della vita».


Di fronte alle spinte eutanasiche di un’ideologia relativista e di economie di­sumane, la legge sul fine vita che dal 21 febbraio approda nell’aula della Camera «sal­vaguarda la professionalità del medico orienta­ta alla salute e alla vita del paziente, rispettan­done la dignità e tenendo conto delle sue indi­cazioni come previsto dalla Convenzione di O­viedo e dall’articolo 32 della Costituzione». Ne è convinto il relatore Domenico Di Virgilio, per­ché «l’unico modo vero per attuare questi prin­cipi è l’alleanza terapeutica, che nella legge ha un ruolo prioritario». E proprio in base ad essa, il parlamentare vicepresidente del gruppo del Pdl trae alcune conseguenze sulla attuale for­mulazione della proposta: «Dopo aver a lungo riflettuto e letto, per quanto riguarda l’articolo 7, ritengo più giusto tornare al testo approvato dal Senato e cioè che il parere del collegio a cui si fa ricorso in caso di controversia tra fiducia­rio e medico curante non sia vincolante. È un mio parere personale ricavato dalla esperienza di primario ospedaliero e non a titolo di relato­re. L’aula della Camera è sovrana, ma ritengo che vadano rispettate le convinzioni di caratte­re scientifico e deontologico».

Perché è importante la non vincolatività?

Il medico deve poter tenere conto del pro­gresso della scienza che si è verificato dopo la redazione delle dichiarazioni anticipate, cosa che non sarebbe possibile con la vincolatività.

A parte l’articolo 7 cosa pensa del testo che arriva in aula?

Ritengo che la commissione Affari socia­li della Camera l’abbia migliorato rispet­to alla formulazione del Senato. Ad e­sempio all’articolo 1 è stato specificato che è vietata in modo assoluto qualsiasi forma di eutanasia. Nel secondo si pun­tualizza che le decisioni relative al sog­getto incapace devono essere adottate a­vendo come scopo non solo la sua salute ma anche la sua vita.

Ma è stato modificato anche l’articolo 3

relativo al divieto di sospendere alimen­tazione e idratazione...

Si ribadisce che queste forme di sostenta­mento vitale non possono fare oggetto di di­chiarazioni anticipate, non essendo tratta­mento medico. Ma, sulla base della mia e­sperienza di medico, ho fatto approvare co­me relatore una norma la quale prevede che nel caso in cui non risultino più efficaci nel fornire al paziente i fattori nutrizionali ne­cessari alle funzioni fisiologiche essenziali del corpo, possano essere sospese. Ci sono dei casi evidenti infatti in cui continuare ad idra­tare può essere nocivo provocando ad esem­pio uno scompenso acuto. È solo in questi ca­si che tali cure essenziali possono essere so­spese.

Non c’è il rischio di una formulazione vaga di accanimento terapeutico?

L’articolo 1 afferma chiaramente che il medi­co deve astenersi da trattamenti straordinari non proporzionati, non ef­ficaci o tecnicamente ade­guati rispetto alle condi­zioni cliniche del paziente o agli obiettivi di cura. An­che il magistero ha sottoli­neato che la rinuncia a trat­tamenti sproporzionati, i­nutili o dannosi non equi­vale al suicidio o all’euta­nasia, ma esprime «piutto­sto l’accettazione della condizione umana di fron­te alla morte».

A chi è indirizzata la legge?

La legge uscita dal Senato riguardava uni­camente i soggetti in stato vegetativo, con l’approvazione di un mio emendamento in­vece il testo che ora va in discussione nel­l’aula della Camera estende la platea a tut­ti i soggetti che si possono trovare in modo permamente in una condizione di incapa­cità di comprendere le informazioni circa il trattamento sanitario e di assumere le de­cisioni che lo riguardano.

Altre modifiche importanti?

La previsione che l’assistenza ai soggetti in stato vegetativo rientra nei livelli essenzia­li di assistenza e deve essere assicurata attra­verso prestazioni ospedaliere, residenziali e domiciliari. 

Nessun commento:

Posta un commento