Fine vita, la legge va in Aula - Di Virgilio: «Meglio tornare a dichiarazioni non vincolanti» - «Ma nel resto – puntualizza – la proposta che sarà discussa alla Camera dal 21 febbraio è migliore», di Pierluigi Fornari, Avvenire, 28 gennaio 2011
La proposta di legge sul fine vita approderà nell’aula della Camera il 21 febbraio. Lo ha annunciato ieri Giuseppe Palumbo (Pdl), presidente della commissione Affari sociali di Montecitorio, che ha esaminato e approvato il testo. «La prossima settimana o al massimo all’inizio di quella successiva – ha precisato – arriveranno i pareri delle commissioni Giustizia e Affari costituzionali. Ma l’importante è aver ottenuto il via libera della commissione Bilancio». Quest’ultimo pronunciamento è arrivato una settimana fa. Se resteranno i piedi le modifiche apportate in commissione rispetto alla versione del Senato, il testo dovrà tornate a Palazzo Madama per una loro ratifica. Gli adempimenti che restano da espletare in commissione sono l’esame degli ultimi pareri ed il mandato al relatore. Il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella, ha ribadito intanto che il governo auspica che si arrivi nel più breve tempo possibile alla legge, non escludendo però cambiamenti rispetto al testo uscito dalla Affari sociali. «Il testo è di iniziativa parlamentare e già sono state fatte alcune correzioni in commissione – ha ricordato il sottosegretario con delega alle materie bioetiche –. Non è escluso che possano essercene delle altre in aula». Peraltro, «al Senato almeno in un paio di casi il governo è stato smentito dalla sua stessa maggioranza, e proprio nel senso di maggiori garanzie in difesa della vita».
Di fronte alle spinte eutanasiche di un’ideologia relativista e di economie disumane, la legge sul fine vita che dal 21 febbraio approda nell’aula della Camera «salvaguarda la professionalità del medico orientata alla salute e alla vita del paziente, rispettandone la dignità e tenendo conto delle sue indicazioni come previsto dalla Convenzione di Oviedo e dall’articolo 32 della Costituzione». Ne è convinto il relatore Domenico Di Virgilio, perché «l’unico modo vero per attuare questi principi è l’alleanza terapeutica, che nella legge ha un ruolo prioritario». E proprio in base ad essa, il parlamentare vicepresidente del gruppo del Pdl trae alcune conseguenze sulla attuale formulazione della proposta: «Dopo aver a lungo riflettuto e letto, per quanto riguarda l’articolo 7, ritengo più giusto tornare al testo approvato dal Senato e cioè che il parere del collegio a cui si fa ricorso in caso di controversia tra fiduciario e medico curante non sia vincolante. È un mio parere personale ricavato dalla esperienza di primario ospedaliero e non a titolo di relatore. L’aula della Camera è sovrana, ma ritengo che vadano rispettate le convinzioni di carattere scientifico e deontologico».
Perché è importante la non vincolatività?
Il medico deve poter tenere conto del progresso della scienza che si è verificato dopo la redazione delle dichiarazioni anticipate, cosa che non sarebbe possibile con la vincolatività.
A parte l’articolo 7 cosa pensa del testo che arriva in aula?
Ritengo che la commissione Affari sociali della Camera l’abbia migliorato rispetto alla formulazione del Senato. Ad esempio all’articolo 1 è stato specificato che è vietata in modo assoluto qualsiasi forma di eutanasia. Nel secondo si puntualizza che le decisioni relative al soggetto incapace devono essere adottate avendo come scopo non solo la sua salute ma anche la sua vita.
Ma è stato modificato anche l’articolo 3
relativo al divieto di sospendere alimentazione e idratazione...
Si ribadisce che queste forme di sostentamento vitale non possono fare oggetto di dichiarazioni anticipate, non essendo trattamento medico. Ma, sulla base della mia esperienza di medico, ho fatto approvare come relatore una norma la quale prevede che nel caso in cui non risultino più efficaci nel fornire al paziente i fattori nutrizionali necessari alle funzioni fisiologiche essenziali del corpo, possano essere sospese. Ci sono dei casi evidenti infatti in cui continuare ad idratare può essere nocivo provocando ad esempio uno scompenso acuto. È solo in questi casi che tali cure essenziali possono essere sospese.
Non c’è il rischio di una formulazione vaga di accanimento terapeutico?
L’articolo 1 afferma chiaramente che il medico deve astenersi da trattamenti straordinari non proporzionati, non efficaci o tecnicamente adeguati rispetto alle condizioni cliniche del paziente o agli obiettivi di cura. Anche il magistero ha sottolineato che la rinuncia a trattamenti sproporzionati, inutili o dannosi non equivale al suicidio o all’eutanasia, ma esprime «piuttosto l’accettazione della condizione umana di fronte alla morte».
A chi è indirizzata la legge?
La legge uscita dal Senato riguardava unicamente i soggetti in stato vegetativo, con l’approvazione di un mio emendamento invece il testo che ora va in discussione nell’aula della Camera estende la platea a tutti i soggetti che si possono trovare in modo permamente in una condizione di incapacità di comprendere le informazioni circa il trattamento sanitario e di assumere le decisioni che lo riguardano.
Altre modifiche importanti?
La previsione che l’assistenza ai soggetti in stato vegetativo rientra nei livelli essenziali di assistenza e deve essere assicurata attraverso prestazioni ospedaliere, residenziali e domiciliari.
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