Le famiglie pagano i costi della politica di Gianfranco Fabi, 18-07-2011, http://www.labussolaquotidiana.it
C'è un dato di fondo molto importante nella rapidissima approvazione della manovra economica da parte del Parlamento: il fatto che quando si vuole, e quando c'è una concordanza di intenti, è possibile varare in tempi brevi riforme anche complesse.
Ma quando si passa dalla bontà delle procedure ai contenuti delle misure non si può non rilevare come di positivo resta essenzialmente l'obiettivo di giungere al pareggio di bilancio nel 2014, ma sui modi dell'intervento e sui contenuti delle misure appaiono molte perplessità.
Un dato di fondo preliminare. Il problema dell'Italia non è solo quello del bilancio pubblico, e quindi un debito doppio rispetto ai parametri europei e un deficit, cioè la differenza tra le entrate e le uscite annuali dello Stato, particolarmente alto. I problemi maggiori sono la bassa crescita economica, le forti disuguaglianze tra Nord e Sud, un'elevata presenza di economia assistita e di evasione fiscale, una forte disoccupazione giovanile, un ampliarsi dell'area della povertà, un tasso di crescita demografica che resta tra i più bassi d'Europa nonostante l'effetto positivo derivante dall'immigrazione. Tutti elementi che si aggiungono alla debolezza politica di un Governo che ha molti problemi al proprio interno.
In una certa prospettiva lo squilibrio dei conti pubblici è una conseguenza dei nodi di fondo della società italiana. E quindi cercare di affrontare il debito e il deficit semplicemente aumentando (molto) le entrate e diminuendo (peraltro poco) le uscite vuol dire cercare di curare i sintomi, ma non intervenire sulle cause della malattia.
Al di là dei dati contabili quindi l'Italia avrebbe essenzialmente bisogno di ritrovare la fiducia nel proprio futuro attraverso migliori garanzie alle famiglie, un sostegno al merito e alla professionalità, una difesa delle iniziative imprenditoriali, un ampliarsi delle possibilità di azione delle persone e dei gruppi sociali secondo la logica della sussidiarietà.
Nella manovra è difficile, anzi impossibile, trovare questi obiettivi. Le famiglie per esempio, soprattutto quelle con più figli, sembrano quelle maggiormente penalizzate. Il taglio annunciato delle agevolazioni fiscali sarà infatti tanto più pesante quante più persone a carico ha la famiglia: l'esatto contrario di qualunque anche banale politica sociale. Se poi aggiungiamo i ticket sanitari e i tagli alle agevolazioni sugli asili, sui mutui e sulle ristrutturazioni edilizie abbiamo un onere complessivo che può arrivare all'equivalente di una imposta aggiuntiva tra il 5 e il 10% del reddito.
Di premi al merito e alla professionalità proprio non se ne vedono, così come non si vedono tracce di tagli ai tanto discussi costi della politica. Nel momento in cui si chiedono sacrifici a tutti sarebbe stato un segno almeno di buona educazione ridurre subito i compensi dei parlamentari e dei pubblici amministratori per non dare troppo l'idea di considerare i cittadini come sudditi. E invece su questo piano solo promesse da attuare nella prossima legislatura con un nuovo Parlamento e, forse, un nuovo Governo.
Per molti aspetti siamo di fronte a misure che vanno contro i principi costituzionali dell'equità, dell'uguaglianza, della progressività del preliveo fiscale.
L'equità avrebbe voluto che pagassero di più i redditi alti: e invece vengono salvaguardati i grandi patrimoni e non c'è alcun aggravio per i redditi, talvolta milionari, di banchieri, dirigenti e imprenditori (spesso di nomina politica): vengono colpiti solo i redditi alti dei pensionati, come se le loro pensioni non fossero state ottenute pagando regolari contributi e fossero da considerare invece una benevola elargizione dello Stato.
L'uguaglianza avrebbe richiesto interventi allargati all'insieme dei cittadini. Invece paga di più il ceto medio, pagano di più le famiglie numerose anche perché sono completamente dimenticate le ipotesi di quoziente familiare o di fattore famiglia nel calcolo delle imposte. Queste famiglie saranno anche tra le più colpite dalla diminuzione dei servizi sociali per i tagli agli enti locali.
La progressività è un altro principio costituzionale dimenticato. L'effetto della manovra è infatti sostanzialmente regressivo: l'incidenza delle misure è percentualmente maggiore per i redditi più bassi soprattutto per effetto dei tagli alle detrazioni fiscali e dei ticket sulla sanità.
La manovra affronta solo in parte il problema dell'equilibrio di bilancio (in parte perché rinvia le maggiori misure al 2013 e 2014) ma soprattutto con pochissimi stimoli alla crescita e alla soluzione dei problemi strutturali che sono, come detto, alla base delle stesse difficoltà del bilancio pubblico. E' certamente positiva la tassazione agevolata per chi avvia una nuova impresa anche se non si può dimenticare che in Italia c'è sempre stata una forte natalità delle imprese: il problema è farle crescere nella persistente complessità delle norme burocratiche e amministrative.
La stretta sui redditi delle famiglie porterà poi inevitabilmente ad una riduzione dei consumi, ad un rinvio di decisioni di spesa, a un maggiore disagio sociale: l'esatto opposto di quanto avrebbe bisogno una realtà come quella italiana.
La politica ha dato ancora una volta l'impressione di essere arroccata nella difesa dei propri interessi e del proprio potere. Era proprio impossibile ridurre subito (e non nella prossima legislatura) i compensi dei parlamentari? Se è stato possibile introdurre da un giorno all'altro i ticket ospedalieri perché rimandare addirittura al 2020 l'inizio dell'innalzamento, peraltro molto graduale, dell'età pensionabile per le donne? Se è stato chiesto un contributo di solidarietà ai pensionati perché non allargarlo a tutti i redditi oltre i 90mila euro?
E' in fondo una manovra che suscita molta amarezza. Si tagliano i fondi per le famiglie per rispondere alle esigenze di sostenibilità del debito come chiedono i mercati finanziari. Ma la sfiducia dei mercati è provocata essenzialmente da due elementi: la bassa crescita e la scarsa affidabilità di un sistema politico che ha parlamentari per cui è stato richiesto l'arresto, ministri accusati di associazione mafiosa e lo stesso presidente del Consiglio che ha visto una sua azienda condannata a pagare i danni per aver corrotto un giudice.
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