Cartella clinica “umana”I pazienti si raccontano - 11 dicembre 2012 - http://www.lastampa.it
L’assemblea davanti al San Filippo Neri per scongiurare la chiusura dell’ospedale
Medicina più vicina a chi soffre: esperimento al San Filippo Neri
Ospedale San Filippo Neri, Roma. Anche qui incombe la scure del commissario della indebitatissima sanità laziale, Enrico Bondi. Nelle corsie si respira un’aria pesante, che certo non aiuta a rinsaldare il rapporto tra pazienti, medici e infermieri. Eppure proprio da qui il 1° dicembre è partita una piccola, grande rivoluzione: inserire i racconti e le storie personali dei pazienti tra i freddi dati clinici e diagnostici della cartella clinica.
«Che in questa versione umanizzata - assicura il professor Massimo Santini, direttore del Dipartimento cardiovascolare dove è partito l’esperimento - consentirà al medico di capire in pochissimo tempo anche le caratteristiche personali, sociali e psicologiche del paziente, con ricadute positive sull’assistenza offerta». Un’esperienza unica in campo sanitario ma che presto si replicherà in molti altri ospedali d’Italia. Perché l’iniziativa ha suscitato interesse già a Milano, Bologna, Torino, Pisa e anche a Sud.
La Cartella clinica «umana» nasce da un’idea della scrittrice Rosalba Panzieri che al San Filippo Neri è partita portando letteratura e teatro in corsia. «Ho iniziato scrivendo monologhi nei quali si raccontava il vissuto della malattia», racconta Rosalba. Poi, improvvisa, la scoperta di doversi operare urgentemente per un grave scompenso cardiaco. Dopo la guarigione l’idea di portare quell’esperienza teatrale di medicina narrativa fuori dal palcoscenico, direttamente in corsia.«Perché avevo imparato sulla mia pelle quanto fosse importante combattere la depressione passando per la conoscenza e l’accettazione della malattia».
Da qui il «modello narrativo alfa», un modulo che non ha nulla di burocratico perché qui la persona ricoverata scrive liberamente come percepisce il suo futuro, cosa lo preoccupa, i suo sogni. «Una narrazione che ovviamente si affianca in cartella ai dati clinici e che aiuta il medico a interpretare la patologia che deve affrontare», assicura il direttore generale dell’ospedale, Lorenzo Sommella. «Perché non si può curare ciò che non si conosce e non si può conoscere nessuno a cui non sia concesso di raccontarsi», gli fa eco Rosalba Panzieri.
Sembra una cosa scontata ma per Ivan Cavicchi, professore di sociologia sanitaria all’Università Tor Vergata di Roma, ha il sapore di una rivoluzione «perché la scienza oggi vede solo l’evidenza delle prove scientifiche mentre ridare valore di verità anche all’opinione del malato significa corresponsabilizzarlo nelle scelte cliniche e ridurre il contenzioso con i medici».Una umanizzazione della medicina che fa dunque bene ai conti «ma soprattutto all’efficacia della scienza», ribadisce Cavicchi.
«Certo, la crisi con la perdita delle certezze fa tutti un po’ più egoisti ma alla fine aiuta a riscoprire anche il valore del rapporto umano», commenta con ottimismo Rosalba. Fatto è che nella sanità strangolata dai tagli iniziative come quella del San Filippo Neri si stanno moltiplicando in tutta Italia. Al Campus Bio-Medico di Roma medici e pazienti con epatite C hanno completato la loro narrazione della malattia con uno spettacolo teatrale e proprio ieri due parlamentari, Nino Lo Presti e Melania Rizzoli, hanno sfatato un tabù parlando pubblicamente della loro vittoriosa battaglia contro il tumore. Un bisogno di raccontare la malattia che la nostra sanità sta forse imparando ad ascoltare.
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