mercoledì 5 dicembre 2012


Bisturi sì, ma con il robot - In sala operatoria debuttano la realtà virtuale e gli interventi mini-invasivi – 5 dicembre 2012 - http://www.lastampa.it/

 

Agli albori della chirurgia chi doveva operarsi non aveva dubbi: la persona giusta a cui rivolgersi era il barbiere. È probabile che in un non troppo lontano futuro la chirurgia degli inizi del XXI secolo strapperà qualche sorriso ironico, non diverso da quello suscitato dall’antico «cerusico»: la rivoluzione in atto si chiama «chirurgia robotica» e uno dei principali artefici è italiano: è Pier Cristoforo Giulianotti, lavora alla University of Illinois di Chicago e viene considerato uno dei padri fondatori. All’attivo ha migliaia di operazioni e, prima di emigrare negli Usa, ha fondato a Grosseto una delle migliori scuole internazionali dove nascono i chirurghi di domani.

«Il concetto di chirurgia robotica – spiega lo scienziato italiano - parte dal paradosso di voler superare i limiti umani, utilizzando ciò che non esiste, vale a dire la virtualità. L’obiettivo è ampliare a dismisura le nostre capacità di intervento. Spesso, però, questo approccio viene male interpretato dall’opinione pubblica, che considera la chirurgia robotica come l’utilizzo di una macchina che si sostituisce al medico, in tutto e per tutto. In realtà - sottolinea - il robot è solo un’interfaccia tra il chirurgo e il paziente. Più precisamente si tratta di un tipo di chirurgia robot-assistita». 

Una svolta che sta cambiando il concetto stesso di sala operatoria. Il medico non è più chino sul corpo del malato, ma sta seduto davanti a uno schermo sofisticato, in grado di immergerlo completamente e in tre dimensioni nella zona del corpo da trattare. Osservando l’immagine proveniente dalla telecamera, il chirurgo controlla anche una serie di comandi che trasferiscono in tempo reale i suoi movimenti dal computer all’apparato robotico, il quale agisce direttamente sul paziente.

«Grazie a “Da Vinci” – questo è il nome del robot - il chirurgo è in grado di operare visualizzando al monitor un’immagine virtuale, che è frutto della sovrapposizione di più immagini, provenienti sia in tempo reale dalla telecamera posta sul paziente sia dalle tecniche diagnostiche utilizzate in sede pre-operatoria. In poche parole: tutto ciò che serve per effettuare un intervento chirurgico il più preciso possibile», spiega Giulianotti. Per rendere l’idea basta pensare alle mappe geografiche di Google. Su di esse è possibile sovrapporre l’immagine reale presa dal satellite e quella virtuale, con tutte le informazioni, dalle località alle strade. Si tratta di un vantaggio decisivo, che consente di effettuare operazioni sempre più accurate e, allo stesso tempo, sempre meno invasive.

Un esempio? «La chirurgia robotica - continua Giulianotti - fornisce la possibilità di visualizzare in modo estremamente dettagliato la distribuzione dei vasi sanguigni nella zona da operare. Questo è possibile grazie alla somministrazione di coloranti fluorescenti, visibili attraverso l’occhio di una telecamera apposita. Utilizzando lo stesso approccio, poi, è possibile discriminare la presenza di cellule cancerose e, quindi, effettuare la rimozione del tumore in maniera ottimale. Negli Usa, per esempio, il tumore della prostata non viene più operato con il bisturi: la robotica ha rimpiazzato la vecchia chirurgia e gli effetti collaterali non ci sono più».

Ma i vantaggi non finiscono qui: attraverso la chirurgia robotica è possibile correggere in tempo reale un eventuale tremore della mano, effettuare movimenti iper-precisi e monitorare la temperatura dei tessuti. Tutto ciò si traduce in vantaggi concreti per il malato: il robot, effettuando incisioni sempre più piccole, riduce la possibilità di complicanze post-operatorie e il rischio di infezioni e garantisce un recupero in tempi più rapidi. Non solo. Effettuando in modo dettagliato le incisioni, il sanguinamento si riduce e, di conseguenza, la possibilità di ricorrere alle trasfusioni. Ecco perché - secondo una scuola di pensiero sempre più diffusa - la chirurgia robotica rappresenta il futuro. 

«Purtroppo – dice Giulianotti - l’approccio è spesso osteggiato a causa dei costi. In realtà, è una visione miope, perché i vantaggi non sono misurabili solo in termini di qualità delle cure. I costi delle complicanze post-operatorie sono infatti spaventosi e l’utilizzo della robotica in sala operatoria può avere effetti significativi in termini di riduzione. Ecco perché il nuovo metodo rappresenta quello che definisco “un futuro obbligato”». Gli Usa stanno andando in questa direzione e la presenza di «Da Vinci» supera ormai le 2 mila unità. L’Italia, con più di 50 apparati (otto solo in Toscana), è una delle nazioni all’avanguardia: nel 2011 sono stati più di 7 mila gli interventi eseguiti, con un incremento del 40%.

Ma - come piace ricordare a Giulianotti - «siamo ancora agli inizi. La chirurgia robotica si trova a uno stadio di sviluppo che si può considerare embrionale. Nel prossimo futuro, oltre al perfezionamento della visualizzazione delle immagini e dei movimenti, che non verranno effettuati più con manopole ma solo con i gesti, sarà fondamentale lo sviluppo del “tracking”. Come un Gps il computer suggerirà la traiettoria migliore per evitare di ledere i tessuti circostanti all’area su cui intervenire. Attenzione, però, a non pensare che sia tutto sulle spalle del robot - conclude Giulianotti -: il fattore-chiave rimane l’uomo e solo a lui spetta e spetterà la decisione finale. Il chirurgo, a differenza del computer, può decidere anche di commettere un “errore”, se necessario».

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