Avvenire, 10 ottobre 2010 - l’inchiesta - In generale le legislazioni degli Stati membri dell’Unione Europea non fanno altro che recepire le raccomandazioni sul diritto alla «libertà di pensiero, di coscienza e di religione» sancito dall’articolo 10 della Carta comunitaria. In Norvegia e Danimarca obbligatoria la partecipazione solo alle fasi preliminari della interruzione di gravidanza
Obiezione di coscienza? Indiscutibile. A parole - Il voto di Strasburgo ha confermato un diritto già consolidato nella maggior parte dell’Europa. Ma le eccezioni non mancano - Controcorrente la Svezia dove per i medici c’è l’obbligo contrattuale di assistenza per l’aborto Nel Regno Unito il British abortion act esclude il diritto solo nei casi in cui è in pericolo la vita della madre. Di Lorenzo Schoepflin
La misura della sconfitta di chi, all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, avrebbe voluto limitare il diritto all’obiezione di coscienza in ambito medico, potrebbe essere efficacemente riassunta nel cambiamento di un titolo. Quello assegnato dalla relatrice Christine McCafferty al documento sul quale si basava la discussione era: 'L’accesso delle donne alle cure mediche legali: il problema del ricorso non regolamentato all’obiezione di coscienza'. Il documento che il 7 ottobre è stato adottato in sede parlamentare dopo la discussione e il voto in aula è stato invece intitolato: 'Il diritto all’obiezione di coscienza nelle cure mediche legali'.
La chiara direzione intrapresa, quella che tutela la libertà di coscienza su un tema con implicazioni etiche come quello dell’aborto, a ben vedere è la medesima indicata da molte delle legislazioni dei paesi europei e da organismi ed associazioni internazionali competenti in materia.
'Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione', si legge all’articolo 10 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che aggiunge: 'Il diritto all’obiezione di coscienza è riconosciuto secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio'. Sulla stessa lunghezza d’onda è l’articolo 18 della Convenzione internazionale per i diritti civili e politici che tutela la libertà di coscienza da qualsivoglia coercizione che possa limitarla.
Anche nelle 'Raccomandazioni su questioni etiche in ostetricia e ginecologia', pubblicate nell’ottobre 2009 dalla Federazione internazionale di ginecologia e ostetricia, la Figo - di cui fanno parte numerosi specialisti di vari Stati dell’Unione europea – il tema dell’obiezione di coscienza viene affrontato alla luce del diritto dei professionisti coinvolti. In questa sede si ribadisce il rispetto «per le loro convinzioni di coscienza» e si garantisce loro il rispetto «a non essere discriminati sulla base delle loro idee». Nel documento della parlamentare Christine McCafferty 'bocciato' nei giorni scorsi a Strasburgo, si lamentava una mancanza di regole o un’inadeguata applicazione di quanto stabilito sull’obiezione di coscienza in molti Stati, tra cui anche l’Italia.
Secondo quanto sostenuto dalla parlamentare inglese questa situazione porterebbe a un mancato equilibrio tra il diritto alla libertà del personale sanitario e quello della donna ad accedere all’aborto. Ma le legislazioni degli Stati membri, in moltissimi casi, non fanno altro che recepire le raccomandazioni sul diritto alla «libertà di pensiero, di coscienza e di religione». Un quadro ben definito, dove le uniche eccezioni di rilievo sono costituite da Finlandia e Svezia, con quest’ultima che prevede un obbligo contrattuale di assistenza nell’ambito dell’aborto per i medici.
In Belgio, la legge del 3 aprile 1990 stabilisce che nessun medico può essere obbligato a prendere parte ad un aborto. In Olanda, al medico viene riconosciuto il diritto all’obiezione di coscienza dalla legge del 1 maggio 1981, con l’unico obbligo a dichiararsi obiettore durante il primo colloquio con la paziente. In Polonia il Codice di etica medica stabilisce che i medici sono liberi di condurre la propria professione «in accordo alla propria coscienza». Il British abortion act, la legge che regola l’aborto nel Regno Unito, contempla il diritto all’obiezione di coscienza, ad eccezione dei casi in cui sia in pericolo la vita della madre. Un’eccezione prevista anche dal codice penale austriaco, che estende comunque il diritto all’obiezione di coscienza a tutto il personale medico coinvolto in un aborto. In Norvegia nessun medico può essere obbligato a praticare un aborto, anche se è tenuto a partecipare alle fasi preliminari, al pari di quanto accade in Danimarca, dove è il medico a chiedere di essere esentato da pratiche contrarie alle proprie convinzioni etiche.
SPAGNA - Scelta concessa a pochi Le Regioni la estendono DA MADRID
Garantisce il diritto all’obiezione di coscienza, ma lo restringe al perso nale medico coinvolto in un intervento di interruzione di gravidanza. In teoria, può essere obiettore solo il ginecologo, l’ostetrica o l’anestesista. Non possono dichiararsi obiettori interi ospedali o équipe di medici. È una del le gravi lacune della nuova legge sull’aborto del governo Zapatero, approvata in gran fretta tra accese polemiche.
Nella Spagna delle comunità autonome - dove la sanità è decentralizzata - co minciano a spuntare i primi registri regionali per i medici che non vogliono a vere nulla a che fare con l’aborto. Risultato: ogni regione si arrangia come può e come vuole, cercando l’accordo con l’ordine dei medici o (al contrario) in aper to contrasto con il personale sanitario. In Spagna non è mai esistito un registro unico nazionale per gli obiettori. Per comprendere le dimensioni del fenomeno, però, basta dare un’occhiata ai dati degli aborti realizzati in cliniche private (98%) e ospedali pubblici (2%). La ragione va ricercata nell’obiezione: una scel ta maggioritaria nei centri sanitari del servizio pubblico.
Con l’entrata in vigore della riforma Zapatero - il 5 luglio - sono apparse le prime liste di obiettori, create da gli Ordini medici a livello provinciale. Secondo l’associazione na zionale Difesa dell’obiezione di co scienza, circa un migliaio di medi ci si sono già iscritti. Ma la situazio ne è ancora molto confusa. La Ca stiglia La Mancia - comunità auto noma governata dal Partito sociali sta di Zapatero - è la prima regione ad aver approvato un registro per l’obiezione di coscienza. Non solo: ha voltato le spalle al governo e ha esteso il diritto anche ai medici di base, coloro che dovrebbero dare alla paziente le prime indicazioni qualora volesse abortire.
FRANCIA - In assenza di una legge diritto spesso solo teorico - DA PARIGI Daniele Zappalà
Soddisfazione e speranza, ma anche vigilanza e senso del realismo per un qua dro nazionale che resta difficile. Anche perché in Francia non esiste una leg ge specifica sull’obiezione di coscienza e, per consuetudine consolidata, ci si affida quasi sempre al rispetto dei diritti individuali. Chi si è opposto, nel Paese tran salpino, all’iniziale progetto di risoluzione del Consiglio d’Europa, è uscito dalla nuo va battaglia in difesa dell’obiezione di coscienza con sentimenti in parte contra stanti. In pochi giorni, una petizione lanciata via Internet dall’Adv (Alleanza per i diritti della vita), ha raccolto oltre 26 mila firme, di cui oltre 4 mila di personale sa nitario. E nonostante il silenzio quasi totale delle principali agenzie di stampa su quanto si stava preparando a Strasburgo, i media d’ispirazione cristiana non sono stati i soli a dar voce in anticipo agli oppositori della bozza Mac Cafferty. Il Figaro, ad esempio, ha sottolineato l’attaccamento di molti medici all’obiezione di co scienza. Ed è stato probabilmente anche questo slancio mediatico a indurre l’Or dine dei medici ad uscire allo scoperto su un tema da sempre in Francia al centro di diatribe aperte, ma ancor più spesso silenziose e di trincea. Cioè, in genere, vissute fra le mura di ciascuna struttura ospedaliera.
È qui che una visione agguerrita del 'di ritto all’aborto' si scontra ogni giorno con il coraggio di quanti osano riaffer mare gli imperativi della propria co scienza. Di autentico coraggio si tratta, come mostrano tante testimonianze ri lasciate nelle ultime ore, a proposito del le pesanti difficoltà incontrate quotidia namente nel riaffermare il diritto di dire 'no': discriminazioni al momento del l’assunzione o degli avanzamenti di car riera, angherie e pressioni varie. Per tut te queste ragioni, Xavier Mirabel, presi dente dell’Adv, ha appena ricordato che «in Francia, la clausola di coscienza è già largamente teorica».
GERMANIA - Norma severa e discussa ma l’obiezione è rara - DA BERLINO
La Germania è stato uno dei primi Paesi a regolare l’interruzione di gravi danza. L’articolo 218 del Codice, introdotto nel 1920 dalla Repubblica di Weimar, prevedeva la liceità dell’aborto nel caso in cui il parto avesse mes so in pericolo la vita della madre. Nell’epoca nazista diventò strumento per tu telare «l’igiene razziale tedesca». L’aborto era dunque negato alle donne tede sche (nel 1937 i medici rischiavano 10 anni di prigione e nel ’39 l’aborto non au torizzato fu equiparato al tradimento, reato da pena capitale), ma incoraggiato per le straniere.
Nel secondo Dopoguerra, le due Germanie seguirono strade diverse. A Ovest nel 1976 la maggioranza parlamentare, costretta dalla pronuncia del tribunale co stituzionale, inserì l’aborto volontario tra i delitti punibili con pena detentiva o pecuniaria. Tuttavia, con una interpretazione estensiva, escludeva la punibilità nel caso ricorressero l’indicazione 'medica' per tutto il periodo della gravi danza; quella 'eugenetica', entro le prime 22 settimane; quella 'giuridi ca' e quella 'sociale' entro le prime 12. Nella Germania Est, invece, fu in trodotta una legislazione assai libe rale.
Con la riunificazione (1995) il Bundestag varò la nuova legge. La normativa dichiara che l’aborto è illegale, ma non punibile in tre casi: la gravidanza non ha superato la 12esima settimana, l’intervento è fatto da un medico, almeno tre giorni prima la donna si è sottoposta a un consulto obbligatorio. La legge provocò proteste e discussioni: la sinistra attaccò la formula del 'consulto obbligatorio' inserito 'a difesa della vita'. Parte del l’Unione democristiana, invece, chiese che l’aborto venisse concesso solo in caso di stupro o di pericolo per la donna. Restano però rari i casi di obiezione dei medici.
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