giovedì 14 ottobre 2010

Staminali: gli scienziati Usa scelgono quelle adulte - Al congresso mondiale di Detroit presentate le 17 sperimentazioni cliniche umane avviate nel corso dell’ultimo anno, facendo uso di cellule estratte dal corpo dei pazienti o da placenta e cordone ombelicale. Una lenta ma inesorabile progressione dal laboratorio agli ospedali - reportage di Elena Molinari – Avvenire, 14 ottobre 2010

Il problema dei costi della ricerca è una delle ombre più pesanti che si sono allungate sull’eccitazione di scienziati e pazienti a Detroit. La crisi economica ha reso i venture capitalist (i gestori dei capitali di rischio) meno propensi a osare. Le banche d’affari non considerano l’industria delle cellule staminali abbastanza matura da entrarvi con decisione. Le società di biotecnologia impegnate nelle staminali sopravvivono grazie a sovvenzioni pubbliche, donazioni filantropiche e soprattutto a singoli investitori che intravedono le promesse mediche ed economiche del settore.

Per questo le società biotech devono essere attente a muoversi in direzioni che possano offrire risultati in tempi ragionevoli. «L’industria delle cellule adulte è molto più avanti di quella delle staminali embrionali – spiega ad Avvenire Jeff Karan, a Detroit per la banca d’investimento Woodside Capital Partners –. Per ora i venture capitalist non stanno investendo molto nella medicina rigenerativa, e quel poco non va certo a società che hanno già affrontato alti costi senza aver ottenuto risultati commercializzabili». Per essere a corto di risorse finanziarie, però, il settore è eccezionalmente vivace. Cinque società hanno avviato o concluso esperimenti sull’uomo con l’uso di staminali adulte, per lo più autologhe – estratte dallo stesso paziente – per la rigenerazione di tessuti cardiaci. In Florida la Bioheart, ad esempio, ha presentato il successo della sperimentazione che ha visto l’impianto di cellule estratte dal muscolo della coscia dei pazienti e reimpiantate nel tessuto cardiaco degli stessi, compromesso da un infarto. L’israeliana Pluristem ha annunciato che la fase uno dei suoi test che utilizzano cellule derivate dalla placenta ha dato ottimi risultati nel trattamento dell’ischemia degli arti. Oltre a essere sicuro, l’impianto di cellule ha portato miglioramenti in dieci dei dodici pazienti sottoposti al trattamento.

La placenta è stata una delle fonti di cellule staminali più usate nei test sugli esseri umani per le sua capacità di promuovere la crescita e di proteggere il feto dal sistema immunitario della madre: proprietà preziose per evitare il rigetto nei casi di impianti di cellule eterologhe (ovvero non dello stesso paziente) e per indurre la rigenerazione dei tessuti. I test hanno dimostrato che si tratta di cellule altamente stabili, a differenza di quelle embrionali, che non si differenziano quindi in modo indiscriminato e non creano tumori.

L’americana Celgene ne ha dimostrato flessibilità e sicurezza in una sperimentazione clinica su 12 pazienti affetti da morbo di Crohn che non avevano risposto alle cure tradizionali. I risultati sono stati tanto incoraggianti che la società ha avviato una fase due per il morbo di Crohn oltre ad altre tre sperimentazioni su persone affette da sclerosi multipla, artrite deformante e su vittime di ictus.

Le le staminali adulte stanno dunque lentamente ma consistentemente progredendo dal laboratorio agli ospedali, le cellule staminali indotte pluripotenti (Ips), scoperte più di recente, stanno muovendo dalla provetta agli animali. Qui la novità più grossa è l’estrazione di cellule riprogrammabili dal tessuto adiposo, che si sta dimostrando una fonte ancor più ricca della pelle. Queste cellule sono state riprogrammate in cellule dell’orecchio interno – usate per ridurre la sordità di ratti di laboratorio – e in neuroni in grado di produrre dopamina e di migliorare le capacità motorie di ratti affetti da Parkinson.



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