sabato 30 ottobre 2010

I mali della sanità e il bene nell’ombra - La vera malasanità è l’incapacità di concepire la salute al di fuori di un rapporto contrattualistico che svilisce il medico e delude il malato di CARLO BELLIENI – Avvenire, 30 ottobre 2010

Non c’è giorno che i quotidiani non parlino di malasanità, e in questo calderone senza fondo finisce di tutto: dal chirurgo che dimentica la garza durante l’operazione all’addome, al furto di materiale negli ospedali, dai vetri rotti di una Usl, alla medicina difensiva. L’unica cosa che questi fatti hanno in comune è la rabbia della gente, ma sono eventi ben diversi fra loro e mascherano il vero cancro della sanità, la malasanità vera, che non consiste nella ruberia (quello si chiama reato e non c’entra solo con la medicina) né nell’errore umano (chi è senza peccato…), ma nella burocratizzazione che la società occidentale impone al medico, mentre la gente vive il paradosso di averlo assurto inconsciamente a novello sacerdote in una società che ha perso il senso reale del sacro. E che quando viene colpita per un suo errore non lo sente solo come un reato o un errore da risarcire, ma come il crollo dell’ultimo mito: il medico non può sbagliare, altrimenti perdiamo l’ultima (fatua in verità) certezza.

D’altronde, come stupirsi? Nessuno insegna al medico a fare il medico, cioè ad avere un rapporto empatico col paziente, di stima e fiducia, di rinuncia e affetto; e tante denunce sarebbero evitate se ci fosse una capacità non solo di facciata di dialogare, di confrontarsi. Ma dove imparare, se per entrare nelle facoltà di medicina tutto si richiede tranne che la prova di avere un 'buon cuore'? A questo non collabora l’aver ridotto da qualche decennio gli ospedali ad 'aziende', il malato a 'utente', la cura a 'prestazione di un servizio', cioè la burocratizzazione di un rapporto che invece doveva essere dinamico e quasi poetico.

Esiste allora la malasanità? Certo. Ma non è quella che appare sui giornali. Perché se il cancro della sanità è la burocratizzazione, il metro per decidere una prestazione diventa solo la paura della denuncia. E di qui un eccesso di esami per non rischiare guai, ma anche una loro carenza quando si è certi che non si rischia nulla se si evita un trattamento. Un esempio in questo senso è la cura del dolore, soprattutto dei bambini piccoli e dei disabili mentali, che anche se si lamentano per dolori che non riescono ad esprimere a parole, riscuotono poco credito e attenzione medica, secondo una recente relazione fatta al Parlamento inglese.

La malasanità vera allora è l’incapacità di concepire la salute e il suo mondo al di fuori di un rapporto contrattualistico, che svilisce il medico e delude il malato.

La domanda che nessuno fa è: perché tanta malasanità 'farlocca' sui media? Forse proprio per coprire il cancro della burocratizzazione, perché riconoscerlo significa svelare che la società – di cui i medici sono solo una parte – si basa non sulle persone, ma sul mercato. E sulla solitudine in cui si vive per colpa di un nuovo mito che sta soppiantando il mito scientista: quello dell’autodeterminazione solitaria assoluta e antiscientifica, che vuole tutti avversari di tutti. Non c’è infatti tanta buona sanità di cui parlare e che subisce invece un’orrenda censura, in confronto alla quale quella degli anni della guerra è acqua fresca?

Chi ricorda di aver visto in tv valorizzare il lavoro di ignoti ricercatori che si affannano su malattie rare, o chi vede mai le lacrime di un’infermiera o lo stress del medico che vorrebbe guarire l’ennesimo tumore e non ci riesce? Nessuno ne parla. Perché è parola d’ordine sopire ogni speranza, dare solo illusioni o sogni, ma non far vedere il bello e il bene. E nella sanità italiana, se guardiamo attentamente, di bene ce n’è davvero molto.




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