Avvenire. It, 2 ottobre 2010 - Errori in sala parto, morti sospette e ritardi - Il rapporto tra paziente e organizzazione cuore malato del sistema sanitario di Carla Collicelli
La serie di denunce degli ultimi giorni, relative ad errori e scorrettezze presumibilmente avvenuti in sala parto in varie aree del Paese, alcuni peraltro con tragiche conseguenze, non andrebbero trattate come meri casi di cronaca, anche perché sono probabilmente solo la punta di un iceberg più grande. Dal degrado strutturale alle morti sospette, ai ritardi ingiustificati, il sistema sanitario italiano, considerato uno dei migliori del mondo, registra infatti con una frequenza preoccupante casi di plateale disconoscimento dei diritti individuali nel corso delle cure.
Nel periodo più recente, poi, ai problemi strutturali e tecnologici, denunciati spesso nel passato come causa di inefficienze e di cattive pratiche, si sono aggiunti in notevole quantità errori umani (la distrazione del medico o dell’infermiere) e scorrettezze amministrative o comportamentali (dalla raccomandazione al maltrattamento ai litigi davanti alla partoriente).
L’opinione pubblica, resa edotta e spesso spaventata dalla massa di messaggi diffusi sulla sanità e la salute da internet e dagli altri mezzi di comunicazione, è d’altra parte oggi molto più attenta e motivata di prima, e registra con puntuale preoccupazione, e spesso con grande rabbia e spirito polemico, gli eventi avversi che si verificano. Va innanzitutto specificato che gli errori ed i casi di malasanità non risultano, alla luce degli studi di confronto internazionale, più numerosi in Italia che in altri Paesi. E pur tuttavia non si può che guardare con spirito positivo al tentativo di indagare e capire le cause degli eventi avversi e le relative responsabilità.
A ben vedere queste rimandano solo raramente alla debolezza di quello può essere considerato il "cuore" del sistema, e cioè alle strutture, alle apparecchiature e al personale specializzato. Sempre più spesso viene chiamato in causa un altro fattore, quello che possiamo chiamare il "software gestionale", dato dalle funzioni umane di rapporto con il paziente, di gestione del processo di cura e di organizzazione manageriale dei servizi, oggetto peraltro negli ultimi anni di attenzione crescente nel settore sanitario (che unico in ambito pubblico ha tentato di adottare ad esempio una contabilità per centri di costo e una verifica di efficacia delle cure). Le funzioni degli operatori sanitari e quelle dei dirigenti delle strutture sovraintendono, d’altra parte, proprio alla organizzazione del lavoro, alla corretta utilizzazione delle risorse, a quegli aspetti cioè di tipo gestionale e relazionale, che permettono a un sistema complesso di funzionare a dovere.
E tutto ciò avviene in un contesto molto delicato, da cui dipendono spesso la vita e la morte delle persone, e che è caratterizzato da procedure e interventi spesso urgenti e non rimandabili, oltre che di elevata complessità. Un contesto che assorbe molte risorse pubbliche e private e che vive di una quotidiana e sottile alchimia, che mette insieme competenze e fattori di produzione molto articolati (una lunghissima filiera), in gran parte ancora oggi autoreferenziali e non adeguatamente coordinati. Basti pensare che anche un intervento chirurgico di routine coinvolge competenze di medicina, chirurgia, scienze infermieristiche, tecnologia, architettura, ingegneria, biochimica (e altre ancora) di evidente complessità, sia ciascuna per sé che soprattutto per i meccanismi di interazione e di sincronizzazione. Ma chi si occupa della armonizzazione delle diverse competenze e del coordinamento in un’ottica di etica pubblica delle funzioni e delle scelte da prendere volta per volta, magari con pochissimo tempo a disposizione?
La complessità è cresciuta, in sostanza, senza un’adeguata consapevolezza delle sue implicazioni, ed anche la sanità, pur più avanzata di molti altri settori, sembra ancora "a metà del guado" rispetto alle fondamentali funzioni del governare le attività e del prevedere e prevenire le disfunzioni e i malfunzionamenti. Ci si ritrova così troppo spesso in balia dell’intervento giudiziario, dei controlli dei Nas e delle trasmissioni televisive di denuncia. Mentre le questioni della corretta e umana comunicazione e relazione tra operatori e utenti, della responsabilità di tutti rispetto a forme efficaci di collaborazione tra professionisti, della formazione professionale ed etica alla scelta e alle decisioni concertate, al di là dei rapporti gerarchici tra diversi livelli di governo, sono ancora troppo poco considerate e curate nel funzionamento dei servizi.
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