sabato 23 ottobre 2010

Aborto: cinque articoli sull'aborto imposto in Cina su una donna cinese all'ottavo mese di gravidanza


Costretta ad abortire in Cina all’ottavo mese di gravidanza - Il marito: «È stata picchiata e poi portata in ospedale» - La «colpa» della coppia? Avere già una bambina di dieci anni. Però la politica del figlio unico perde sempre più consensi - DI LUCA MIELE – Avvenire, 23 ottobre 2010

Il caso è agghiacciante. E potrebbe dare uno scossone a un edificio – quello della politica del figlio unico, il più grande esperi mento di ingegnerie sociale mai tentato in Cina che sta sfigurando la struttura sociale del gi gante asiatico – sempre meno solido.

Xiao Aiying, una donna di 36 anni, all’ottavo mese di gravidanza è stata arrestata, picchiata e costretta ad abortire da funzionari della pianificazio ne familiare. La colpa della donna? Aver violato la legge sul figlio unico, dato che la coppia ha già una bambina di 10 anni. A denunciare il ca so – avvenuto nella città di Xiamen, sulla costa sudorientale della Cina e ripreso dal Guardian e da al-Jazeera – è stato il marito della donna, Luo Yanquan, un operaio edile. In una intervista il marito del la donna costretta all’aborto si chiede «come mai potrà spiegare» alla figlia, che aspettava di avere un fratellino, «quello che è successo». Un ufficiale cinese – che si rifiutato di rivelare il proprio nome, come sottolineato dal Guardian – ha “corretto” la versione della coppia, affer mando che «la donna era al sesto mese di gra vidanza » e che l’aborto sarebbe stato «volon tario ». La denuncia dell’uomo dimostra che qualco sa in Cina sta cambiando. Il consenso attorno alla politica del figlio unico si sta sgretolando. Le voci critiche, anche ufficiali, sono sempre più numerose. Zuo Xuejin, vice presidente al la Shanghai Academy of Social Sciences, ha ta­gliato di netto il nodo: «La maggior parte dei motivi che hanno condotto ad adottare que sta politica oggi non sono più validi». E Li Jianxin, professore associato di studi di demo grafia dell’Università di Pechino, è arrivato a proporre la sua ricetta: «Se il governo continua con la sua rigida politica del figlio unico, il Pae se sarà gravato da una popolazione che invec chia e una forza lavoro in netta diminuzione». Insomma non si può ignorare la «struttura del la popolazione stessa». La ricetta allora del ri cercatore? «Famiglie con almeno due figli».

A spaventare sono gli immensi costi umani e sociali della pianificazione. I numeri sono terribili. Un documento pubblicato sul China Daily , voce “ufficiale” del regime, ammette che gli aborti nel Paese ammontano a 13 milioni ogni anno. E che sarebbero oltre 400 milioni i “non nati” a causa della politica del figlio unico. Ma non basta. Secondo un rapporto uffi ciale, nel 2020 più di 24 milioni di uomini cinesi non potranno sposarsi per mancanza di donne.

La Cina poi – in nome dell’obiettivo di imbri gliare l’esplosione demografica – invecchia. Secondo le Nazioni Unite, nel 2050 il 30 per cento della po polazione avrà 60 anni e gli “over 80” saranno circa 100 milioni. La popolazione di età compresa tra i 15 e i 64 anni, contemporaneamente, dimi nuirà del 10 per cento. Una gigantesca macchina buro cratica vigila sulla applica zione della politica del figlio unico. Secondo di Harry Wu, fondatore della Laogai Research Foundation, la Commissione statale per la popolazione nazionale e la pianificazione familiare impiega 520mila dipen denti a tempo pieno e oltre 82 milioni a tempo parziale.


Cina: donna costretta ad abortire all’ottavo mese - 22 ottobre 2010 di Valentina Bocchino - Fonte: http://www.ilsecoloxix.it/p/mondo/2010/10/22/AM3xzvAE-abortire_ottavo_costretta.shtml

“Dura lex, sed lex”: la legge è la legge, e in Cina non importa a che mese di gravidanza fosse arrivata la 36enne Xiao. Aveva infranto la norma che vieta alle famiglie di avere più di un figlio, e quando è rimasta incinta per la seconda volta, è stata costretta ad abortire da dodici ufficiali del Governo che si sono presentati a casa sua. Poco importa se la donna fosse già all’ottavo mese, o se prima di portarla in clinica gli ufficiali hanno pensato di picchiarla, forse per “impartire la lezione”. A diffondere la notizia è stata la rete televisiva Al Jazeera, che ha infiammato le proteste dei numerosi esuli cinesi. Il caso si è verificato nella a Xiamen, sulla costa sudorientale della Cina. Il marito di Xiao, Luo Yanquan, lavoratore edile, ha raccontato i momenti terribili dell’irruzione dei dodici ufficiali governativi: «Le hanno piegato le braccia dietro la schiena, dopo di che l’hanno messa con le spalle al muro e hanno cominciato a prenderla a calci nello stomaco. Forse volevano già procurarle un aborto in casa». Poi, vedendo evidentemente che l’impresa era più ardua del previsto, l’hanno portata in ospedale dove i dottori le hanno somministrato un’iniezione letale per il feto. Luo ha ricordato come un mese prima gli ufficiali avessero detto alla coppia che non era loro permesso avere un altro bambino, visto che avevano già una figlia. Ma al settimo mese di gravidanza cosa avrebbero potuto fare? La legge sul figlio unico è in vigore in Cina dal 1980 ed impone alle amministrazioni locali di non superare delle “quote” di nuove nascite assegnate loro ogni anno, per frenare l’incremento di popolazione: in Cina attualmente c’è un surplus che conta più di un miliardo di persone. Il governo centrale in teoria non contente gli aborti forzati, che però sono frequenti – come gli infanticidi – soprattutto nelle zone più povere del Paese, dove chi prova a ribellarsi e a denunciare questo orrore, come l’attivista Chen Guangcheng, finisce in carcere. Secondo le denunce di Chen, oltre settemila donne erano state costrette ad abortire, alcune contro il parere dei medici. E la versione degli ufficiali è che Xiao e suo marito fossero d’accordo a praticare l’aborto. Un vero peccato che la coppia abbia smentito tutto: «La nostra figlia di 10 anni era contenta del fratellino in arrivo – racconta Luo Yanquan – ora non so proprio come spiegarle quel che è accaduto». E Xiao, sebbene distrutta dal dolore, per provare al mondo che aveva subito un aborto forzato, ha accettato di lasciar entrare dei fotografi in ospedale che l’hanno immortalata, dal collo in giù, con le braccia coperte di lividi dal pestaggio e la pancia ancora gonfia, che ospitava ormai un feto morto. «Ho tenuto dentro di me questo bambino, l’ho sentito muoversi nella mia pancia. Potete immaginare come mi sento» ha aggiunto con un filo di voce. In Cina sono stimati tredici milioni di aborti ogni anno, molti dei quali imposti dalle autorità locali. Coloro che possono permetterselo, possono pagare una multa di circa 28.000 euro ed avere ugualmente più di un figlio. Ma chi non ha né soldi né conoscenze rischia di ricevere il trattamento della famiglia di Xiao.

Cina, donna incinta picchiata e obbligata ad abortire - Xiao Aiying era all'ottavo mese di gravidanza. Lei e il marito denunciano l'aggressione in un blog: funzionari hanno fatto irruzione in casa nostra.- venerdì, 22 ottobre 2010 - Fonte: http://www.tg1.rai.it

PECHINO (Cina) - Picchiata e trascinata a forza da casa in una clinica per aborti. Una donna cinese all'ottavo mese di gravidanza ha perso il figlio ed è stata violentemente aggredita per aver violato la politica cinese sul figlio unico. A render nota la notizia, la versione inglese di Al Jazeera, che riprende la denuncia dal blog del marito della donna.
PESTAGGIO. La vittima si chiama Xiao Aiying, 36 anni e vive nel sud ovest della Cina, a Siming, una cittadina vicino a Xiamen. A picchiarla - anche con calci sulla pancia - dodici funzionari del governo, che hanno fatto irruzione in casa sua, l'hanno percossa e poi portata a forza in ospedale, dove poi i dottori le hanno iniettato un farmaco che la inducesse all'aborto.  IL MARITO. Ad assistere alla violenza, anche il marito della donna. La coppia ha già una figlia di dieci anni. Sarebbe questo il motivo dell'aggressione: in Cina è permesso avere solo un figlio, una politica per limitare le nascite in un Paese con una crescita demografica molto alta. Chi viola la "politica del figlio unico" può essere multato per oltre 30mila euro. LA LEGGE CINESE. Gli aborti forzati sono vietati dalla legge cinese, anche se questa non proibisce gli aborti a gravidanze avanzate. Purché questi siano effettuati col consenso della donna. Sarebbe questo l'escamotage usato dai funzionari di Siming: secondo la loro versione, la donna avrebbe abortito di sua volontà. Un'accusa questa, rifiutata dalla coppia. Che ora teme ritorsioni per aver reso pubblica la vicenda.

Cina, continuano le polemiche sugli aborti forzati - sabato, 23 ottobre 2010 - (Fonte: lastampa.it ) -Fonte: http://notiziefresche.info

Molte notizie che arrivano dalla Cina provocano polemiche, ma quella che continua a indignare maggiormente l’opinione pubblica riguarda la legge che impone ad ogni famiglia di avere un solo figlio. Secondo le autorità cinesi questa legge ha impedito alla Cina di raggiungere 1 miliardo e 800mila persone mentre, secondo il resto del mondo, questa legge intacca una libertà fondamentale degli individui. E’ di qualche giorno fa, una notizia che fa inorridire e accrescere ulteriormente le polemiche.
Una donna, nella città di Xiamen, una delle più ricche e sviluppate della Cina, incinta del suo secondo figlio, all’ottavo mese di gravidanza è stata costretta a interrompere la gravidanza con un’iniezione letale che ha ucciso il feto: una vera e propria esecuzione, imposta dalle autorità locali per il controllo delle nascite. Una violenza assoluta, come denuncia il marito della donna in un’intervista che ha fatto il giro di internet provocando reazioni furibonde soprattutto perchè una legge, varata due anni fa, vieta espressamente gli aborti forzati. Non è la prima volta che una storia del genere emerge in Cina, Chen Guangcheng, un attivista per i diritti umani è stato quattro anni in carcere, proprio per aver denunciato gli aborti forzati imposti dalle autorità locali.


Cina: costretta ad abortire all’ottavo mese di gravidanza - Di Rassegna Stampa del 23/10/2010, in Aborto, di Luca Miele – dal sito http://www.libertaepersona.org

Il caso è agghiacciante. E potrebbe dare uno scossone a un edificio – quello della politica del figlio unico, il più grande esperimento di ingegnerie sociale mai tentato in Cina che sta sfigurando la struttura sociale del gigante asiatico – sempre meno solido. Xiao Aiying, una donna di 36 anni, all’ottavo mese di gravidanza è stata arrestata, picchiata e costretta ad abortire da funzionari della pianificazione familiare. La colpa della donna? Aver violato la legge sul figlio unico, dato che la coppia ha già una bambina di 10 anni. A denunciare il caso – avvenuto nella città di Xiamen, sulla costa sudorientale della Cina e ripreso dal Guardian e da al-Jazeera – è stato il marito della donna, Luo Yanquan, un operaio edile. In una intervista il marito della donna costretta all’aborto si chiede «come mai potrà spiegare» alla figlia, che aspettava di avere un fratellino, «quello che è successo». Un ufficiale cinese – che si rifiutato di rivelare il proprio nome, come sottolineato dal Guardian – ha “corretto” la versione della coppia, affermando che «la donna era al sesto mese di gravidanza» e che l’aborto sarebbe stato «volontario».
La denuncia dell’uomo dimostra che qualcosa in Cina sta cambiando. Il consenso attorno alla politica del figlio unico si sta sgretolando. Le voci critiche, anche ufficiali, sono sempre più numerose. Zuo Xuejin, vice presidente alla Shanghai Academy of Social Sciences, ha tagliato di netto il nodo: «La maggior parte dei motivi che hanno condotto ad adottare questa politica oggi non sono più validi». E Li Jianxin, professore associato di studi di demografia dell’Università di Pechino, è arrivato a proporre la sua ricetta: «Se il governo continua con la sua rigida politica del figlio unico, il Paese sarà gravato da una popolazione che invecchia e una forza lavoro in netta diminuzione». Insomma non si può ignorare la «struttura della popolazione stessa». La ricetta allora del ricercatore? «Famiglie con almeno due figli».
A spaventare sono gli immensi costi umani e sociali della pianificazione. I numeri sono terribili. Un documento pubblicato sul China Daily, voce “ufficiale” del regime, ammette che gli aborti nel Paese ammontano a 13 milioni ogni anno. E che sarebbero oltre 400 milioni i “non nati” a causa della politica del figlio unico. Ma non basta. Secondo un rapporto ufficiale, nel 2020 più di 24 milioni di uomini cinesi non potranno sposarsi per mancanza di donne.
La Cina poi – in nome dell’obiettivo di imbrigliare l’esplosione demografica – invecchia. Secondo le Nazioni Unite, nel 2050 il 30 per cento della popolazione avrà 60 anni e gli “over 80” saranno circa 100 milioni. La popolazione di età compresa tra i 15 e i 64 anni, contemporaneamente, diminuirà del 10 per cento. Una gigantesca macchina burocratica vigila sulla applicazione della politica del figlio unico. Secondo di Harry Wu, fondatore della Laogai Research Foundation, la Commissione statale per la popolazione nazionale e la pianificazione familiare impiega 520mila dipendenti a tempo pieno e oltre 82 milioni a tempo parziale.

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