martedì 26 ottobre 2010

L’inutilità dei Registri DAT comunali. - Autore: Spinelli, Stefano  Curatore: Mangiarotti, Don Gabriele - Fonte: CulturaCattolica.it - martedì 26 ottobre 2010

Alcune indicazioni operative ad uso dei consiglieri comunali
Sta prendendo sempre più piede l’iniziativa di certi Comuni di istituire appositi registri comunali atti a raccogliere le dichiarazioni dei cittadini di testamento biologico (oppure registri di elencazione delle coppie di fatto).
Le questioni poste da tali ordini del giorno sono molteplici, specie con riguardo alla assoluta incompetenza degli enti territoriali ed alla assoluta inutilità di detti registri.
E’ evidente che si tratta di mere operazioni politiche ed ideologiche volte ad introdurre surrettiziamente nell’ordinamento civile presunti diritti non riconosciuti.
Si tenta qui di svelarne l’inconsistenza, in riferimento alle ipotesi di introduzione di registri DAT (ma molte delle considerazioni valgono anche per gli elenchi sulle coppie di fatto).

Ai sensi dell’art. 13 del TUEL, D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, al Comune spettano le funzioni “amministrative” (solo amministrative) che riguardano la popolazione ed il territorio comunale (c’è quindi vincolo territoriale), precipuamente nei settori organici dei servizi alla persona e alla comunità, dell’assetto ed utilizzazione del territorio e dello sviluppo economico, salvo quanto non sia espressamente attribuito ad altro soggetti dalla legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.

1. Quelle di registrazione delle DAT non sono funzioni amministrative, le quali presuppongono dei criteri normativi di esecuzione (tant’è che si parla di “funzione dell’attuazione dell’ordine normativo in via di amministrazione”).
Occorre cioè che sia predisposto un complesso di fini da perseguire in una materia, ed una struttura esecutiva in grado di attuarli. Ciò che non è nella fattispecie, ove manca del tutto una normativa minima in grado di indirizzare l’intervento in via di amministrazione.

2. In secondo luogo, non si tratta certo di funzioni connesse e limitate all’ambito territoriale. Si pensi a quale grado di confusione si potrebbe determinare se ogni comune decidesse i requisiti e le modalità di formazione e di tenuta di detti registri. Si produrrebbero altro che disparità, vere e proprie discriminazioni, tra i residenti di paese e quelli di un altro a distanza di pochi chilometri. Strano che certa intellighentia, sempre attenta a problemi di discriminazione, qui non ne intraveda alcuno!

3. Un dato ulteriore. Non v’è dubbio che il registro DAT debba procedere attraverso i servizi di stato civile e sia sostanzialmente un servizio collegato. Ebbene, le relative funzioni sono esercitate dal Sindaco dei Comuni, in qualità di Ufficiale di Stato civile. Si tratta cioè non di funzione comunali proprie, bensì delegate dallo Stato (art. 14 TUEL). Ora, non possono essere utilizzati servizi di competenza statale se non per le finalità e con le modalità previste da legge statale. Qui si verrebbe a realizzare un servizio di stato civile aggiuntivo, indipendentemente da previsioni statali!
Il terzo comma dell’art.14 dice: “Ulteriori funzioni amministrative per servizi di competenza statale possono essere affidate ai comuni dalla legge che regola anche i relativi rapporti finanziari, assicurando le risorse necessarie”. Vi è espressa riserva di legge (del tutto obliata nel caso di specie).

4. Peraltro un registro di tal fatto è del tutto inutile giuridicamente.
L’art. 5 del codice civile dispone che “gli atti di disposizione del proprio corso sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente della integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge, all’ordine pubblico ed al buon costume”.
Non si può certo negare che le DAT siano atti di disposizione della propria vita vietati ex lege. Dunque un atto meramente amministrativo che li prevedesse sarebbe contrario a legge ed insanabilmente nullo. Né si può ritenere che i Comuni possano operare fregandosene della legge. Anche qui, sorprendono queste amnesie da parte dei sostenitori a spada tratta della legalità sempre e comunque!

5. L’inutilità è peraltro dimostrata dal fatto che, indipendentemente dalla raccolta di queste DAT che ne facciano i Comuni, esse non potranno poi comunque essere tenute in considerazione e rispettate dall’ordinamento giuridico, per mancanza degli elementi minimi di correttezza di formazione e di registrazione della volontà oltreché di privacy.
Chi è in grado di assicurare la genuinità della dichiarazione e soprattutto la sua “attuale” esistenza al momento dell’eventuale utilizzo? Come garantire la necessaria riservatezza di informazioni che attengono alla propria stessa vita, quando se ne prevede il rilascio in sede pubblica (per capirci chi apre la busta della dichiarazione)?
Come minimo, poi, si dovrebbe assicurare un servizio a ciò destinato sempre aperto al pubblico, in quanto ciascuno dovrebbe avere la possibilità di modificare, rettificare, cambiare, stravolgere la propria dichiarazione in qualunque momento (anche un secondo prima di venire a mancare).
Come si metterebbe la questione, davanti ad una dichiarazione rilasciata in Comune, di tenore diverso ed opposto rispetto a quella pronunciata chiaramente sul letto di morte?
Anche in tal caso, stupisce veramente come la cultura cosiddetta progressista, di sinistra e radicale, sempre attentissima a problemi di rispetto della volontà personale e di autodeterminazione, poi si dimentichi di applicare l’abc di questi principi a ciò che le interessa ideologicamente affermare.
Ciò svela la natura sostanzialmente ideologia e politica della proposta in questione!
E’ mai possibile che un testatore sia meglio garantito, rispetto ai propri beni, di un dichiarante DAT, rispetto alla propria vita?
In sostanza, detti atti amministrativi che incidono su diritti personalissimi sono del tutto inutili ed una spesa (immagino) per le amministrazioni (con possibile contestazione anche di danno erariale).
Gli atti sarebbero impugnabili per questi motivi al TAR ed alla Corte dei Conti.



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