Avvenire.it, 2 ottobre 2010, LA PILLOLA - Morte altre due donne a causa della Ru486 di Assuntina Morresi
Ancora due donne morte dopo aver abortito con la Ru486: ce ne danno notizia tre esperti dei Cdc («Centres for Disease Control and Prevention») di Atlanta, nell’ultimo numero della prestigiosa rivista scientifica New England Journal of Medicine. I decessi sono per shock settico da «Clostridium sordellii», la fatale infezione che ha già ucciso sei donne finora, mentre per una settima lo shock era dovuto a un altro tipo di Clostridium, il «Perfringes». Tutte dopo aborto medico.
Dei due decessi il primo risale al 2008: una donna di 29 anni alla quinta settimana di gestazione. Cinque giorni dopo aver assunto la Ru486 si è ricoverata con tutti i sintomi della terribile infezione, tranne la febbre, e ventiquattr’ore dopo è morta, dopo l’estremo tentativo dei medici di salvarla con l’asportazione di utero, ovaie e tube di Falloppio. Questa donna soffriva di diabete, mentre l’altra era sana, aveva 21 anni ed era alla settima settimana di gravidanza. Ricoverata in ospedale una settimana dopo la somministrazione della Ru486, anche lei con i sintomi della sepsi ma non la febbre, è morta dopo un’agonia di altri cinque giorni.
Alle due donne non erano stati prescritti antibiotici, e la prostaglandina, il secondo farmaco abortivo che provoca le contrazioni uterine e favorisce l’espulsione, era stata somministrata per via vaginale.
Nell’articolo del New England Journal of Medicine vengono ricordate le raccomandazioni della più grande federazione americana di cliniche abortive, la Planned Parenthood Federation of America: la somministrazione del secondo farmaco boccale anziché vaginale, e sempre la profilassi antibiotica. Gli esperti però chiariscono che «rimane sconosciuta» l’efficacia di queste due indicazioni. In altre parole, non si sa quanto antibiotici e somministrazione orale possano effettivamente prevenire l’infezione letale.
È noto infatti che l’ultima donna morta dopo un aborto con Ru486, sempre per shock settico da Clostridium Sordellii, aveva preso la prostaglandina per bocca: la possibilità che sia la somministrazione vaginale del farmaco a scatenare l’infezione, quindi, è messa fortemente in discussione.
Che la Ru486 interferisca con il sistema immunitario è stata la prima ipotesi formulata da esperti del settore, ma in questi anni non ci sono state conferme né smentite. Il fatto poi che queste morti vengano scoperte solamente negli Stati Uniti si può spiegare solo con una maggiore trasparenza delle informazioni e, probabilmente, con una vigilanza specifica da parte delle autorità sanitarie americane. Nel maggio del 2006, infatti, ad Atlanta – proprio dopo le morti a seguito di aborto con la Ru486 – si è tenuto un convegno internazionale sulle infezioni da Clostridium promosso dalle più importanti istituzioni sanitarie americane, e da allora l’attenzione è rimasta elevata.
Lo stesso non si può dire per altri Paesi: ad esempio delle cinque morti inglesi dopo aborto con Ru486 – due nel 2008 – si è avuta notizia solo dopo che il nostro Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali ha fatto un’esplicita richiesta alla ditta che produce la pillola. La "libera" stampa inglese non vi ha dedicato neppure una riga.
Una triste contabilità, quindi, ci dice che dopo la somministrazione di Ru486 sono morte 19 donne che avevano abortito, e 12 persone che avevano preso il farmaco per "uso compassionevole", cioè al di fuori di protocolli stabiliti, per un totale di 31 vittime certificate sinora nel mondo. Vanno poi ricordate altre due donne morte dopo aborto farmacologico, per il quale però era stato somministrato solo il secondo farmaco, le prostaglandine.
Ancora due donne morte dopo aver abortito con la Ru486: ce ne danno notizia tre esperti dei Cdc («Centres for Disease Control and Prevention») di Atlanta, nell’ultimo numero della prestigiosa rivista scientifica New England Journal of Medicine. I decessi sono per shock settico da «Clostridium sordellii», la fatale infezione che ha già ucciso sei donne finora, mentre per una settima lo shock era dovuto a un altro tipo di Clostridium, il «Perfringes». Tutte dopo aborto medico.
Dei due decessi il primo risale al 2008: una donna di 29 anni alla quinta settimana di gestazione. Cinque giorni dopo aver assunto la Ru486 si è ricoverata con tutti i sintomi della terribile infezione, tranne la febbre, e ventiquattr’ore dopo è morta, dopo l’estremo tentativo dei medici di salvarla con l’asportazione di utero, ovaie e tube di Falloppio. Questa donna soffriva di diabete, mentre l’altra era sana, aveva 21 anni ed era alla settima settimana di gravidanza. Ricoverata in ospedale una settimana dopo la somministrazione della Ru486, anche lei con i sintomi della sepsi ma non la febbre, è morta dopo un’agonia di altri cinque giorni.
Alle due donne non erano stati prescritti antibiotici, e la prostaglandina, il secondo farmaco abortivo che provoca le contrazioni uterine e favorisce l’espulsione, era stata somministrata per via vaginale.
Nell’articolo del New England Journal of Medicine vengono ricordate le raccomandazioni della più grande federazione americana di cliniche abortive, la Planned Parenthood Federation of America: la somministrazione del secondo farmaco boccale anziché vaginale, e sempre la profilassi antibiotica. Gli esperti però chiariscono che «rimane sconosciuta» l’efficacia di queste due indicazioni. In altre parole, non si sa quanto antibiotici e somministrazione orale possano effettivamente prevenire l’infezione letale.
È noto infatti che l’ultima donna morta dopo un aborto con Ru486, sempre per shock settico da Clostridium Sordellii, aveva preso la prostaglandina per bocca: la possibilità che sia la somministrazione vaginale del farmaco a scatenare l’infezione, quindi, è messa fortemente in discussione.
Che la Ru486 interferisca con il sistema immunitario è stata la prima ipotesi formulata da esperti del settore, ma in questi anni non ci sono state conferme né smentite. Il fatto poi che queste morti vengano scoperte solamente negli Stati Uniti si può spiegare solo con una maggiore trasparenza delle informazioni e, probabilmente, con una vigilanza specifica da parte delle autorità sanitarie americane. Nel maggio del 2006, infatti, ad Atlanta – proprio dopo le morti a seguito di aborto con la Ru486 – si è tenuto un convegno internazionale sulle infezioni da Clostridium promosso dalle più importanti istituzioni sanitarie americane, e da allora l’attenzione è rimasta elevata.
Lo stesso non si può dire per altri Paesi: ad esempio delle cinque morti inglesi dopo aborto con Ru486 – due nel 2008 – si è avuta notizia solo dopo che il nostro Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali ha fatto un’esplicita richiesta alla ditta che produce la pillola. La "libera" stampa inglese non vi ha dedicato neppure una riga.
Una triste contabilità, quindi, ci dice che dopo la somministrazione di Ru486 sono morte 19 donne che avevano abortito, e 12 persone che avevano preso il farmaco per "uso compassionevole", cioè al di fuori di protocolli stabiliti, per un totale di 31 vittime certificate sinora nel mondo. Vanno poi ricordate altre due donne morte dopo aborto farmacologico, per il quale però era stato somministrato solo il secondo farmaco, le prostaglandine.
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