Tribunali e non Parlamenti, strategia mondiale - di Tommaso Scandroglio, Avvenire, 23 dicembre 2010
A livello internazionale ormai da anni si sta attuando una nuova strategia per scardinare leggi nazionali che tutelano la vita, dal suo sbocciare alla fine naturale. Non più un attacco frontale e diretto alle norme nelle aule parlamentari, bensì indiretto, lanciando l’offensiva dai palazzi di giustizia. Potremmo parlare di tecnocrazia della magistratura, la quale si beffa spesso del diritto vigente allarmando tutti in merito a presunte lacune giuridiche dell’ordinamento e costringendo il parlamento a legiferare cedendo ad una spinta psico-mediatica a volte molto pronunciata. Alcuni telegrafici esempi.
Fecondazione artificiale: nel 2009 il giudice texano Guy Herman dà l’assenso ad una madre di poter utilizzare lo sperma prelevato dal corpo morto del figlio, perché questi aveva sempre desiderato di diventare un giorno padre. Ad oggi sei alte corti statunitensi di altrettanti stati hanno già deciso in merito al destino degli embrioni crioconservati, anticipando o smentendo il dettato normativo nazionale. Nell’aprile di quest’anno la Corte Europea dei diritti dell’Uomo (Cedu) si oppone al parziale divieto di fecondazione eterologa previsto dalle leggi austriache. Lo scorso luglio in Germania la Corte federale di Cassazione dice sì alla diagnosi pre-impianto vietata da una legge del’99.
Aborto: nel 1973 l’aborto procurato viene legalizzato negli Usa grazie alle sentenze Roe vs. Wade e Doe vs. Bolton. Dopo quattro anni si iniziano ad aprire le porte anche all’aborto a nascita parziale: il giudice della Corte suprema Clement Haynesworth stabilisce, nel caso di un bambino sopravvissuto all’aborto, che «il feto in questo caso non è una persona da proteggere». Decisione del 2007 della Corte suprema dell’Alaska: le minorenni possono ricorrere all’aborto senza necessità del consenso dei genitori, in caso contrario si lede il loro diritto alla privacy.
Nebraska, luglio 2010: il giudice distrettuale Laurie Smith Camp acconsente alla richiesta dell’organizzazione Planned Parenthood per un’ingiunzione preliminare tesa a bloccare una nuova legge nazionale più restrittiva in merito all’accesso alle pratiche abortive. Analogamente a quanto avvenuto in Usa, anche in Canada nell’88 non è il Parlamento a introdurre l’aborto legale nel paese ma la Corte Suprema, e così in Colombia nel 2006 per opera della Corte Costituzionale. Idem in Messico, dove nel 2008 l’aborto diventa completamente legittimo grazie alla Suprema Corte di Giustizia. Passiamo in Europa: nel 2007 la Cedu condanna la Polonia a pagare 25.000 euro di risarcimento a favore di una donna che asseriva, contro il parere di otto medici, di rischiare la vita se non le fosse stato permesso di abortire, nonostante le leggi nazionali glielo vietassero.
Infine notizia di qualche giorno fa: la Cedu condanna l’Irlanda per non aver permesso a una donna convalescente da un tumore di ricorrere all’aborto.
Eutanasia: siamo nel 1995, in Ohio, e il giudice Jere Tolton acconsente a non idratare e alimentare Marjorie Nighbert, colpita da ictus ma non paziente terminale. Sebbene questa con difficoltà per più volte avesse chiesto acqua e cibo, nulla potè contro il suo living will sottoscritto tre anni prima. Il giudice George W.
Greer del sesto Circuit della Florida nel 2005 permette al marito di Terri Schiavo di staccarle il sondino, nonostante l’opposizione dei genitori, del Senato e persino del presidente degli Stati Uniti George W.
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