“Non si può processare la scienza” La rivolta globale dei super esperti, di Elena Dusi
«Siamo nel Paese di Galileo, certe cose non cambiano mai». L’intervento a gamba tesa di Michael Halpern basterebbe da solo a spiegare come la scossa della condanna si è propagata con tutta la sua veemenza nella comunità scientifica mondiale. Halpern pubblica il suo giudizio a nome della Union of Concerned Scientists, storica ong fondata al Mit di Boston che oggi comprende 400mila fra scienziati e cittadini. Ma il suo attacco contro «una decisione assurda e pericolosa» è condiviso dalla maggior parte degli esperti stranieri, di sismologia ma non solo. «Dopo l’episodio italiano gli scienziati non vorranno più collaborare con le autorità civili » è la facile previsione dell’American Geophysical Union. A giugno 2010 Alan Leshner, segretario dell’influente American Association for the Advancement of Science, aveva scritto direttamente al presidente Giorgio Napolitano per protestare contro le «accuse sleali e naif» rivolte ai membri della Grandi Rischi. Il documento chiedeva al capo dello Stato di «esercitare i poteri inerenti alla sua carica» e si chiudeva con le firme di 5mila scienziati.
Se un difetto di comunicazione c’è stato alla vigilia del sisma del 2009, lo stesso però sta avvenendo all’indomani della sentenza. “Carcere per i sette che non hanno avvertito del sisma” è il titolo delnNew York Times, che come la maggior parte dei giornali stranieri punta la sua attenzione sull’incapacità di prevedere la scossa del 6 aprile. La telefonata di Bertolaso, la riunione “di facciata” del 31 marzo, il consiglio di “berci sopra un bicchiere di vino” e il verbale compilato solo successivamente sono dettagli che compaiono solo in pochi resoconti dall’estero.
«Sono furioso per come la stampa sta seguendo il caso» conferma David Ropeik, esperto di valutazione del rischio di Harvard. «Comunicare con il pubblico è essenziale nella gestione dei rischi, e all’Aquila ci sono state défaillance gravi. Non dobbiamo far finta che il problema sia stato la mancata previsione. La gente chiede agli scienziati di essere protetta dai pericoli. Questo non è avvenuto e il processo si è trasformato in una sorta di vendetta. Le conseguenze si faranno sentire: screditare la scienza lascia sempre campo aperto ai ciarlatani». Su una linea di pensiero simile è Edwin Cartlidge, il giornalista che ha seguito la vicenda per Science: «La mia prima reazione alla notizia del processo è stata di sorpresa. Come è possibile accusare dei sismologi di non aver previsto un terremoto? Ma leggendo meglio i capi di imputazione ho capito che la vicenda era molto più complessa di così».
Che la sentenza avrà ripercussioni negative sul rapporto fra scienza e società è una conclusione condivisa da tutti. «Cosa succederebbe se domani il Vesuvio dovesse dare segnali di risveglio? Sappiamo che ci vogliono due settimane per evacuare Napoli, ma nessuno avrebbe il coraggio di lanciare l’allarme con tanto anticipo per paura di doverne subire le conseguenze», immagina Dave Rothery dell’inglese Open University. E David Spiegelhalter, matematico di Cambridge che insegna proprio “Comprensione pubblica dei rischi”, propone l’immunità giudiziaria per gli scienziati coinvolti in settori come il pericolo di terremoti: «Comunicare l’incertezza è difficile, e probabilmente all’Aquila è stato fatto male. Ma gli scienziati che svolgono questo lavoro dovrebbero esigere un’immunità legale ».
Le parole forse più dure contro il Paese che processò Galileo arrivano dall’editoriale di
Nature, con Science la rivista scientifica più importante del mondo: «La scienza non ha molta influenza sulla politica italiana e il processo si è svolto in un silenzio da parte dell’opinione pubblica che sarebbe stato impensabile in altri paesi europei o negli Stati Uniti. Il giudice che ha emesso la sentenza dovrà spiegarci al più presto i motivi della sua decisione. E la comunità scientifica dovrà essere pronta a contestarli immediatamente».
Se un difetto di comunicazione c’è stato alla vigilia del sisma del 2009, lo stesso però sta avvenendo all’indomani della sentenza. “Carcere per i sette che non hanno avvertito del sisma” è il titolo delnNew York Times, che come la maggior parte dei giornali stranieri punta la sua attenzione sull’incapacità di prevedere la scossa del 6 aprile. La telefonata di Bertolaso, la riunione “di facciata” del 31 marzo, il consiglio di “berci sopra un bicchiere di vino” e il verbale compilato solo successivamente sono dettagli che compaiono solo in pochi resoconti dall’estero.
«Sono furioso per come la stampa sta seguendo il caso» conferma David Ropeik, esperto di valutazione del rischio di Harvard. «Comunicare con il pubblico è essenziale nella gestione dei rischi, e all’Aquila ci sono state défaillance gravi. Non dobbiamo far finta che il problema sia stato la mancata previsione. La gente chiede agli scienziati di essere protetta dai pericoli. Questo non è avvenuto e il processo si è trasformato in una sorta di vendetta. Le conseguenze si faranno sentire: screditare la scienza lascia sempre campo aperto ai ciarlatani». Su una linea di pensiero simile è Edwin Cartlidge, il giornalista che ha seguito la vicenda per Science: «La mia prima reazione alla notizia del processo è stata di sorpresa. Come è possibile accusare dei sismologi di non aver previsto un terremoto? Ma leggendo meglio i capi di imputazione ho capito che la vicenda era molto più complessa di così».
Che la sentenza avrà ripercussioni negative sul rapporto fra scienza e società è una conclusione condivisa da tutti. «Cosa succederebbe se domani il Vesuvio dovesse dare segnali di risveglio? Sappiamo che ci vogliono due settimane per evacuare Napoli, ma nessuno avrebbe il coraggio di lanciare l’allarme con tanto anticipo per paura di doverne subire le conseguenze», immagina Dave Rothery dell’inglese Open University. E David Spiegelhalter, matematico di Cambridge che insegna proprio “Comprensione pubblica dei rischi”, propone l’immunità giudiziaria per gli scienziati coinvolti in settori come il pericolo di terremoti: «Comunicare l’incertezza è difficile, e probabilmente all’Aquila è stato fatto male. Ma gli scienziati che svolgono questo lavoro dovrebbero esigere un’immunità legale ».
Le parole forse più dure contro il Paese che processò Galileo arrivano dall’editoriale di
Nature, con Science la rivista scientifica più importante del mondo: «La scienza non ha molta influenza sulla politica italiana e il processo si è svolto in un silenzio da parte dell’opinione pubblica che sarebbe stato impensabile in altri paesi europei o negli Stati Uniti. Il giudice che ha emesso la sentenza dovrà spiegarci al più presto i motivi della sua decisione. E la comunità scientifica dovrà essere pronta a contestarli immediatamente».
David Ropeik, Harvard University
Dave Rothery, Open University
David Spiegelhalter, Cambridge University
Michael Halpern, Union of Concerned Scientists
Dave Rothery, Open University
David Spiegelhalter, Cambridge University
Michael Halpern, Union of Concerned Scientists
la Repubblica 24.10.12
******
La rivolta della scienza raffica di dimissioni”, di GIUSEPPE CAPORALE e CORRADO ZUNINO
La comunità scientifica è in rivolta: il giorno dopo la condanna a sei anni per omicidio colposo dei sette esperti della commissione Grandi Rischi per il terremoto a L’Aquila si è dimesso l’intero ufficio di presidenza. «Non c’è più la serenità per lavorare », dice il fisico Luciano Maiani. Lascia anche il direttore del servizio sismico della Protezione civile. «Sembra una caccia all’untore». Ed è allarme: «Rischiamo la paralisi, si tornerà indietro di vent’anni». Anche gli scienziati americani si scagliano contro la sentenza: «Assurda e pericolosa», dicono. La Protezione civile italiana si sgretola, una dimissione dopo l’altra. È l’effetto della sentenza dell’Aquila, che ha condannato (a sei anni per omicidio colposo plurimo) cinque scienziati e due funzionari della Protezione civile, rei di aver offerto informazioni falsamente tranquillizzanti alla popolazione aquilana prima del terremoto. Il mondo scientifico italiano teme che non si possa più lavorare senza rischiare con la magistratura e ieri, all’ora di pranzo, l’Ufficio di presidenza della commissione Grandi rischi ha rassegnato le dimissioni nelle mani del premier Mario Monti. Sono il fisico Luciano Maiani, già presidente del Cnr, il presidente emerito Giuseppe Zamberletti, fondatoree della Protezione civile italiana, e il vicepresidente Mauro Rosi, direttore di Scienze della terra all’Università di Pisa. Il professor Majani, duro subito dopo la sentenza, ribadisce: «La situazione creata è incompatibile con un sereno ed efficace svolgimento dei compiti della commissione ». E ha ricordato tutte le difficoltà riscontrate dalla sua commissione — con il governo, con i sindaci dell’Emilia — nei dieci mesi di attività: «Non siamo tutelati, i grandi rischi li corriamo noi».
Dopo l’addio all’Ispra di Bernardo De Bernardinis, braccio destro di Guido Bertolaso condannato a sei anni, anche il professor Mauro Dolce ha presentato le dimissioni da direttore dell’Ufficio rischio sismico. Dovranno farlo anche gli altri cinque condannati (fra loro Franco Barberi ed Enzo Boschi), tutti interdetti dai pubblici uffici. È pronto a fermarsi Nicola Casagli, dell’Università di Firenze (sta lavorando alla rimozione della Costa Concordia). In tutto, sono 58 i membri della Commissione. La Protezione civile sta precipitando nel caos. Il prefetto Franco Gabrielli ha scritto: «Rischiamo la paralisi delle attività di previsione e prevenzione e di regredire a oltre vent’anni fa, quando la Protezione civile era solo soccorso e assistenza». I meteorologi che lavorano in via Vitorchiano hanno già detto che indicheranno sempre la portata massima di pioggia prevista, trasferendo responsabilità e costi sui sindaci. Gabrielli chiede «alle istituzioni del paese» di «restituire serenità ed efficienza all’intero sistema nello svolgimento delle proprie attività».
La Procura dell’Aquila esprime sconcerto e rammarico. «Non abbiamo processato la scienza italiana e i suoi luminari, ma pubblici funzionari che non hanno fatto il loro dovere».
Dopo l’addio all’Ispra di Bernardo De Bernardinis, braccio destro di Guido Bertolaso condannato a sei anni, anche il professor Mauro Dolce ha presentato le dimissioni da direttore dell’Ufficio rischio sismico. Dovranno farlo anche gli altri cinque condannati (fra loro Franco Barberi ed Enzo Boschi), tutti interdetti dai pubblici uffici. È pronto a fermarsi Nicola Casagli, dell’Università di Firenze (sta lavorando alla rimozione della Costa Concordia). In tutto, sono 58 i membri della Commissione. La Protezione civile sta precipitando nel caos. Il prefetto Franco Gabrielli ha scritto: «Rischiamo la paralisi delle attività di previsione e prevenzione e di regredire a oltre vent’anni fa, quando la Protezione civile era solo soccorso e assistenza». I meteorologi che lavorano in via Vitorchiano hanno già detto che indicheranno sempre la portata massima di pioggia prevista, trasferendo responsabilità e costi sui sindaci. Gabrielli chiede «alle istituzioni del paese» di «restituire serenità ed efficienza all’intero sistema nello svolgimento delle proprie attività».
La Procura dell’Aquila esprime sconcerto e rammarico. «Non abbiamo processato la scienza italiana e i suoi luminari, ma pubblici funzionari che non hanno fatto il loro dovere».
La Repubblica 24.10.12
Nessun commento:
Posta un commento