Si inasprisce lo scontro sul <<metodo Zamboni>> - Corriere della Sera
28 Ott 2012
Uno studio scarta l'ipotesi del chirurgo, ma lui contesta i criteri adottati per la valutazione e avvia un'altra ricerca. Secondo lo studio Cosmo soltanto 3% dei malati sarebbe portatore della Ccsvi. <<Molti dei referti che hanno riscontrato la Ccsvi sono stati bocciati come falsi positivi>>.
Uno contro l'altro armati. O quasi. Questa è la sensazione che si ha scorrendo gli studi sul l'insufficienza venosa cerebrospinale cronica (o Ccsvi) e il suo eventuale ruolo nella sclerosi multipla. Sono passati quasi dieci anni da quando Paolo Zamboni, chirurgo vascolare dell'Università di Ferrara, ha osservato che i malati di sclerosi multipla avrebbero, più spesso dei sani, restringimenti od occlusioni delle vene che drenano il sangue dal cervello (azygos e giugulari) e che ciò contribuirebbe alla patologia. Da allora si sono creati due schieramenti, pro e contro, che si battono a suon di lavori scientifici contrastanti: da un lato chi dimostra che la Ccsvi è più frequente nei malati e sperimenta la tecnica di liberazione delle vene, dall'altro chi non trova anomalie nei pazienti e ritiene che la Ccsvi abbia effetti pericolosi perché potrebbe distogliere i malati da terapie di provata efficacia. Chi ha ragione? A Lione è stato presentato il più ampio studio condotto per capire se esista o meno una correlazione fra Ccsvi e sclerosi multipla, lo studio Cosmo: ultimato in poco meno di due anni per la necessità di dirimere la spinosa questione e dare risposte chiare ai malati, è tutto italiano e soprattutto ha coinvolto quasi 1800 persone di cui circa 1200 pazienti con sclerosi multipla, più di 350 controlli sani e più di 200 pazienti con altre malattie neurologiche, sottoposti a ecodoppler in 35 centri in tutta Italia. Uno sforzo considerevole, tutto finanziato dall'Associazione Italiana Sclerosi Multipla, che ha prodotto dati netti: il tasso di presenza della Ccsvi è molto basso nei pazienti con sclerosi multipla e altre malattie neurologiche (poco più del 3% in entrambi i casi) e assai simile nelle persone sane (poco più del 2%). «La Ccsvi è un fenomeno residuale, una variante della normalità: il fatto di trovarla nei sani ci spinge a studiarla, certo, ma non in relazione alla sclerosi multipla — commenta Giancarlo Comi, coordinatore dello studio Cosmo —. Il rigore metodologico dello studio toglie ogni dubbio: i sonologi che hanno effettuato i test sono stati formati appositamente e non sapevano se il paziente che avevano di fronte fosse malato o meno. Una volta emesso il loro referto, l'esame è stato letto in cieco, senza sapere cioè a chi si riferisse il test, da una commissione centrale di tre medici: uno dei massimi esperti europei di sclerosi multipla, il presidente della Società italiana di Neurosonologia ed emodinamica cerebrale e il presidente della Società italiana interdisciplinare vascolare. Valeva il responso della maggioranza, inoltre tutti gli esami sono ancora a disposizione della comunità scientifica, per chiunque li voglia rivalutare». Nulla da eccepire? Non proprio, come osserva Paolo Zamboni (che avrebbe dovuto far parte dei tre esperti centrali ma si è "sfilato" dallo studio Cosmo perché non ne condivideva il metodo): «Credo che i dati siano più deboli di quanto possa sembrare, innanzitutto perché il modo migliore per avvalorare l'efficacia dell'ecodoppler sarebbe stato non far interpretare il test da esperti, ma piuttosto metterlo a confronto con i risultati di un altro esame oggettivo, considerato gold standard per lo studio delle vene, ovvero la flebografia con catetere. In questo modo si è solo evidenziato che l'ecodoppler è scarsamente riproducibile». «Inoltre, — osserva Zamboni — la maggioranza dei referti che secondo il sonologo esecutore dell'esame erano positivi alla Ccsvi è stata "bocciata" come falso positivo dai lettori centrali: significa quantomeno che qualcosa non ha funzionato nella formazione di chi faceva i test». Convinto della sua tesi, Zamboni porta avanti lo studio Brave Dreams: «Valutiamo i pazienti in doppio cieco con ecodoppler e flebografia, per avere un dato solido di presenza o meno della Ccsvi. Quindi dividiamo a caso i pazienti tra chi verrà sottoposto al trattamento di liberazione e chi no: i centri partecipanti sono 12 e puntiamo a reclutare circa 700 casi; per il momento ne abbiamo arruolati una trentina». Un' iniziativa discutibile per la sicurezza dei pazienti, secondo i neurologi. Ma lo "scontro" prosegue.
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