Il romano che ha messo Einstein sotto esame- Corriere della Sera -
Sette (Giovanni Caprara) - http://www.swas.polito.it
Ignazio Ciufolini sta verificando
un aspetto della teoria della relatività con sfere lanciate nel cosmo. E alla
guida di un gruppo internazionale di scienziati vuole svelare nuovi misteri
sulla questione "spazio-tempo"
Quasi cento anni fa, nel 1913,
Albert Einstein scriveva allo scienziato e filosofo ceco Ernst Mach
ringraziandolo per alcune sue idee che lo avevano ispirato nello studio di una
teoria generale dello "spazio-tempo".
Einstein era già noto per la
teoria della relatività ristretta concepita nel 1905 e allora lavorava alla
teoria della relatività generale che avrebbe presentato due anni più tardi.
Mentre stava conquistando la sua
seconda straordinaria meta scopriva un effetto a essa legato alla cui base c'è
la deformazione dello "spaziotempo" causato dalla gravità di un corpo
celeste in rotazione per cui, per esempio, il tempo scorre diversamente
rispetto a un corpo che non ruota e un raggio di luce si piega in modo
differente.
«Lo chiamiamo
"frame-dragging", cioè effetto di trascinamento dello
"spaziotempo", e interessa ovviamente anche l'ambiente che circonda
la nostra Terra» racconta Ignazio Ciufolini.
Da quel momento i fisici sono
andati a caccia di una conferma che si unì quasi subito a quella della
relatività generale.
È trascorso quasi un secolo e le
discussioni sono ancora accese.
«Anzi», precisa Ciufolini, «negli
ultimi anni la famosa teoria delle stringhe, che generalizza le visioni di
Albert Einstein, potrebbe prevedere alcuni altri fenomeni non descritti dalle
sue straordinarie intuizioni.
Ciò ha spinto ancor di più verso
la ricerca di conferme delle idee del genio e tra queste c'è l'effetto di
trascinamento».
Per spiegarlo possiamo immaginare
una pallina che ruota spostandosi in un vaso di miele.
Muovendosi trascina il miele
modificandone la forma.
Altrettanto accade con lo
"spazio-tempo" tanto intorno al nostro pianeta azzurro quanto a un
buco nero, ma in tal caso con conseguenze ben più accentuate data la sua
gravità ben più considerevole.
Ignazio Ciufolini ha dedicato la
vita alla misura di questo strano effetto diventandone un'autorità.
Ora è alla sfida finale guidando
un team internazionale di scienziati.
La strada percorsa è stata lunga
ma sempre all'insegna della passione per la teoria della relatività e degli
enigmi legati alla gravità.
Infatti nel 1982 era andato
all'università del Texas ad Austin per il dottorato ma anche perché voleva
lavorare con uno degli scienziati-mito della gravità, John Archibal Wheeler;
quello che aveva battezzato buchi neri i mostri del cielo di cui era maestro.
Ne diventa uno degli allievi
prediletti ma dopo sette anni il romano Ciufolini decideva di tornare in Italia
nonostante le seducenti offerte del Caltech, il politecnico della California.
Ora insegna fisica all'Università
del Salento ma dall'America all'Italia una costante lo accompagna: la misura
del famoso effetto di Einstein.
«Studiando i comportamenti dei
due satelliti Lageos, uno della Nasa e l'altro dell'Asi italiana, arrivai a
misurarlo con un errore del 10 per cento pubblicando i risultati sulla rivista
britannica Nature nel 2004 e nel 2007.
Ero sulla buona strada ma ancora
non bastava per dimostrare definitivamente e con precisione che esiste».
Intanto allo stesso scopo la Nasa
lanciava il complicato e costoso (1,5 miliardi di dollari) satellite Gravity
Probe-B arrivando a un errore più elevato del 19 per cento.
Le nuove opportunità.
I Lageos di Ciufolini erano invece
due economiche (pochi milioni di dollari) sfere di alluminio di 60 centimetri
di diametro simili a due grandi palle da golf, ricoperte da prismi di silicio.
Sparando contro di loro un raggio
laser e misurando i tempi di percorrenza si stabiliva che cosa succedeva nello
spazio e pure tra i continenti da dove partiva e arrivava il segnale, vale a
dire come si muovevano.
E questo secondo aspetto
consentiva di indagare i fenomeni all'origine dei terremoti.
Quando l'agenzia spaziale europea
Esa collaudava il nuovo vettore Vega per piccoli satelliti, l'Asi offriva a
Ciufolini l'opportunità di mettere a bordo un nuovo satellite di questa specie
battezzato Lares.
Lo progettava il professor
Antonio Paolozzi dell'Università La Sapienza di Roma.
Più piccolo (36 centimetri) dei
predecessori, era invece più pesante (una sfera di tungsteno) e collocato su
un'orbita diversa avrebbe consentito di misurare il fatidico effetto con
l'errore dell'uno per cento; in pratica conquistare la precisa conferma a lungo
inseguita.
«Dal febbraio scorso Lares ruota
intorno alla Terra in una posizione perfetta», precisa Ciufolini, «e le misure
che stiamo raccogliendo ci dicono che siamo sulla giusta via».
Il gruppo diretto da Ciufolini,
che si è riunito per un primo bilancio delle indagini all'Accademia dei Lincei
a Roma, comprende una decina di scienziati soprattutto tedeschi e americani,
più un russo-armeno.
Assieme c'è inoltre il celebre
fisico-matematico britannico Sir Roger Penrose autore di libri famosi ( La
mente nuova dell'imperatore e La strada che porta alla realtà, Rizzoli).
E una volta conquistato
l'ambitissimo risultato? «Intanto abbiamo la certificazione che il tempo e lo
spazio non sono valori assoluti come nella fisica di Newton», risponde
Ciufolini.
«In aggiunta possiamo comprendere
comportamenti degli astri ora sconosciuti, come le emissioni di getti di
materia dai nuclei delle galassie, o che cosa succede intorno ai buchi neri o
alle compatte stelle a neutroni rotanti.
Ma penetrare questi segreti della
relatività significa anche arrivare a sofisticatissime tecnologie riguardanti,
per esempio, il Gps americano e il Galileo europeo.
Se questi strumenti non tenessero
conto della teoria della relatività sbaglierebbero a indicare la posizione di
molti chilometri come un esperimento ha verificato».
La più celebre verifica della
relatività di Einstein la effettuò l'astronomo britannico Arthur Eddington, nel
1919, recandosi nelle isole di São Tomé e Principe, nell'Oceano Atlantico,
dimostrando durante un'eclisse che la luce era deviata dalla massa del Sole.
Per Einstein fu la consacrazione
ma per le idee del genio di Ulm gli esami continuano.
La Lettera di aLbert a Mach
carteggio tra geni
La lettera che Albert Einstein ha
scritto nel 1913 allo scienzato e filosofo ceco Ernst Mach, con la quale lo
ringraziava per avergli dato delle idee che lo avevano ispirato nello studio di
una teoria generale dello "spazio-tempo".
Einstein, in quegli anni, era già
noto per la teoria della relatività ristretta, concepità nel 1905.
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