SANITA’ A RISCHIO/ Melazzini: il sistema non regge? Monti impari dalla
Lombardia - mercoledì 28 novembre 2012 - http://www.ilsussidiario.net/
Spesso la gestione della Sanità
nelle regioni italiane è stata oggetto di sprechi e di gestioni
"allegre", anche a discapito di risultati ed efficienza. Tanto, si
dice, paga lo Stato e il cittadino può accettare tutto (o quasi), anche perhé
in fondo è gratis. E invece, alle circostanze già di per sé spesso
inaccettabili, si sommano le parole, suo malgrado minacciose, di Monti: «Le
proiezioni di crescita economica e quelle di invecchiamento della popolazione
mostrano che la sostenibilità futura dei sistemi sanitari - incluso il nostro
servizio sanitario nazionale, di cui andiamo fieri (…) potrebbe non essere
garantita se non si individueranno nuove modalità di finanziamento e di
organizzazione dei servizi e delle prestazioni», ha dichiarato intervenendo in collegamento
a Palermo nel corso dell'inaugurazione di un centro biomedico della fondazione
Ri.Med. Poi, (come ormai di consueto) è arrivata la smentita da Palazzo Chigi
(a dire il vero, non particolarmente impegnativa): «il Presidente non ha messo
in questione il finanziamento pubblico del sistema sanitario nazionale, bensì,
riferendosi alla sostenibilità futura, ha posto l’interrogativo
sull’opportunità di affiancare al finanziamento a carico della fiscalità
generale forme di finanziamento integrativo». Abbiamo chiesto a Mario Melazzini
assessore alla Sanità delle regione Lombardia, ci spiega quali scenari si
prefigurano.
Le preoccupazioni di Monti sono
reali? Se il governo centrale si ostinerà nella politica dei tagli lineari,
continuando a produrli in maniera del tutto ignara dei comportamenti delle
singole regioni, allora siamo sulla buona strada. La legge lombarda 31 equipara
i privati accreditati al pubblico, rendendoli attori del sistema sanitario.
Questo settore sarà maggiormente penalizzato degli altri, perché il governo ha
ridotto loro le risorse anche attraverso la spending review e il decreto
Balduzzi. La sostenibilità, in ogni caso, è il frutto di ciò che ad oggi ancora
non è stato fatto: una programmazione condivisa con le Regioni. Specialmente con
quelle virtuose, come la Lombardia.
Il sistema lombardo è
sostenibile? Lo è, nonostante dal primo luglio al 31 dicembre di quest’anno
sono stati tagliati 144 milioni di euro, e per l’anno prossimo ne sono previsti
ulteriori 225. La Regione, con enorme fatica, è riuscita ad effettuare una
grande opera di riorganizzazione. E non soltanto perché il pareggio di bilancio
è richiesto dalla Costituzione, quanto perché si tratta di un indicatore di
efficienza del sistema.
In cosa è consistita tale
riorganizzazione? Nel potenziare sempre di più l’applicazione del sistema
normativo e procedurale lombardo, specialmente in relazione all’appropriatezza
nel percorso di cura del paziente, e all’appropriatezza prescrittiva. Si è
sempre prestata enorme attenzione, inoltre, all’allocazione corretta di tutte
le risorse a disposizione della Regione. I particolare, si è deciso di
riordinare il sistema delle emergenze/urgenze, i punti nascita e diverse
specialità quali emodinamica, cardiochirurgia, neurochirurgia, chirurgia vascolare
e radioterapia. Lo abbiamo fatto basandoci su criteri di volumi, di
appropriatezza e territoriali.
Il modello lombardo è applicabile
anche altrove?
Con le giuste persone, sì. E’
necessario, infatti, introdurre parametri volti a verificare il rapporto tra
spese e livelli qualitativi dei servizi erogati, quali i costi standard;
tuttavia, ci deve essere qualcuno che questi parametri li faccia rispettare.
Il premier ha detto inoltre che
sarà necessario individuare altre modalità di finanziamento per servizi e
prestazioni. Secondo lei, quali sarebbero le più efficaci? Sarebbe utile, tanto
per cominciare, la compartecipazione del cittadino, ipotizzandola attraverso un
sistema di scaglioni e fasce di reddito. A questo andrebbe affiancato un
sistema di assicurazioni private che, tuttavia, nella nostra cultura stentano
ad entrare. Anche in tal senso, occorrerebbe una maggiore condiviso con le
regioni da parte dei ministri competenti ed una discussione più aperta rispetto
al futuro della sanità italiana.
In questo schema, che ruolo
potrebbero assumere il terzo settore e il welfare privato? Importantissimo.
Peccato che hanno subito numerosi tagli, sono stati fortemente penalizzati e,
ormai a stento, riescono a sostenersi. Eppure, di tratterebbe di risorse fondamentali
e insostituibili.
(Paolo Nessi)
© Riproduzione riservata.
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