Famiglia dimenticata e in difficoltà - La precarietà più applaudita - http://www.avvenire.it
I dati dell’Istat relativi al
2011 sono eloquenti: i matrimoni sono in calo in tutte le regioni italiane; ci
si sposa sempre più tardi, sono in calo anche le seconde nozze, aumentano
velocemente le convivenze. Comunque si vogliano interpretare questi dati, essi
sono l’evidente segno di una difficoltà profonda, che colpendo matrimonio e
famiglia colpisce una struttura antropologica di primario valore, sulla quale
si reggono tre dinamiche sociali fondamentali, quali l’educazione delle giovani
generazioni, l’assistenza delle generazioni anziane e la cura dei soggetti
fragili e malati. Ma sembra che di tutto questo la nostra classe politica non
sia affatto consapevole. E alle rare, lodevoli, eccezioni, fanno da contraltare
gli applausi di coloro che per questa crescente precarietà e per questo
drammatico infragilimento addirittura gongolano.
La prova di quanto detto? Basti
sottolineare certo entusiasmo che ha accompagnato l’approvazione della legge
che equipara legalmente sotto ogni profilo, anche quello lessicale, tutti i
figli, comunque nati, dentro o fuori dal matrimonio (e che, ahinoi, consente
anche il riconoscimento dei figli da parte di genitori incestuosi). Si è
parlato di una svolta di civiltà, del crollo di barriere arcaiche e secolari,
di archiviazione di norme odiose, del definitivo superamento di un
anacronistico senso della morale. Espressioni comprensibili, anche se
fastidiosamente enfatiche, che dimostrano però una preoccupante assenza di
consapevolezza della complessità della questione. Se infatti è indubbio che sia
doveroso garantire la massima tutela ai figli nati fuori dal matrimonio e ancor
più doveroso prevenire qualsiasi discriminazione legale nei loro confronti (e
sotto questo profilo la legge – sempre mettendo da parte la gravissima questione
dei figli incestuosi – trova anche me perfettamente consenziente) è pur vero
che è altrettanto doveroso riconoscere che il matrimonio, e il matrimonio
soltanto, è il luogo <+corsivo>privilegiato<+tondo> nel quale il
diritto ritiene che i figli debbano essere messi al mondo.
In altre parole: i figli sono
tutti eguali, ma non è vero che i genitori siano tutti uguali. Coloro che
sposandosi assumono (e per di più in forma pubblica) una prospettiva di
reciproco affidamento, destinata, almeno intenzionalmente, a durare nel tempo,
sono psicologicamente, moralmente e sociologicamente non assimilabili a coloro
che, rifiutando di sposarsi e attivando una mera convivenza (che raggiunge a
volte i limiti dell’evanescenza), danno una prova esplicita dalla loro volontà
di non legarsi, cioè della loro volontà di non contribuire alla costruzione di
un solido futuro familiare. Si badi bene: non sto dicendo che sia compito
del diritto discriminare o meno che mai penalizzare i conviventi; il suo
compito è quello di aiutare i coniugi a costruire il futuro di quella famiglia,
che, come sostiene l’art. 29 della nostra Costituzione, è una società naturale,
che solo nel matrimonio trova il suo fondamento. La nuova legge, nei limiti in
cui procede a riconoscere vincoli di parentela legale a prescindere dai vincoli
coniugali, opera obiettivamente per indebolire il dettato dell’art. 29.
Giustissimo quindi operare per
potenziare i diritti dei figli. Giustissimo abolire l’odiosa distinzione tra
figli di serie A e figli di serie B: si tratta di un lodevole passo in avanti.
Per essere autentico, però, e non ideologico, questo passo in avanti andrebbe
accompagnato – cosa che il Parlamento ancora una volta si è ben guardato dal
fare – da un ulteriore e ancor più importante passo in avanti, quello di una
tutela potenziata del matrimonio. Aspettiamo da anni nuove coraggiose normative
che riconoscano concretamente alle coppie sposate ciò che loro spetta (e che
invece non spetta alle coppie di fatto, ma per loro libera e insindacabile scelta),
cioè un riconoscimento del valore sociale e non semplicemente affettivo del
loro vincolo. In assenza di queste normative, che prendano atto delle inedite
difficoltà cui vanno incontro i coniugi nelle società avanzate, i risultati
continueranno ad essere quelli che i dati dell’Istat hanno posto sotto i nostri
occhi: i matrimoni continueranno a diminuire, le famiglie a diventare sempre
più fragili e ai figli naturali ben poco tornerà utile la loro definitiva
equiparazione formale e lessicale ai figli legittimi. Perché la crisi della
famiglia – di questo passo, con questi propositi e con queste omissioni – è
destinata a coinvolgere tutti, vecchie generazioni e nuove generazioni,
genitori sposati e genitori non sposati, figli di serie A e figli di serie B. E
in modo sempre più tragico e pesante.
Francesco D'Agostino
Nessun commento:
Posta un commento