SANITA' A RISCHIO/ Ricciardi (Cattolica): spendiamo male i soldi privati - http://www.ilsussidiario.net
venerdì 30 novembre 2012
Sottolineare la necessità di rendere il servizio sanitario nazionale pienamente sostenibile non ha nulla a che vedere con la logica della privatizzazione. Mario Monti, dopo le polemiche di questi giorni, torna a parlare di Servizio sanitario nazionale. Riformare, ha detto, significa riconoscere che in passato non sono state sempre prese decisioni responsabili, ma “servire i cittadini e non servirsi dei cittadini deve essere il principio a sostegno dell'azione di governo del Paese”.Monti intende così chiarire le dichiarazioni di due giorni fa, quando aveva espresso diversi dubbi sulla sostenibilità economica dell'intero sistema italiano: “Il diritto alla salute e l'organizzazione pubblica del servizio - ha aggiunto oggi - sono requisiti irrinunciabili di sviluppo sociale e convivenza civile”. IlSussidiario.netha chiesto un commento al professor Walter Ricciardi, direttore dell’istituto di Igiene all’Università Cattolica di Roma.
Professore, come giudica le parole di Monti?
Bisogna innanzitutto prendere queste dichiarazioni per quello che sono, vale a dire un segnale di allarme. Il presidente del Consiglio ha semplicemente ribadito una verità cristallina: di fronte all’invecchiamento della popolazione, alla disponibilità di nuove tecnologie e alla crisi finanziaria, il servizio sanitario nazionale corre il serio rischio di diventare difficilmente sostenibile, ma Monti non ne ha mai messo in dubbio la rilevanza o la necessità. Poi, siccome lui è un economista, ha fornito anche la sua chiave di lettura.
Riguardo la necessità di trovare altre fonti di finanziamento?
Esatto. E credo che il giudizio espresso sulle sue parole sia andato ben oltre ciò che lui realmente intendeva. Dal suo punto di vista, Monti voleva solamente chiarire la necessità di trovare fonti integrative di finanziamento, ma non ha mai detto di voler privatizzare. Anzi, credo che quanto abbia detto il premier sia anche troppo poco.
In che senso?
Perché non basta trovare fonti alternative di finanziamento, ma è necessario riorganizzare in una chiave decisamente diversa tutto ciò di cui già disponiamo.E' unendo questi due aspetti che si può trovare la risposta.
Cosa può dirci dell’attuale rapporto pubblico-privato?
Il servizio sanitario nazionale è finanziato attraverso la tassazione generale e queste risorse vengono successivamente distribuite alle Regioni per l’erogazione di servizi. Solo la Lombardia ha adottato un modello particolare, separando acquirenti pubblici ed erogatori che possono invece essere sia pubblici che privati, mentre le altre Regioni adoperano sistemi misti in cui i privati vengono gestiti in maniera differente. L’Italia spende attualmente il 31% della propria spesa sanitaria in quella privata che però, contrariamente agli altri Paesi in cui tale spesa avviene attraverso la mediazione di assicurazioni, è finanziata direttamente dalle tasche dei cittadini.
Cosa ne pensa?
E’ certamente sintomo di disorganizzazione. Se questa spesa fosse canalizzata attraverso dei mediatori, infatti, come fondi integrativi o le stesse assicurazioni, ci sarebbe una maggiore possibilità di utilizzare al meglio le risorse.
Quindi che cambiamenti prevede, anche alla luce delle dichiarazioni di Monti?
Visto che in Italia i tagli alla sanità hanno avuto un impatto superiore rispetto a qualsiasi altro Paese, credo che un primo passaggio possa essere rappresentato da una migliore regolamentazione del contributo dei fondi integrativi, a cui non si mette mano da almeno dieci anni. Sarebbe poi opportuno cercare di favorire, attraverso interventi di defiscalizzazione, i contributi privati: se infatti un privato avesse la possibilità di scalare dalla propria dichiarazione dei redditi un’assicurazione sanitaria, questo potrebbe aiutare certamente a far arrivare altre risorse.
E’ ipotizzabile imitare sistemi di altri Paesi, come Olanda o Germania, dove è obbligatorio stipulare polizze assicurative?
In questi Paesi, dove il modello di organizzazione è chiamato proprio assicurativo-sociale, i cittadini sono obbligati dallo Stato a stipulare polizze assicurative. L’Italia ha invece scelto nel 1978 di avere un Servizio sanitario nazionale, finanziato attraverso la tassazione generale, e credo che nessuno al momento voglia metterne in dubbio le caratteristiche pubbliche. E’ però chiaro che, come è avvenuto in altri Paesi gravemente colpiti dalla crisi, le sempre più esigue risorse non riescono più a tenere in piedi tali servizi. Quindi anche in Italia sarà inevitabile operare scelte diverse dal passato, ma è molto difficile pensare di poter modificare l’intero sistema.
Quanto è possibile invece intervenire sullo stile di vita delle persone prima dei servizi sanitari?
Questo dovrà essere senza dubbio un altro passaggio a cui pensare, vista l’importanza di agire sui determinanti di salute o di malattia, che sono in gran parte gli stili di vita, per cercare di evitare che la gente possa ammalarsi. Si tratta di un’altra azione assolutamente necessaria soprattutto in Italia, l’ultimo dei Paesi dell’Ocse, insieme a Cipro, a investire in questo tipo di attività.
(Claudio Perlini)
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